Scuola e ora religione. Sempre meno studenti. Come migliorare senza guerre/crociate

 Secondo un’analisi dell’ UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti), nell’anno scolastico 2020/21, su 7.214.045 studenti frequentanti le scuole statali, 1.014.841 non si sono avvalsi dell’IRC (il 14,07%), con un trend in crescita (erano il 12,90% nel 2018/19 e il 13,53% nel 2019/20). Toscana la regione più laica con Firenze in testa.

Auspichiamo che la non frequentazione dell’ora di religione non inibisca agli studenti di conoscere arte e cultura legata alla Chiesa cattolica, come purtroppo accaduto in una scuola del Veneto alcune settimane fa. Perché, per chi ancora non l’avesse capito, l’esenzione dell’ora di religione è una rinuncia all’insegnamento della dottrina cattolica, insegnamento che ancora oggi ha un suo canale privilegiato sancito dalla nostra Costituzione che all’art.7 ingloba i Patti Lateranensi.

L’Italia ha un grosso problema in merito, non tanto per il fatto che uno Stato confessionale e non democratico – il Vaticano – è incastonato nel territorio della città di Roma, ma per i privilegi che questo Stato gode a livello fiscale, tributario e scolastico.

Per il privilegio scolastico, non c’è ragione logica perché la scuola pubblica (ufficialmente non-confessionale) debba prevedere l’insegnamento della dottrina cattolica. Non solo, ma quando gli studenti hanno fatto domanda di esonero, se ne stanno in classe o nel cortile a non fare nulla, aspettando che questa ora passi… cioè un buco di didattica. Gli insegnanti di dottrina cattolica, inoltre, sono anche pagati dallo Stato italiano. Tutto questo in uno Stato che prevede libertà di confessione religiosa nei propri principi costituzionali.

Il grosso problema è che non si vuole prendere atto di una realtà in evoluzione rispetto a medioevo e secoli successivi, non solo per la crescita di chi si esonera dalla dottrina, ma per tutto il tessuto sociale e culturale che – tra atei, agnostici e fedeli di altre dottrine – non è più quello che ci si vuol far credere quando, per esempio, ad ogni iniziativa pubblica c’è sempre un qualche prelato cattolico che presenzia.

Restando nell’ambito della scuola, non si capisce perché lo studio della storia delle religioni non debba essere materia al pari di altre, senza esoneri e senza insegnanti col gradimento del Vaticano. Le religioni, e non la Religione, sono elemento determinante di qualunque cultura.
Un pesante e condizionante problema che, affrontato senza faziosità ideologica (dovendo sostanzialmente rinunciare a poteri e privilegi), potrebbe far fare un salto di qualità alla scuola e al coinvolgimento degli studenti.
 


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