Sofri, Coscioni e il Comitato di bioetica

Con sei mesi di ritardo e’ stato nominato il nuovo Comitato nazionale di Bioetica. Non molti i commenti sui mezzi di informazione e rare le polemiche nel mondo politico e accademico. Ma Adriano Sofri impeccabilmente ci racconta della candidatura (rimasta tale) di Luca Coscioni, ammalato di SLA, e dei criteri di nomina al Comitato.

“Torno sulla questione dei titoli di partecipazione al Comitato nazionale di bioetica (e intanto correggo un errore: Giovanni Berlinguer non ne e’ piu’ presidente). Non essendo affatto sedotto dalle meraviglie della scienza, sono tuttavia scandalizzato dagli ostacoli superstiziosi che si oppongono all’eventualita’ di curare malattie e lenire sofferenze. Per esempio, la paradossale tutela degli embrioni detti soprannumerari, intangibili dalla ricerca e destinati a un buco di lavandino. Salvo che abbia capito male, mi ha sconcertato l’argomento che Luisella Battaglia -filosofa e accademica di cui apprezzai a suo tempo le idee a proposito del rispetto per gli altri animali- evoca a spiegazione dell’esclusione di Luca Coscioni dal Comitato. Se Coscioni vi entrasse per rappresentare il dolore del mondo, avrebbe detto, allora il Comitato dovrebbe accogliere migliaia e migliaia di ammalati. Mi pare che Coscioni non “rappresenti” niente, e nemmeno il dolore, ma abbia messo a duro frutto l’esperienza della malattia per studiare e proporre progressi possibili della ricerca e della cura. Ma anche se valesse quella strana idea sul dolore del mondo e la sua rappresentanza, come si potrebbe obiettarle? Se si partecipa del Comitato in virtu’ della propria competenza accademica in bioetica, bisogna dunque che tutte le persone specializzate in bioetica, o almeno tutte le professoresse, entrino nel Comitato? E se ci si preoccupa che tutti i malati rivendichino di entrare nel Comitato, si puo’ per favore indicare quanti ammalati ne fanno effettivamente parte? Uno, dieci, nessuno? (Nessuno, no?) E quanti preti, quante filosofe, quanti specialisti antiabortisti?”

Adriano Sofri (Piccola Posta, Il Foglio, 10 luglio)