Vivere (e morire) con dignita’

Presentazione
Luca Coscioni, presidente dell’Associazione che porta il suo nome e Presidente di Radicali Italiani, e’ morto questa mattina. Per ricordare le sue battaglie, che spesso ci hanno coinvolto, riproponiamo un articolo sull’eutanasia del settembre 2005, pubblicato sul quotidiano l’Unita’.
Coscioni era malato di sla (sclerosi laterale amiotrofica), malattia con la quale combatteva ogni giorno perche’ la ricerca con le cellule staminali embrionali, e la liberta’ di ricerca scientifica avessero un riferimento normativo certo. E’ morto non perche’ non fosse possibile da un punto di vista medico prolungare la sua vita (sarebbe stata sufficiente una tracheotomia), ma perche’ si trattava di un intervento ligio alla “bioetica di Stato”. Si possono, infatti, rifiutare le cure e l’intervento, ma non si puo’ chiedere aiuto “attivo” come la rimozione del tubo, una volta che l’intervento sia stato “felicemente” portato a termine. “Felicemente” significa allungare la durata della vita, ma non anche la qualita’. Dunque, una volta operato, Coscioni avrebbe dovuto accettare la propria sorte, anche laddove si fosse rivelata ancor piu’ “infelice”, e per tutto il tempo che detta operazione avrebbe strappato alla morte.
Luca Coscioni conosceva bene il clima oscurantista che opprime la liberta’ individuale, ed ha combattuto fino alla fine per l’affermazione del diritto di scelta terapeutica, del diritto di valutazione autonoma e responsabile di cio’ che significa per se stessi vita dignitosa.
Ha deciso per questo di rifiutare quelle cure che potevano nell’immediato salvargli la vita, ma risultargli un domani imposte con violenza, quella violenza di chi impone la propria visione bioetica al di fuori di ogni umanita’ ed in violazione del dettato costituzionale (art.32 Costituzione: “Nessuno puo’ essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non puo’ in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”).
a cura di Claudia Moretti

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Segue il testo dell’articolo pubblicato sul quotidiano l’Unita’ del 25.09.2005

“Liberta’ per liberare la vita” cosi’ si intitola un numero della rivista radicale “Diritto e Liberta’”. Un titolo che riassume il senso piu’ profondo che ho cercato di attribuire a ciascuno dei desideri che si agitano in me da quando in modo burrascoso, violento e sconvolgente sopravvivo alla sclerosi laterale amiotrofica. Desideri che si dilatano o si restringono, che vanno verso le persone e le cose del mondo o si allontanano da esse.
Non essendo io, ne’ forte, ne’ coraggioso, riconoscendo i miei limiti e la mia finitezza, vorrei guardare il futuro e al futuro con la consapevolezza di riuscire ancora a trasportare altrove i miei sentimenti e le mie azioni. Queste ultime sono doverose quanto mai necessarie. Cosi’ come e’ doveroso, quanto mai necessario, creare, ricreare motivazione e partecipazione per tentare di vincere il tempo delle ipocrisie, della mediocrita’ e della precarieta’ del diritto, della democrazia, della legalita’.
Vorrei davvero che questo primo passo di riflessione e di proposizione di intenti che si e’ appena compiuto a Fiuggi, orientasse tutti noi a ricercare trame di conoscenza in chiave di ieri, contigue e continue, in chiave di domani. Che possano le identita’ storiche, politiche, sociali e culturali di ciascuno di noi, confluire in una nuova realta’, in un nuovo imperioso progetto politico.
Per me la battaglia di “liberta’ per liberare la vita” sta divenendo ancor piu’ difficile, al limite del possibile quando il respiro diviene piu’ corto, quando momenti di difficolta’ respiratoria o dispnea soprattutto durante la notte, impediscono un adeguato scambio di aria, perche’ e’ compromessa la funzione dei muscoli respiratori, perche’ la malattia fa diminuire, il livello di ossigeno nel sangue e aumentare quello della anidride carbonica. Il mio neurologo mi ha suggerito di pianificare, se decidessi di protrarre la mia esistenza, l’intervento di tracheotomia, l’intervento che consente ad una persona di vivere attaccata ad un ventilatore meccanico. Il discorso mi e’ sembrato semplice. Non so come sia vivere per mezzo di una macchina. La morte si sa e’ una realta’ che appartiene all’esistenza e al vivere, imprescindibile, in qualche modo rimossa e negata dalla societa’ italiana, dove il morire, l’ars vivendi la morte, e’ vissuto come fatto emotivo esclusivamente personale ed isolato.
E’ difficile dunque, parlare con libera franchezza, con liberta’, della morte, non per esorcizzarla o per svelarne il mistero se un mistero della morte esiste, quanto piuttosto come questione sociale, come problema politico laddove il morire e’ legato a condizioni estreme di dolore e sofferenze, intollerabili.
L’eutanasia deve porsi al centro del dibattito sociale.
Ecco dunque il diritto alla dignita’ del morire, il riconoscimento del diritto di morire dignitosamente, il riconoscimento della volonta’ del morente, libera, autentica volonta’ assunta come norma che preveda e garantisca, la manifestazione della coscienza di ciascuno di noi, che non esprima altro significato se non quello intimamente voluto. Per quanto riguarda la semplicita’ e la logicita’ del discorso del mio neurologo circa la ventilazione invasiva, non mi fa sentire affatto tranquillo. La scelta, qualunque sia, e’ una scelta di sofferenza, di dolore e forse per la prima volta di estremo coraggio. Vi parlo dalla mia casa in Orvieto. Da qui voglio annunciare che il Quarto Congresso dell’Associazione Luca Coscioni per la liberta’ di ricerca scientifica si terra’ proprio ad Orvieto dal 2 al 4 dicembre 2005. La scelta della mia citta’ natale, dove vivo non e’ casuale o semplicemente legata alle mie attuali condizioni di salute sebbene riguardano oggi una capacita’ respiratoria compromessa e a rischio. Ho scelto la mia citta’ perche’ la battaglia per la liberta’, per liberare la mia vita, per darci e dare una speranza a milioni di malati, per la difesa dei diritti dei deboli e degli oppressi, di chi e’ senza voce, e’ iniziata per me qui, quando ancora le mie mani potevano azionare una leva che mi consentiva di “viaggiare” in aperta campagna su di uno scooter elettrico per disabili. Un viaggio dove i sogni di un uomo giovane e libero, ancora vivo, si sono infranti, ma dov’anche ho iniziato a costruire o meglio a ricomporre i pezzi di un io a volte a me sconosciuto, per un nuovo me stesso e ha percorrere la strada che voi tutti conoscete. Questo anno festeggio il mio decimo anno di lotta alla sclerosi laterale amiotrofica e non potevo che ricostruirla e rigenerarla in un luogo che ho visto per un po’ di tempo terra estranea e straniera.
Concludo con alcune parole di Jacques de Bourbon Busset: non occorre “divinare l’avvenire probabile, ma preparare l’avvenire auspicabile, e procedere anche piu’ oltre: sforzarsi di rendere probabile l’avvenire auspicabile”. Se davvero riuscissimo a rendere possibile, il futuro desiderabile, il progetto politico augurabile, il Paese ne uscirebbe forte in termini di legalita’, di democrazia, di rispetto e di riconoscimento di diritti civili, ne uscirebbe rafforzato in termini di uguaglianza nel combattere ogni forma di oppressione e di ingiustizia, di integralismo e di fondamentalismo, per una sorta di morale della responsabilita’ per laici e credenti.