Neuroni e disturbi alimentari. Fame e cervello
Già nell’antichità si discettava di disturbi del comportamento alimentare. Senofonte, nell’Anabasi, descriveva la fame inarrestabile dei soldati; il medico romano Galeno si soffermava sull’osservazione degli inappetenti che rifiutavano il cibo. Si deve arrivare, però, alla metà dell’800 per avere descrizioni psicopatologiche dei disturbi alimentari.
La rivista scientifica Knowable riporta alcune ricerche in merito ai processi alimentari che portano ad un’eccessiva alimentazione (bulimia) o al rifiuto del cibo (anoressia).
Studi in laboratorio hanno individuato un gruppo di cellule chiamate neuroni AgRP situati nella parte inferiore del cervello che possono creare la sensazione di fame. Sono sensibili ai segnali che arrivano dallo stomaco e dal tessuto grasso che indica i livelli di energia. Quando l’energia è bassa, agiscono su una varietà di altre aree del cervello per promuovere l’alimentazione. Analizzando l’attività neuronale AgRP hanno verificato che quando questa si attiva scatta la ricerca di cibo.
I neuroni AgRP sembrano essere attori chiave nell’appetito: disattivarli nei topi adulti fa sì che gli animali smettano di mangiare e possono persino morire di fame. Al contrario, se i ricercatori attivano i neuroni, i topi saltano nei piatti di cibo e si ingozzano. I ricercatori hanno scoperto che quando i topi non avevano abbastanza da mangiare, i neuroni AgRP si attivavano più frequentemente per poi rallentare l’attività quando gli animali erano in vista del cibo, sicchè, hanno concluso che i neuroni AgRP inducono gli animali a cercare cibo. Una volta trovato gli animali si tranquillizzavano. L’attività dei neuroni AgRP è tale, comunque che spinge gli animali ad uscire dalla propria tana e affrontare i pericoli pur di trovare cibo.
Le terapie mirate ai soli neuroni AgRP probabilmente non riuscirebbero a risolvere completamente il problema del peso, perché la ricerca del cibo è solo una componente del controllo dell’appetito, afferma professor Scott Sternson, dell’Università della California (Usa), che ha esaminato i principali controllori dell’appetito. Anche altre aree del cervello, che percepiscono la sazietà e rendono piacevole il cibo, svolgono ruoli importanti.
Il rovescio della medaglia della bulimia è l’anoressia e anche in questo caso i ricercatori ritengono che studiare i neuroni AgRP potrebbe portare a nuove strategie terapeutiche. Le persone con anoressia evitano il cibo, fino al punto di una pericolosa perdita di peso, così “Mangiare cibo è avversivo”, dice Ames Sutton Hickey, neuroscienziato della Temple University di Filadelfia (USA). Non esiste un farmaco specifico per l’anoressia; il trattamento può includere psicoterapia, farmaci generali come antidepressivi e, nei casi più gravi, l’alimentazione forzata.
Il lavoro sui neuroni AgRP fornisce agli scienziati un quadro migliore del perché mangiamo e quando lo facciamo. Comprenderli e controllarli porterebbe a nuovi trattamenti sia per l’anoressia che per la bulimia.
(da La Ragione del 22/08/2023)
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