Sei metri in piu’ per il livello degli Oceani?
Il cambiamento climatico puo’ alzare il livello dei mari di 6 metri? Stamane, la rivista Science pubblica un articolo che rilancia il dibattito su una minaccia a lungo termine dovuta alle massive emissioni di gas ad effetto serra.
Rilancia, perche’ questo dibattito esiste da diverso tempo nei laboratori di climatologia. E si basa su una semplice constatazione, direttamente derivata dalla paleo-climatologia e dalle geo-scienze.
Dopo l’ultima glaciazione, chiamata Eemiana, sono passati 125.000 anni, le temperature nelle zone polari, secondo gli studi sui nuclei dei ghiacciai, erano leggermente piu’ elevate rispetto al corso del XX secolo. Nell’ordine di 1 grado centigrado in piu’. Ma questa temperatura piu’ elevata ha potuto agire durante alcuni secoli, anzi. per diverse migliaia di anni. D’un tratto, le calotte che coprono la Groenlandia e l’Antartico, si sono ritirate. Un po’ meno per l’Antartico, ma di piu’ per la Groenlandia, perche’ l’Artico e’ la zona dove il clima reagisce piu’ fortemente ai cambiamenti tra un periodo glaciale e un altro interglaciale. Secondo le ricostruzioni, il volume di ghiaccio presente sulla Groenlandia avrebbe potuto essere inferiore di circa tre quarti rispetto all’attuale.
Scioglimento accelerato dei ghiacciai
Risultato? Un oceano mondiale nettamente piu’ elevato, da 6 a 9 metri. Sta per arrivare? Se la domanda si pone, e’ piu’ in la’ dell’orizzonte del secolo, 2100, per il quale le conseguenze del cambiamento climatico o le iniziative per mitigarlo o attenuarlo sono previste. Con questa prospettiva, l’elevazione del livello degli oceani provoca un dibattito di base tra i ricercatori, in virtu’ delle incertezze sull’aumento del livello del mare dopo il 1992, reazione delle masse di ghiaccio delle calotte polari. Tuttavia, il dibattito resta in termini piu’ pacati, parlando di qualche decina di centimetri fino ad uno o due metri per i piu’ pessimisti, impressionati dalle accelerazioni, da 20 anni, del movimento dei ghiacciai verso gli oceani.
Gli studi attraverso i satelliti (radar, altimetri) sembrano mostrare che, per tutto il periodo 1993-2010, il riscaldamento delle calotte polari ha contribuito per il 19% all’aumento del livello del mare, ma questo si sarebbe bloccato del 40% nel periodo 2003-2008. Variazione di breve termine o inizio di un nuovo regime?
Ritorno al passato
A piu’ lungo termine, gli scienziati sono in difficolta’. Certo, il passato sembra indicare che, anche se contenuto in 2 gradi centigradi (che sembra molto difficile), il riscaldamento planetario puo’ innescare un movimento irreversibile delle calotte polari, di grande ampiezza. Ma a quale velocita’ e fin dove? Il passato non puo’ rispondere direttamente a questa domanda, soprattutto perche’ l’Eemiana era caratterizzata da un motivo molto diverso rispetto all’origine delle sue elevate temperature al Polo nord. Queste provengono non da un livello maggiore di gas ad effetto serra, ma dalla meccanica celeste. Le variazioni dei movimenti della Terra provocano in questo periodo una insolazione estiva delle zone artiche maggiore rispetto ad oggi. Inoltre, la circolazione atmosferica gioca un ruolo decisivo, attraverso il trasporto di calore tropicale verso le alte latitudini. Ora, essa varia. Riassumendo: l’indicatore di temperatura globale, planetaria, non e’ quello che i mezzi rilevano nell’evoluzione delle masse di ghiaccio, fanno notare gli autori dell’articolo. Peccato, sarebbe stato piu’ semplice.
Il ragionamento logico degli scienziati e’ quindi d’accordo a modellare il fenomeno, e questo suppone di aver veramente compreso, e poi di simulare al computer il sistema climatico e il funzionamento delle calotte polari su diversi secoli. Ed e’ qui che il cambiamento climatico diventa piu’ forte. Piu’ si simula nel lungo tempo, piu’ si da’ fiducia nella robustezza del modello, ma la sua capacita’ di rappresentare la realta’ si riduce. Per circoscrivere la difficolta’, gli autori dell’articolo comparso sulla rivista Science (vedi qui in formato pdf) sono ritornati verso il passato, fino a tre milioni di anni, tentando di far conto al massimo delle conoscenze che provengono da diverse discipline, si’ da meglio comprendere le reazioni delle calotte alle evoluzioni climatiche. Questo bilancio mostra che gli scienziati non sono ancora in grado di prevedere la reazione delle calotte polari con molta precisione e, di conseguenza, proporre uno scenario di crescita del livello del mare su diversi secoli.
E gli esseri umani?
Qual e’ la posta in gioco? All’epoca dell’Eemiana, il livello marino piu’ alto non poneva alcun problema per gli umani. I cacciatori e raccoglitori preistorici, poco numerosi, potevano fruire di larghi spazi continentali. Ma domani? La prospettiva di un oceano mondiale piu’ alto di circa 1 metro, solleva diversi problemi. Vaste zone, molto abitate, nelle coste basse o nei delta, sono minacciate. Soprattutto quando i fiumi con delle dighe importano meno sedimenti che salvano la terra dal mare. E il pompaggio delle falde acquifere costiere abbassa il livello dei suoli. Un aumento di sei metri farebbe finire sott’acqua delle zone abitate da centinaia di milioni di persone, con porti, infrastrutture di trasporto, fabbriche, zone coltivate… Certo, non come se fosse uno tsunami, ma lentamente. Molto lentamente perche’ le societa’ organizzate, in anticipo, in modo prudente e utilizzando i necessari finanziamenti e le indispensabili tecnologie, si potrebbero ritirare da queste zone? Questo sarebbe l’indice di un progresso sociale, economico e di organizzazione politica di grande ampiezza.
(articolo di Sylvestre Huet, pubblicato sul quotidiano Libération del 10/07/2015)