Scuole aperte o scuole chiuse?

Mi è stato chiesto di scrivere qualcosa sulla riapertura delle scuole dopo le feste natalizie. Dopo un iniziale rifiuto (chissenefrega della mia opinione?!), ho deciso comunque di farlo, nella speranza di trasmettere non tanto un’opinione specifica, ma un metodo per formarsi delle opinioni su questioni complesse.

Quasi tutti noi diciamo la nostra sulla pandemia -e non solo- senza cognizione, sulla base di istinti, ideologie, interessi e letture superficiali delle ciance lette sui giornali o peggio ancora sui social. Alcuni cercano di limitare la platea al bancone del bar e si sforzano di scartabellare riviste scientifiche prima di parlare ai quattro venti. Altri fanno eccessivo affidamento sulle proprie capacità intellettuali, un tripudio di “esperti” del lunedì in cerca di like, quasi tutti plurilaureati in tuttologia, che aggiungono qualche nanodecibel a quell’assordante rumore bianco che chiamiamo dibattito pubblico. Maggiore modestia intellettuale, a partire dal sottovalutatissimo esercizio del silenzio, non guasterebbe … quantomeno alle orecchie, ma probabilmente anche al dibattito e quindi alla democrazia.

La prima cosa che dovrebbe fare un cittadino maturo, secondo me, è ascoltare chi vale la pena ascoltare su questioni di salute pubblica e scuola: organismi scientifici, sanitari e scolastici. La politica – non solo quella professionista, ma anche e soprattutto l’opinione pubblica di una comunità democratica matura – dovrebbe formarsi opinioni e prendere decisioni in base all’evidenza scientifica, quantomeno in tema di salute pubblica. E invece tutti abbiamo la presunzione di aiutare il dibattito aprendo bocca senza aver studiato, approfondito, riflettuto. Ci sono movimenti politici che  hanno fatto dell’ingnoranza e dell’inesperienza l’elemento fondante, riscuotendo successi elettorali bulgari. Più appari convinto delle cazzate che dici, più è affilata l’invettiva, più ti credono. L’Italia è una gigantesca e litigiosa assemblea condominiale in cui, invece di ascoltare l’ingegnere che ci spiega come rifare il tetto crollato, c’è chi insiste su tecniche apprese da un video su Youtube, chi nega che il tetto sia necessario, altri che lo vogliono di paglia gridando contro la cementificazione del Paese, e chi se la prende contro l’amministratore perché non ha creato un database sull’efficacia delle singole tegole. 

Da cittadino, penso che la prima cosa sia individuare e ascoltare le persone (o meglio le comunità) giuste, poi riflettere, poi studiare e solo dopo parlare urbi et orbi. Obiezione: ma come, siamo in democrazia, tutti devono dire la loro! No, tutti possono certamente dire la loro, ma non c’è alcun obbligo di farlo. 

Ma sulle scuole aperte o chiuse? Potrei raccontare la mia esperienza di genitore: mia figlia liceale è rientrata a scuola il 7 gennaio, ed erano presenti solo metà degli insegnanti, nessun supplente disponibile, e una frazione degli studenti causa di quarantene, isolamenti ecc.. Una scuola già chiusa di fatto, con mezzi di trasporto a singhiozzo e stracolmi. Ma se eleviamo la nostra esperienza personale e aneddotica a fondamento delle nostre opinioni, non saremo molto diversi dai tuttologi sempreverdi.

Iniziamo invece ad ascoltare le autorità sanitarie e scientifiche, quelle scolastiche e quelle degli amministratori locali che hanno il polso della situazione reale, dai trasporti agli ospedali alle quarantene. Il resto è fuffa. Cosa dicono sulla opportunità o meno di attivare la Dad? Potrei sbagliarmi, ma a me pare che si siano quasi tutte espresse, in modo anche drammatico e accorato, per un rinvio del rientro a scuola per evitare il collasso degli ospedali, delle scuole e infine delle città. Mi pare altresì che il Governo abbia deciso di andare avanti comunque con le riaperture, dando priorità alla ripresa economica, nella convinzione che il momento sia comunque superabile. Un bel rischio a cui potrà seguire uno speratissimo successo o un tragicissimo insuccesso. 

Non avendo gli strumenti per esprimere un’opinione fondata in punto di epidemiologia su cosa potrà accadere – né potrei mai farlo per mancanza assoluta di formazione in quell’ambito – non posso che riassumere così il mio pensiero: alla luce di quanto ho ascoltato, tenere le scuole aperte è un rischio che non avrei corso. Ma continuo ad essere tutt’orecchi. 

 

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