Svizzera. Il suicidio assistito all’interno di uno spazio giuridico
Pubblichiamo questo editoriale apparso sul Neue Zuercher Zeitung l’8 ottobre scorso
Il codice penale, la legge sugli stupefacenti e le norme deontologiche dei medici sono i tre paletti che delimitano il suicidio assistito. Eppure, esponenti politici e autorita’ giudiziarie vorrebbero ancora altre leggi.
A seguire certe cronache e a sentire alcuni politici sembra che in Svizzera l’assistenza al suicidio avvenga pressoche’ senza regole. La discussione acquista poi toni accesissimi se chi richiede l’assistenza al suicidio arriva dall’estero, e il fatto si svolge magari in una camera d’albergo o in un parcheggio. Allora l’indignazione sale al massimo, soprattutto nei confronti di Dignitas. E la politica si sente in dovere d’intervenire. Lo scorso giugno, il Consiglio degli Stati ha dato incarico al Governo di preparare una bozza di legge per vigilare sulle organizzazioni che praticano il suicidio assistito. Ad oggi, l’altro ramo del parlamento -il Consiglio Nazionale- non l’ha ancora discusso. Lo stesso avviene nel Canton Zurigo dove, la settimana passata, il Consiglio cantonale ha chiesto all’Esecutivo d’elaborare un sistema di autorizzazioni e di standard qualitativi da far rispettare alle organizzazioni che praticano questo servizio.
Dato per acquisito che la Svizzera debba mantenere una posizione piuttosto liberale in tema di suicidio assistito, si puo’ osservare che esistono varie leggi che lo inquadrano. Ed e’ forse anche per questo che il Governo finora si e’ rifiutato d’emanare una legge specifica. Il testo piu’ importante in materia e’ il Codice penale, nel punto in cui tratta del divieto d’uccidere. Ossia, uccidere su richiesta e’ soggetto a punizione, anche quando le motivazioni sono meritevoli di rispetto. Manca un paragrafo che contempli espressamente l’aiuto a morire. Piu’ pertinente e’ l’articolo 115: il concorso al suicidio, esente da motivi egoistici, non e’ punibile. Con quest’articolo si potrebbe intervenire anche nel caso d’illecito arricchimento, che e’ il rimprovero frequente mosso alle organizzazioni. C’e da dire, pero’, che finora la giurisprudenza non si e’ mai pronunciata sulla quantita’ dei soldi compatibili con la gestione del servizio, distinguibili dal possibile illecito arricchimento. Recentemente, il Procuratore generale di Zurigo, Andreas Brunner, ha proposto la cifra forfettaria massima di 500 franchi (300 euro) a intervento. In quanto alle modalita’, l’assistenza al suicidio consiste nel fornire del pentobarbital-natrium, un barbiturico soggetto alla legge degli stupefacenti. E’ stabilito che solo i medici autorizzati possano prescrivere il farmaco a pazienti decisi a morire per le sofferenze di una malattia gravissima, e solo dopo averli visitati. La deontologia professionale non prevede l’obbligo d’assistenza al suicidio, ma puo’ capitare che un medico debba scegliere tra il dovere di cura e il rispetto della volonta’ del paziente; alla fine sara’ la sua coscienza a decidere. Se aiutare qualcuno a togliersi la vita fosse un obbligo, si creerebbe un vulnus alla liberta’ di fede e di coscienza.
Oltre alle leggi generali e alle norme deontologiche, il suicidio assistito e’ soggetto anche a direttive di singoli Cantoni o Comuni. Per esempio, la citta’ di Berna e Zurigo autorizzano le organizzazioni a svolgere il loro compito all’interno di case per anziani e di cura, se pur a precise condizioni. L’assistenza al suicidio puo’ essere praticata anche nelle cliniche universitarie di Losanna e Ginevra e in alcuni ospedali del Canton Vaud.
Per conservare l’assistenza al suicidio, le leggi attuali sembrano dunque sufficienti. O comunque il Governo e’ di quest’idea. E se molti hanno espresso vivo sdegno alla notizia di un suicidio assistito avvenuto in un parcheggio a Maur (Zurigo), non si vede quale sia l’obiezione se l’interessato era d’accordo. A meno che non si voglia dire che il rispetto dell’autonomia dell’individuo non contrasta con la richiesta di locali adatti a una morte dignitosa. I problemi dell’aiuto al suicidio derivano piu’ dall’esecuzione pratica che dalle norme giuridiche. Grande peso ha la possibilita’ d’abuso delle capacita’ d’intendere e di volere o d’agire del paziente che, secondo la norma, devono essere integre fino alla fine. Anche a questo si riferisce la Procura di Zurigo nella sua proposta di nuove direttive in materia d’assistenza al suicidio. Direttive che contemplano una corposa documentazione e la massima pubblicizzazione da parte delle organizzazioni. Ludwig A. Minelli, Segretario generale di Dignitas, respinge il provvedimento proposto; lo definisce di Stato di polizia e indegno di uno Stato di diritto. Forse la situazione si allenterebbe se le organizzazioni si dessero loro delle regole di comportamento trasparenti. Ma niente fa prevedere che cio’ accadra’ a breve termine.
(Traduzione di Rosa a Marca)