Penelope ed Europa
La proposta danese di “congelare” fino alla fine del 2003, i finanziamenti comunitari ai progetti di ricerca che comportano l’uso degli embrioni, arriva come una brusca frenata nel sin troppo lento percorso dell’Unione Europea, verso l’agognato ruolo di leadership, nella biomedicina come in altri settori. La Danimarca, si sa, e’ tra i Paesi europei, come Irlanda, Italia e Germania che fanno piu’ fatica a ricomporre le contraddizioni tra idealita’ etica e pragmatismo politico. Non ci resta che augurarci che tutto il male non venga, solo, per nuocere. Il male, qualora la proposta danese fosse ratificata dai membri del Consiglio dei ministri, starebbe nel rimettere in discussione una decisione raggiunta dalle istituzioni europee dopo un faticoso dibattito durato anni, per di piu’ con una motivazione obiettivamente pretestuosa. Di dossier sullo “stato dell’arte” ne sono stati prodotti a decine, quasi ogni Paese del mondo ne ha prodotto uno, e di certo un nuovo rapporto non potra’ che aggiungere piccoli particolari al corposo lavoro prodotto dall’NIH nel 2001. Certo, sara’ aggiornato dagli importanti risultati prodotti da allora, ma nessuno di questi potra’ dare definitive risposte al dilemma di fondo su quale sia lo statuto dell’embrione. Ne’, una pausa di un anno bastera’ a creare la magica sfera di vetro necessaria a trovare risposte esaustive alle domande di chi abusa del principio di precauzione. I rapporti come i comitati, a volte fanno la fine della tela di Penelope, servono a prender tempo e a non dare risposte. L’utile che da questa proposta che ci auguriamo venga, e’ che finalmente si possano realizzare i ripetuti, buoni, propositi di incentivare l’insegnamento delle bio-scienze. Allora, finalmente, il dibattito sui “problemi” suscitati dalle biotecnologie si potra’ allargare ed uscire dai Palazzi. Tanto piu’ che anche a chi li abita, come segnalano il professor Austin Smith e “turbolenze” australiane, non farebbe male spendere un po’ di tempo a studiare e capire le cose di cui si parla in modo spesso contraddittorio. In questo senso, ben venga anche l’iniziativa Ue di promuovere un confronto delle varie scuole di bioetica. Chissa’ mai che si arrivi anche ad una definizione formale del principio di precauzione, che ristabilisca il confine tra l’oggettivita’ statistica e soggettivita’ politica, rendendo la meritata dignita’ ad entrambe. Ma se moratoria deve essere, che sia pausa di operosa riflessione e non paralisi.