Scuola – toccata e fuga

Da quando sono venuta a conoscenza della decisione della ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina di far iniziare l’anno scolastico 2020/2021 il dì 14 settembre, mi sto chiedendo se questa giovane signora (ma non solo lei) abbia un briciolo di buon senso.
Infatti, cominciare l’anno scolastico quel giorno, che è un lunedì, significa tenere a scuola gli alunni per soli 5 giorni, cioè fino a venerdì 18 settembre, lasciandoli in congedo dal giorno dopo, sabato 19 settembre per consentire la trasformazione di alcune aule dei vari edifici scolastici in seggi elettorali su tutto il territorio nazionale, dato che, oltre al rinnovo di alcuni Consigli Regionali, che riguarda solo sette Regioni, si terrà anche il Referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari, che riguarda tutta l’Italia.

Siccome le elezioni, quest’anno (non si sa perché) durano due giorni, il 20 e il 21 settembre, significa che gli alunni di tutto il Paese staranno lontani dalle aule scolastiche, oltre a sabato 19 settembre, anche lunedì 21, e pure martedì 22 per la consueta disinfezione (oggi nomata: sanificazione) e risistemazione dei locali, che però, dato il periodo ancora dominato dal Covid19, potrebbe non essere sufficiente per una pulizia a fondo e potrebbe occupare quindi anche mercoledì 23. 
Bisogna considerare che i primi giorni dell’anno scolastico non sono mai particolarmente produttivi dal punto di vista didattico, anche perché non sempre le cattedre sono tutte coperte, gli orari non sono ancora definiti, e comunque gli alunni di ogni ordine e grado si prendono un po’ di tempo per ri-fraternizzare – cosa che dopo la lunga pausa delle lezioni in presenza sarà particolarmente sentita e necessaria. Ragion per cui, se ci sono le condizioni ottimali, il vero e proprio anno scolastico fattivo e attivo inizia solo nella seconda settimana di scuola.

Ma come potrà succedere quest’anno, se tutti o quasi gli edifici scolastici saranno di nuovo trasformati in seggi elettorali, e gli alunni lasciati a casa per almeno tre giorni, se non di più?
Al secondo ritorno a scuola, dopo il supplemento di vacanza, si assisterà necessariamente a un nuovo rodaggio dell’anno scolastico, con ulteriore perdita almeno di una parte del tempo necessario per mettere la macchina istruzione a pieno regime. Sempre che le cattedre vengano tutte coperte immediatamente, gli orari siano pronti ecc. ecc.

Ora, stando così le cose, perché non si è avuto il buon senso di far iniziare l’anno scolastico direttamente il 24 settembre?
Così hanno deciso le Regioni Campania e Puglia e non capisco perché anche altre non abbiano fatto la stessa scelta.
Secondo me, iniziare il 14 settembre è solo un’affermazione di principio, vuota di significato reale. Anzi, controproducente. L’ennesima “grida manzoniana”, minacciosa quanto risibile, che toglie inoltre autorevolezza allo Stato.
Tanto più che, come sento alla radio tutti i giorni, molte scuole non hanno ancora ricevuto le suppellettili predisposte per questo particolare momento e altre sono ancora alle prese con il reperimento degli spazi necessari al distanziamento fisico degli alunni; ho sentito parlare anche di abbattimento di muri per ampliare le aule, così come di ricerca spasmodica di altri locali qua e là. Tutti lavori che non si fanno nel tempo di uno schiocco di dita.
Stamani sulla stampa del capoluogo toscano si poteva leggere la notizia che la Curia ha offerto al Comune di Firenze una serie di locali presso quattro parrocchie fiorentine. Iniziativa lodevole che senz’altro allevierà i problemi di qualcuno degli istituti della città del fiore, ma non illudiamoci che tutto fili liscio. Infatti, le cosiddette “sezioni distaccate” delle scuole, cioè i locali che non sono all’interno dell’edificio scolastico principale, creano agli insegnanti, che insegnano nell’uno e nell’altro edificio, problemi legati alla perdita del tempo necessario per spostarsi da là a qua, tempo che può anche essere considerevole e che viene sottratto alle lezioni. Quindi si tappa un buco da una parte e si crea uno squarcio da quell’altra.
Senza considerare la fatica e lo stress che ne deriva un po’ per tutti, in primo luogo per gli insegnanti, ma anche ai bidelli, spesso chiamati a fare da “guardia” alle scolaresche senza docente. In un periodo in cui di stress ce n’è una quantità industriale che, se facesse PIL, si sarebbe già ampiamente in salvo.
 
Insomma, un pasticciaccio pressoché epocale che mi fa sentire vicina, seppure impotente, a tutti coloro che si apprestano a fare rientro nelle scuole – dirigenti, personale ausiliario, docenti, alunni. Facciamo il tifo per loro, un tifo sfegatato, perché ne hanno un enorme bisogno.

 

CHI PAGA ADUC
l’associazione non percepisce ed è contraria ai finanziamenti pubblici (anche il 5 per mille)
La sua forza sono iscrizioni e contributi donati da chi la ritiene utile

DONA ORA