L’ultimo prigioniero di guerra
Il piu’ anziano dei prigionieri di guerra del Michigan sara’ liberato, sempre che sopravviva abbastanza a lungo per attraversare i cancelli della prigione a Giugno.
Non e’ che la guerra di Jack Kevorkian sia finita, in realta’; semplicemente, egli non ha piu’ alcun ruolo rilevante.
In un mondo piu’ sensato, i contribuenti del Michigan avrebbero cessato di accollarsi il vitto e l’alloggio del 78enne Kevorkian, quando la sua salute in rapido declino lo ha reso incapace di riprendere la sua singolare pratica medica.
Ma con una elezione a Governatore pendente, anche il sempre piu’ fragile Dr. Morte rimaneva un simbolo troppo potente per essere oggetto di un atto di clemenza. Cosi’ il Governatore ha lasciato che la richiesta di clemenza rimanesse congelata fino a dopo le elezioni.
Rilasciato per buona condotta? Onestamente, quanti cittadini del Michigan sapevano, prima di aver appreso questa notizia, che Dr. Morte era sempre fra i vivi?
Si potrebbe dire che la battaglia di una vita di Kevorkian per cambiare il modo in cui gli Americani pensano alla morte, e’ finita da quando Jessica Cooper, giudice del tribunale di Okland, lo ha spedito in galera nel 1999.
Il suicidio medicalmente assistito rimane illegale in 49 Stati. La Corte Suprema degli Stati Uniti sembra lontanissima dal riconoscere il diritto costituzionale a morire, e perfino la decisione di un tribunale di sospendere i trattamenti vitali puo’ scatenare le convulsioni alla nazione, come e’ successo nel caso della morte di Terri Schiavo.
Ma se i sostenitori del suicidio assistito hanno fallito nel portare avanti una rivoluzione legale che avrebbe potuto rivaleggiare con quella di Roe vs. Wade (ovvero, la decisione della Corte Suprema che ha legalizzato l’aborto), i suoi oppositori non hanno fatto molto di meglio.
L’ex-Procuratore Generale John Ashcroft, la cui determinazione a vietare l’eutanasia era pari a quella di Kevorkian di legalizzarla, e’ stato fermato nel suo tentativo di abolire la legislazione dell’Oregon sul suicidio assistito. Piu’ di 240 residenti dell’Oregon si sono tolti la vita ottenendo legalmente farmaci grazie al Death with Dignity Act (Legge sulla morte dignitosa), che ha ormai 9 anni.
Ancora piu’ significativo e’ il cambiamento dell’approccio dei medici ai pazienti terminali o a quelli con gravi sofferenze croniche.
Molto prima che Kevorkian entrasse in scena nel 1990, qualche medico somministrava, in maniera discreta, farmaci antidolorifici in dosi sufficienti per accelerare il processo di morte dei pazienti terminali.
Il rischio di una condanna ha sempre reso difficile capire l’entita’ di questo fenomeno, e l’esperienza di Kevorkian non ha certo incoraggiato una discussione pubblica ed aperta. Ma la sua crociata ha scatenato un numero sempre crescente di pazienti e famigliari che chiedono trattamenti di fine vita piu’ compassionevoli. Nessun medico con cui ho parlato crede che il suicidio medicalmente assistito sia finito con l’incarcerazione di Kevorkian; infatti, e’ ragionevole pensare che questa pratica sia diventata piu’ comune -anche se mascherata dietro terapie aggressive contro dolore da quanto Kevorkian e’ uscito dalla circolazione.
Il dibattito giuridico sull’eutanasia continuera’, anche se il momento di Kevorkian (e quello del Michigan) al centro dell’attenzione e’ probabilmente irripetibile. Ma in qualunque modo egli passi i suoi ultimi giorni, Kevorkian puo’ essere certo di una cosa: le forze che ha messo in moto gli sopravvivranno.
(trad. di Pietro Yates Moretti)