Latte artificiale: Lancet denuncia le tattiche predatorie dell’industria
Con un’iniziativa senza precedenti anche per i toni usati, la rivista scientifica Lancet, tra le più accreditate al mondo, pubblica una serie di tre articoli molto dettagliati sull’allattamento al seno e sul latte artificiale, accompagnata da un video di presentazione, da un editoriale (intitolato Svelare le tattiche predatorie dell’industria del latte artificiale), da un’infografica e da un appello finale. L’intento è molto chiaro: sostenere la richiesta di un trattato internazionale che renda più severe le regole per il marketing e i lobbisti, puntando anche sulle norme antitrust. Regole che oggi i produttori non solo non rispettano, nonostante gli impegni assunti da decenni, ma tradiscono ogni giorno in modo plateale, a detrimento della salute dei bambini e delle madri, e con effetti deleteri su tutta la società.
Accanto ai divieti e alle regole, tutto il mondo dovrebbe poi fare molto di più per informare correttamente i genitori e per supportare le donne già prima della nascita dei figli, aiutandole nei momenti di difficoltà e modificando alcuni stereotipi culturali impostisi negli ultimi decenni, secondo i quali il latte artificiale rende la donna più emancipata e libera. Perché ciò che ha fatto la differenza, nel tempo, è stato il cambiamento culturale, che spiega perché oggi meno della metà dei neonati sono allatti al seno in maniera esclusiva fino ai sei mesi di età, come consigliato dall’Oms più di 40 anni fa.
La Lancet 2023 Series on Breastfeeding comprende, come detto, tre articoli disponibili per tutti, scritti da alcuni tra i massimi esperti mondiali di nutrizione infantile e di pediatria.
Il primo riassume ciò che si è capito finora e che non è cambiato negli ultimi decenni: nessun sostituto si avvicina al latte materno e riesce a garantire in modo altrettanto efficiente e ottimale lo sviluppo armonico del sistema immunitario, del cervello, del microbiota intestinale e di molti altri organi e tessuti del neonato. C’è di più il latte materno aiuta a prevenire obesità e diverse patologie croniche, a essere sempre sufficiente e a costo zero, e a creare un rapporto affettivo insostituibile a causa del contatto cutaneo (che regola anche la temperatura del neonato).
Il secondo è dedicato alle tecniche di marketing sempre più sofisticate messe in campo da aziende che hanno bilanci superiori a quelle di alcuni stati e che operano anche in network internazionali per influenzare le decisioni politiche, l’orientamento dei medici e la percezione della società. Il testo passa in rassegna oltre 150 ricerche che documentano le violazioni in più di 100 paesi di tutti i continenti dell’International code of marketing of breast-milk substitutes (Codice internazionale del marketing dei sostituti del latte materno) dell’Oms.
Il terzo chiama in causa direttamente la politica, sottolineando il ruolo che ha avuto anch’essa nel determinare il disastro attuale, evidentissimo soprattutto nei paesi a reddito medio e basso, e quindi ancora più vile.
Per comprendere come si sia arrivati a questo punto, è bene ricordare che la prima presa di posizione nasce nel 1971, in seguito a un rapporto investigativo sull’operato di Nestlé intitolato The Baby Killer. Il documento a sua volta dà origine, nel 1981, al Codice dell’Oms adottato su base volontaria dalle aziende e in seguito più volte ritoccato (l’ultima volta nel 2017) per cercare di renderlo più stringente. L’intento è stato giusto, ma l’esito fallimentare: negli ultimi 20 anni, le aziende hanno speso 55 miliardi di dollari all’anno in marketing e violato sistematicamente gli impegni assunti.
Il marketing del latte in polvere spesso inizia già dentro le nursery degli ospedali e negli studi medici, a volte con claim senza fondamento.
Gli argomenti su cui si basano le campagne di marketing messe in campo fino dentro le nursery degli ospedali e negli studi dei pediatri, puntano a rassicurare i genitori e a sollevarli dalla fatica dei primi mesi. Si suggerisce che il latte artificiale migliori la salute e il sonno del bambino, diminuisca le coliche e garantisca ciò che non sempre il latte materno può dare. Si tratta di informazioni prive di fondamento che, tuttavia, fanno breccia, in assenza di un supporto informativo corretto da parte delle strutture e degli specialisti.
Nei casi più estremi, poi, i prodotti recano direttamente sulla confezione claim che suggeriscono un effetto diretto sulle capacità cognitive del bambino (e il secondo studio riporta alcune foto molto illuminanti): una delle tante violazioni del Codice. Ma oggi le strategie sono anche più raffinate e adeguate ai tempi: per esempio, si assoldano influencer affinché descrivano le grandi difficoltà dell’allattamento al seno e conducano, passo dopo passo, al latte artificiale, e si promuovono online i prodotti, anche con sostanziosi omaggi, nonostante gli impegni a non farlo. In più, come detto, si fa passare l’idea che chi sostiene l’allattamento al seno lo faccia per confinare la donna in casa e tenerla lontana dal lavoro: anche per questo, tra le molte cose da fare, c’è varare, dove non presente, un assetto normativo come quello italiano, che protegga le donne nei mesi dell’allattamento, rendendolo possibile a chi lavora.
Deve poi essere interrotto il pervasivo conflitto di interessi dei medici e dei nutrizionisti, una parte dei quali continua ad accettare sponsorizzazioni e a promuovere il trasferimento di informazioni scorrette ai genitori e alle donne. Per questo congressi pseudo-scientifici, pubblicazioni e iniziative finanziate dalle aziende e contributi agli ordini professionali devono essere vietate, così come deve essere interdetta la partecipazione a qualunque comitati di salute pubblica di professionisti che abbiano rapporti commerciali con le aziende, e devono essere resi pubbliche le interazioni con i lobbisti politici.
C’è insomma tantissimo da fare, ma è anche urgente iniziare, perché la situazione attuale è fuori controllo, pur essendo il latte artificiale prezioso per quei casi in cui vi è una reale necessità. Se Lancet avrà successo lo si vedrà in futuro. Intanto, Taiwan lancia un segnale finalmente positivo: dal 2025 tutto il latte artificiale venduto dovrà avere in etichetta delle avvertenze e un nuovo logo, una madre stilizzata che allatta il suo bambino, con le scritte “il latte materno è la migliore fonte di nutrizione per i neonati” e “Il ministero della Salute e dell’assistenza sociale si prende cura di te”.
(Agnese Codignola su Il Fatto Alimentare del 01/03/2023)
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