Perché io avvocato, vax convinta, ho scelto di non vaccinarmi ora per il bene comune
Il vaccino ho scelto di non farlo. O meglio, di non farlo ora. Non perchè sia no vax né perchè abbia timori su possibili reazioni avverse.
Faccio l’avvocato, vado in udienza, frequento il tribunale. Sono esposta al virus al pari degli altri avvocati, dei giudici, dei cancellieri. Al pari di tutti, o di tanti. Al pari di tutti quelli che quotidianamente si relazionano con altri.
Vivo in Toscana, quindi dal 19 febbraio 2021 avrei potuto vaccinarmi. Ma perchè un avvocato di 44 anni senza particolari patologie dovrebbe essere vaccinato prima? Tutti i miei colleghi, alcuni anche perplessi come me, non si sono tirati indietro… la salute è salute.
Ci ho pensato per giorni, mi sono confrontata con tante persone e ognuna di loro mi ha spiegato perchè secondo loro la mia scelta era sbagliata. Tutte motivazioni con una loro logica:
“Non puoi metterti a contestare le scelte istituzionali (della Regione Toscana in questo caso), altrimenti non se ne esce più. C’è scritto anche sugli autobus ‘Non disturbare il conducente'”
“Già è un periodo difficile, in cui tutti polemizzano su tutto, non ti ci mettere pure tu”
“Giudici, cancellieri e avvocati sono un servizio essenziale di rilievo costituzionale, è giusto che siano vaccinati prima”
“Tanto non è che se il vaccino non lo fai tu lo danno ad una categoria più bisognosa secondo te, lo danno ad un altro avvocato, quindi fallo”
“L’importante è vaccinare più persone possibile, quindi fallo”
La vita – hanno cercato di farmi capire – è “real” come la “politik”. Alcune di queste motivazioni le condivido pienamente, sono logiche, razionali, condivisibili.
Eppure non ce l’ho fatta, non mi sarei sentita a posto con la mia coscienza.
Oggi di priorità nelle somministrazioni dei vaccini si è tornato a parlare con il caso Scanzi, con uno spirito forse un pò pruriginoso, lui il giornalista noto che sì fa il vaccino “avanzato”, ma… si è giustificato dicendo che si era messo in lista; che era caregiver dei genitori; che non è caregiver in senso tecnico dei genitori ma che è figlio unico di genitori fragili; che se pure non c’era una lista pubblica era comuque possibile farsi avanti con il medico di famiglia ecc. ecc.
Mi interessa poco. Mi interessano poco le sue tante giustificazioni e difese, mi interessano poco gli attacchi contro di lui. Mi interessa anche poco star qui a disquisire quanto sia essenziale il servizio reso dagli avvocati.
Ritengo però che sulle priorità di vaccinazione non c’è una linea univoca e che se si lascia fare così potrebbe finire che saranno vaccinati tutti i più “attivi”, perchè più intraprendenti (Scanzi?) o perchè possono esercitare pressioni di categoria meglio di altri (gli avvocati).
Le indicazioni fornite dal Ministero della Salute evidentemente non sono sufficienti. Il Ministero ha individuato le categorie target prioritarie (http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_3014_allegato.pdf) nelle diverse fasi della campagna vaccinale, in base all’età e alla fragilità delle persone:
Categoria 1: persone estremamente vulnerabili;
Categoria 2: persone di età compresa tra 75 e 79 anni;
Categoria 3: persone di età compresa tra i 70 e i 74 anni;
Categoria 4: persone con aumentato rischio clinico se infettate da SARS-CoV-2 a partire dai 16 anni di età fino ai 69 anni di età;
Categoria 5: persone di età compresa tra i 55 e i 69 anni senza condizioni che aumentano il rischio clinico;
Categoria 6: persone di età compresa tra i 18 e 54 anni senza condizioni che aumentano il rischio clinico.
In quest’ultima categoria – si legge nel documento – “priorità di somministrazione potrà essere considerata, per il personale scolastico e universitario docente e non docente, per le Forze armate e di Polizia, per i setting a rischio quali penitenziari e luoghi di comunità e per il personale di altri servizi essenziali e a seguire il resto della popolazione”.
Ed è nelle pieghe di quel “potrà” e di “altri servizi essenziali” che si annida il problema. La guerra al “più essenziale” degli altri scatena istinti primordiali di sopravvivenza, siamo ancora in tempo per correggere il tiro. La campagna vaccinale non è ancora nel pieno, chiediamo al Governo di fare tesoro degli errori di questi primi mesi per creare a livello nazionale un univoco criterio, e un unico sistema, da applicare sia per l’ordine di vaccinazione che per le liste d’attesa, affinchè nessuno possa scavalcare gli altri e non si perdano dosi di vaccino.
Sottraiamo terreno alle polemiche sterili, agli istinti primordiali, alla rabbia sociale del commesso del supermercato che vede il giornalista e l’avvocato vaccinarsi prima di lui.
L’obiettivo è comune, manteniamolo tale.
Qui il comunicato con cui è stata diffusa l’iniziativa
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