Uno snack a base di grilli
Qualche anno fa, Clara Best, insight strategist presso Pepsico, si e’ unita alle crescenti schiere di flexitariani, e ha deciso di adottare un regime dietetico piu’ vegetariano. “Ma ho avuto difficolta’ con le opzioni disponibili”, spiega.
Gli hamburger vegani sembravano troppo lavorati. Cucinare le tradizionali alternative, come il tofu e il tempeh, sembrava scoraggiante.
E i legumi le causavano una sensazione di gonfiore.
Per integrare le sue proteine, e’ approdata a una nuova soluzione: gli insetti. Inizialmente, sbriciolava i vermi della farina, che in realta’ sono scarafaggi allo stato larvale, sul muesli, sulla pasta, e sulla zuppa.
Questi vermi hanno un elevato contenuto proteico e sono disponibili da Eat Grub e Crunchy Critters. Poi e’ passata ai grilli, che sono altrettanto ricchi di sostanze nutritive, in particolare di proteine.
Consapevole dei benefici per la salute e del fiorente mercato delle alternative alla carne, ha lasciato Pepsico e ha iniziato a sviluppare una linea di alimenti arricchita con grilli, “per aiutare le persone a passare a un’alimentazione piu’ sostenibile”.
All’inizio di quest’anno, Saved Food ha lanciato il suo primo prodotto, uno snack a base di farina di lenticchie arricchito con grilli.
Disponibile in vari gusti, tra cui pepe nero e paprika affumicata, ogni confezione da 25 grammi contiene 2 grammi di proteine di grillo, l’equivalente di un uovo.
Hanno un ottimo sapore: il gusto nocciolato dei grilli e’ indistinguibile da altri aromi. (…)
Da allora, ha avviato un’espansione graduale della gamma, che comprende proteine in polvere, pasta e sostituti della carne arricchiti con grilli. I grilli e altre proteine a base di insetti sono un nuovo potente ingrediente.
Sotto forma di sostituti della carne, possono ridurre del 97% le emissioni di gas serra associate alla carne convenzionale.
Ma ci sono degli ostacoli. Oltre al costo, vi e’ il “fattore schifo”.
Nonostante siano una presenza fissa nella cucina asiatica e africana da secoli, gli insetti continuano a essere venduti con difficolta’ tra i consumatori occidentali.
Gli insetti rientrano in una piu’ ampia categoria di alimenti noti come proteine alternative, vendute come opzioni piu’ sostenibili rispetto alla carne e ai prodotti lattiero caseari.
Tra gli altri benefici per l’ambiente, la produzione di proteine alternative richiede generalmente minori quantita’ di acqua e di terra, e provoca minori emissioni di gas serra.
Per quanto concerne la salute e l’etica, tuttavia, i pareri sono discordanti. Alcuni tracciano una linea tra gli insetti e altre proteine alternative, perche’ gli insetti sono pur sempre animali.
Best sottolinea che i suoi insetti vengono uccisi “umanamente” (vengono congelati, perdono conoscenza, e “il modo in cui muoiono non comporta dolore).
Anche le alternative della carne a base vegetale sono state oggetto di forti critiche, perche’ ultra-lavorate.
Jasmijn de Boo, amministratrice delegata di ProVeg International, un’organizzazione che si occupa di sensibilizzazione sugli alimenti a base di proteine alternative, considera queste descrizioni come tentativi, da parte dell’industria della carne e dei prodotti lattiero caseari, di screditare le alternative della carne a base vegetale.
Queste – sostiene – sono “generalmente superiori, o equivalenti, dal punto di vista nutrizionale, e non piu’ lavorate” rispetto ai prodotti comparabili a base di carne.
Le proteine alternative comprendono anche gli alimenti fermentati. Questi possono essere prodotti alimentari fermentati in modo tradizionale, come il tempeh; alimenti fermentati con biomasse che dipendono da microrganismi a crescita rapida, come microalghe o micelio, e comprendono il Quorn coltivato da un fungo filamentoso; e prodotti ottenuti con la fermentazione di precisione, dove microrganismi sono programmati come fabbriche per produrre, tra le altre cose, molecole aromatiche e grassi.
Una proteina alternativa che attualmente attira molti capitali di rischio e’ la carne coltivata (a volte definita “coltivata in laboratorio”), vale a dire, carne prodotta direttamente da cellule. Recenti studi sembrano indicare che, rispetto al manzo tradizionale, la carne coltivata puo’ causare fino al 92% in meno di riscaldamento globale, e usare il 95% in meno di terra e il 78% in meno di acqua.
Il primo hamburger coltivato e’ stato presentato nel 2013 da Mark Post, dell’Universita’ di Maastricht. Ma fino a poco tempo fa, l’unico posto in cui si poteva mangiare carne coltivata era da Huber’s Butchery & Bistro, a Singapore, dove, nel 2020, i regolatori hanno approvato il pollo coltivato di Eat Just.
Dopo l’approvazione da parte del Dipartimento all’Agricoltura degli Stati Uniti dei prodotti di Upside Food e Good Meat, quest’anno (un vero e proprio spartiacque per il settore), il pollo coltivato e’ arrivato sul menu’ del Bar Crenn di Dominique Crenn, a San Francisco, (fritto in una pastella di tempura speziata) e del China Chilcano di Jose’ Andre’s, a Washington DC, (come kebab di anticuchos). In Gran Bretagna, lo scorso agosto,
Aleph Farms e’ diventata la prima azienda a chiedere l’approvazione della UK Food Standards Agency per le sue bistecche a base di manzo coltivato – un processo che potrebbe richiedere fino a 18 mesi.
Secondo Hannah Lester, di Atova Regulatory consumlting, tuttavia, il processo di approvazione dell’Unione Europea, non ancora testato, potrebbe essere complicato da alcuni stati membri.
La Francia ha appena introdotto un divieto sui termini che richiamano la carne, come “bistecca”, applicati a prodotti a base vegetale.
L’Italia sta cercando di arrivare a un divieto su tutti gli alimenti sintetici (ivi compresa la farina derivata da insetti).
“E’ destinata a diventare una questione altamente politica”, spiega. Lester e’, inoltre, responsabile degli affari normativi per la start-up parigina Gourmey, il cui obiettivo e’ quello di coltivare carni per la ristorazione, a partire dal foie gras (attualmente in fase di revisione per l’approvazione negli Stati Uniti e a Singapore).
Tra le altre prospettive allettanti per i consumatori del lusso vi sono l’offerta di carni tradizionali di Orbillion Bio, dal wagyu all’alce; il caviale beluga di Magic Caviar; il salmone per sushi di Wildtype; e l’aragosta del Maine di Cultured Decadence. Per non parlare del tentativo di Mission Barns di sviluppare un “bacon kosher”. Se i consumatori dovessero accettare questi prodotti alimentari, i risultati potrebbero essere bollenti.
[Ajesh Pataly, quotidiano – a cura di agra press]
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