Italia. La non via giudiziaria sulla legge sulla procreazione medicalmente assistita
“Gli ovuli fecondati vanno impiantati, anche se c’e’ il rischio che possano essere portatori di malattie genetiche”. Lo afferma il giudice monocratico di Catania, che ha respinto la richiesta di una coppia di portatori sani di talassemia che chiedeva un esame del dna prima dell’impianto e l’eventuale congelamento dell’ovulo ‘malato’.
La sentenza del giudice Felice Lima
La sentenza, emessa il 3 maggio scorso ma della quale si e’ appresa notizia soltanto lo scorso 25 maggio, e’ la prima del genere in Italia dopo l’entrata in vigore della legge 40 sulla procreazione assistita. La coppia, due dipendenti statali entrambi di 35 anni, senza figli, sollecitava anche l’invio degli atti alla Corte costituzionale, ma anche questa richiesta e’ stata respinta.
L’impianto sulla donna e’ andato avanti ma l’unico ovulo fecondato in vitro rimasto ‘vivo’ non ha attecchito. La coppia ha deciso di rinunciare alla fecondazione assistita e di avviare la pratica dell’adozione ma ha scelto ugualmente di proseguire l’azione civile, ricorrendo contro la sentenza. L’udienza di “appello” si e’ svolta davanti alla prima sezione civile penale del Tribunale di Catania nei giorni scorsi, la decisione e’ attesa per la prossima settimana.
Secondo il giudice monocratico Felice Lima, che ha respinto il ricorso della coppia, la legge sull’interruzione della gravidanza “non autorizza un uso dell’aborto come strumento selettivo dei feti, con riferimento alla loro salute”. Per il giudice questo “e’ un uso eugenetico dell’aborto certamente vietato dalla legge”
Il giudice sottolinea come con la richiesta si “invoca l’esigenza di tutelare la salute del figlio ‘desiderato’ che, diversamente da quello che realmente si sacrifichera’ e’ entita’ virtuale, del tutto astratta, esistente solo nella rappresentazione mentale dei suoi aspiranti genitori”.
“Sicche’ -scrive il giudice Lima nella sentenza nr. 4612 del 2004- si da’ l’impressione suggestiva di volere tutelare la salute del figlio, ma siccome il figlio tutelato non e’ quello reale ma quello virtuale, non si difende in realta’ alcun figlio, ma la propria volonta’ di averne uno conforme ai propri desideri, sacrificando a questo obiettivo, per tentativi successivi, tutti i figli reali difformi che venissero nel frattempo”.
Il giudice nella sentenza rileva la “confusione di concetti” sui quali “si fondano le dottrine eugenetiche certamente ripudiate dal nostro attuale ordinamento giuridico”. “E su questa confusione -scrive il giudice respingendo la richiesta- si fonda anche l’affermazione contenuta nel ricorso secondo la quale l’iniziativa giudiziaria dei ricorrenti sarebbe volta a tutelare l’interesse costituzionalmente garantito e vincolante del nascituro a nascere sano”.
La donna, una paziente in cerca di cura
“E’ una legge atroce, fatta da chi non sa di cosa parla, occorre cambiarla per rispetto delle famiglie e delle donne”. “Domani torno a lavorare -annuncia la donna sentita dall’agenzia Ansa– ma riprende la mia battaglia per un diritto naturale e costituzionale: avere un figlio mio, tutto mio e sano”. L’insegnante afferma di essere “distrutta’, anche se sottolinea di non volersi arrendere: “sto vivendo un’esperienza drammatica ma non mi fermo. Sono troppo arrabbiata, e dalla mia rabbia trovo la voglia di reagire e continuare”. “Io a differenza di molti parlamentari italiani, senza cuore, vivo ogni giorno con l’handicap, perche’ faccio l’insegnante di sostegno. Molti di loro non sanno cosa sia il dolore di vedere un figlio gravemente malato. E se capitasse a una loro figlia? Che farebbero?”. “Certo ci riprovero’ ma non so come e quando. In questo momento mi sento trattata come un oggetto non come una donna. Spero che la legge cambi e possa riprovarci, perche’ non ho la possibilita’ economica di andare all’estero, in uno dei tanti Paesi Europei dove si stanno recando tantissime coppie italiane benestanti”. Dell’ipotesi adozione “per il momento” preferisce non parlare. “Perche’ devo essere ‘costretta’ ad adottare un figlio da una legge che mi vieta di averlo naturalmente? Io voglio un figlio mio, come tante altre madri”. L’insegnante ricorda “le sofferenze terribili e i dolori atroci per avere un figlio”. “Ho gia’ avuto tre aborti e non posso piu’ farne, per non rischiare di morire. Io chiedo la possibilita’ di avere impiantato embrioni sani o portatori sani di talassemia e di congelare quelli malati: non e’ un aborto eugenetico, la scienza fa passi avanti e in futuro potrebbe trovare una soluzione e ‘guarirli”‘. La donna non porta rancore nei confronti del giudice di Catania: “ha applicato una legge sbagliata che e’ un muro contro i diritti delle donne”. “Dopo avere appreso della sentenza sono stata malissimo, e sono ancora distrutta. Avevo una speranza ma ho perso due volte: davanti al giudice per colpa di una legge sbagliata e crudele e l’embrione che portavo in grembo”. “Questa situazione ha sconvolto la mia vita e quella dei miei familiari mio marito mi ha sempre sostenuto, e continua a farlo come i miei congiunti, ma non ci fermeremo: non so come, ma lotteremo ancora per avere riconosciuto un nostro diritto naturale riconosciuto in tutti i Paesi europei tranne che in Italia: avere un figlio nostro, sano”.
L’avvocato della donna, Maria Paola Costantino
“La signora e’ sconvolta, non vuole parlare con nessuno, neanche con me. Comunichiamo via posta elettronica”. Cosi’ l’avvocato Maria Paola Costantino rivela dello stato d’animo della propria assistita, un’insegnante di 35 anni, portatrice sana di talassemia come il marito, alla quale il Tribunale di Catania ha respinto la richiesta di esami sugli embrioni da impiantare facendo ricorso alla fecondazione assistita.
“E’ stata una sentenza traumatica che ha sconvolto la vita della coppia. Speravamo che una decisione cosi’ importante, un atto cosi’ grave fosse demandato dal giudice alla Corte costituzionale per un giudizio sulla legittimita’ della legge 40 sulla procreazione assistita”. “Questa sentenza non tiene conto del diritto alla salute dei genitori e dello stesso bambino. La talassemia e’ una malattia grave, che crea inabilita” devastanti nei pazienti. E’ giusto pensare a chi nasce e come deve vivere. E pensare anche alla salute della donna, fisica e psicologica che sa di avere in grembo un figlio che nascera’ con una patologia gravissima. Per questo i miei assistiti avevano chiesto di non impiantare gli embrioni eventualmente malati”.
In una lettera agli atti del fascicolo, e riportata nella sentenza del giudice di Catania, la donna ricostruisce “il calvario vissuto” con il marito per “realizzare il desiderio di essere una famiglia in senso pieno e totale”. “”Tuttavia durante questo percorso, ed in particolare nell’ultimo periodo, ho maturato una coscienza della sofferenza, in particolare quella derivante dalla malattia, che mi rende psicologicamente insopportabile l’idea di mettere al mondo e di dovere accudire, sentendomene colpevole, un figlio malato che debba vivere fra atroci sofferenze”. Per questo sottolineava al suo medico che non sarebbe stata disponibile a ricevere l’impianto di un embrione malato “ritenendo tale eventualita’ pericolosa per la mia salute fisica e psichica” e annunciava il “ricorso a pratica abortiva” se avesse concepito un feto malato.
Il medico, il dott. Nino Guglielmino
“L’impianto dell’ovulo fecondato e’ avvenuto dopo la sentenza: era riuscito con un embrione portatore sano, ma lo stato di salute della donna, che e’ molto provata fisicamente e psicologicamente, non ne ha consento lo sviluppo”. Cosi’ il dottor Nino Guglielmino del centro non profit Hera di Catania precisa i termini dello stato di salute della donna. “La signora ha avuto fecondati tre ovuli in vitro ma due si sono deteriorati. L’unico sopravvissuto e’ stato impiantato dopo la sentenza del Tribunale di Catania, e per fortuna e’ risultato essere sano. Ma purtroppo e’ andato perduto. La paziente ha avuto nei giorni successivi uno choc emotivo e fisico violento, che l’ha costretta anche al ricovero in ospedale”. Il medico ha sentito per telefono la signora, che ha 35 anni come il marito e insegna e vive in Puglia, e le e’ sembrata “molto ripresa, particolarmente combattiva”. Guglielmino sottolinea di “essere decisamente e nettamente contrario alla legge 40 sulla procreazione assistita” ma che “mai avrei violato una disposizione legale, ne’ una sentenza”. “Capisco anche il giudice che non ha fatto altro che applicare, anche se in modo rigido, una legge che e’ sbagliata, anche sul piano etico”. Al centro Hera di Catania, che e’ un punto di riferimento per la diagnosi prenatale della talassemia per il Mezzogiorno si fanno circa mille impianti l’anno. “La maggior parte delle persone che puntavano alla diagnosi prenatale prima dell’entrata in vigore della legge erano persone fertili, portatrici sane ma che avevano subito il trauma dell’aborto volontario perche’ il feto era affetto da una grave forma di talassemia”.
Il medico sottolinea anche alcune “disparita’ create dal legislatore”. “Se una donna ha avuto impiantati due ovuli e uno e’ sano e l’altro malato dovra’ decidere di tenerli entrambi o di eliminarli entrambi. Se un caso analogo avviene a una gestante rimasta incinta senza il ricorso alla fecondazione assistita, allora potra’ scegliere se tenere quello sano e abortire quello talassemico. Ma allora la vita del feto non e’ uguale sempre e per tutti e qualche donna ha piu’ diritti di altre a parita’ di condizioni”.
L’avvocato del centro medico, Gianni Baldini
“Nelle carenze della legge 40 sulla procreazione assistita c’e’ una vittima sicura: il medico, che suo malgrado e’ in balia delle decisione delle pazienti”. Lo afferma l’avvocato Gianni Baldini, legale del centro Hera di Catania. L’avvocato afferma che “il medico e’ tra due fuochi perche’ non e’ assolutamente tutelato dalla legge”. “Il giudice Lima, da tecnico, non ha fatto altro che applicare la legge, e’ la norma che e’ incompleta e non applicabile cosi’ come e’ stata redatta, perche’ mette a rischio il medico, qualunque cosa faccia”. Il legale ipotizza tre scenari possibili.
Prima ipotesi: il medico denuncia la donna e chiede l’esecuzione coercitiva del transfer embrionario con un Trattamento sanitario obbligatorio (Tso) atipico. “La forza pubblica in questo caso impone alla donna l’esecuzione del trattamento. Il medico non corre sanzioni ma rischia di essere querelato dalla paziente che, dopo il parto, puo’ chiedere un risarcimento danni in sede civile e puo’ denunciarlo per lesioni colpose aggravate e all’ordine dei medici provvedimenti disciplinari per violazione del codice deontologico”.
Secondo scenario: il medico denuncia la donna e la forza pubblica non esegue la misura coercitiva. “E’ l’ipotesi piu’ complessa nonostante l’embrione sia come noto materiale deteriorabile, infatti, al medico e’ fatto comunque e sempre divieto di crioconservarlo fuori dai casi di forza maggiore sopravvenuti. Come dovra’ comportarsi? Rischia sanzioni penali con tre anni di reclusione, una multa la sospensione dalla professione sia che faccia deteriorare gli embrioni, sia che crioconservi quelli malati che la donna rifiuta di farsi trasferire”.
Terza ipotesi: il medico non denuncia la donna, esponendosi cumulativamente a rischi di sanzione. “In tutti i casi il medico si espone a rischi di gravi sanzioni penali, civili e amministrative, il che rende la legge inapplicabile e senza soluzione per il professionista. Per questo abbiamo chiesto che la legge sia dichiarata incostituzionale”.
Alcuni commenti. di quelli contrari alla sentenza, e alla legge.
“Il caso di Catania dimostra, se mai ce ne fosse stato bisogno, che la via giudiziaria alla scelta non e’ percorribile, cosi’ come invece avevano voluto far credere coloro che approvarono questa legge sbagliata sulla procreazione assistita”, e’ stato il commento di Emma Bonino. Ricordando che i radicali stanno raccogliendo in tutta Italia le firme per indire un referendum abrogativo della legge 40, l’europarlamentare radicale ha detto che “siamo in una situazione in cui l’indignazione di molti partiti della sinistra e’ rimasta solo un’indignazione e alla proposta di fare una cosa concreta come la raccolta di firme per il referendum ci e’ stato risposto, ci vuole ben altro…”. “Sono trent’anni che mi sento fare questa proposta di ‘benaltrismo’”. “Su questa legge in particolare ci fu detto si poteva ricorrere alla magistratura, almeno per superare i punti piu’ scandalosi di questa legge, compreso appunto quello della proibizione di diagnosi pre-impianto: come si e’ letto su tutti i giornali di oggi la coppia che e’ ricorsa alla magistratura a Catania si e’ vista negare dal magistrato la possibilita’ di diagnosi pre-impianto e quindi e’ obbligata o a rinunciare alla procreazione assistita, o a impiantare ovuli magari malati salvo abortire successivamente”. “La vicenda di Silvia e di suo marito deve far riflettere”.
Su Repubblica interviene Miriam Mafai, “Una legge ideologica, iniqua e crudele cosi’ e’ violata la dignita’ della donna”. “Una legge “crudele”, cosi’ l’avevamo definita a suo tempo. La sentenza di Catania non fa, dopotutto che applicarla, e rivelarne in questo modo tutta la crudelta’. Vengono violate la liberta’ e la dignita’ della donna, avevamo detto e scritto. E la sentenza di Catania lo conferma. Sempre ieri, mentre giungeva notizia di questa sentenza, si svolgeva a Roma un incontro nazionale, promosso dal Comitato “no alla legge 40″, al quale partecipavano organizzazioni di pazienti, scienziati, bioeticisti, giuristi, parlamentari, sociologi impegnati a denunciare l’iniquita’ della legge e definire un’azione comune per cancellarla. Le possibili strade sono almeno due: il ricorso alla Corte Costituzionale, gia’ promosso da un gruppo di giuriste, e la raccolta delle firme per un referendum abrogativo, gia’ promossa dai radicali. La sentenza di Catania cancella ogni velo di ipocrisia che finora circondava la legge, l’affermazione di alcuni parlamentari che offrivano a chi protestava contro la legge la furbesca via d’uscita della sua impraticabilita’. No, la legge e’ applicabile. E’ gia’ applicata. [.] Una legge ideologica, una legge crudele, offensiva per le donne, per la liberta’ dei cittadini e della ricerca scientifica: e dunque, perche’ nessuno dei grandi partiti impegnati nella campagna elettorale per le Europee finora ne ha parlato? A che e’ dovuta la timidezza o la prudenza di tanti candidati e candidate, anche tra quanti si presentano nello schieramento di centrosinistra? Nel corso del dibattito parlamentare l’Ulivo non e’ stato capace di raggiungere una linea condivisa. E, finora, l’unica voce che si e’ alzata, con forza, contro la legge e’ quella della radicale Emma Bonino. Sarebbe un fatto positivo se il drammatico caso di cronaca di Catania sollecitasse altri uomini e donne, anche del centrosinistra, a prendere una posizione e impegni chiari per la cancellazione di questa legge. Una posizione da sostenere con rigore oggi, dall’opposizione e domani, eventualmente, dal Governo”.
“Sono gia’ 20 le coppie, pronte ad andare in tribunale, che assisteremo e sosterremo legalmente contro la legge sulla procreazione assistita”, e’ quanto annuncia Monica Soldano, coordinatrice del comitato “No alla legge 40” e presidente dell’associazione di pazienti “Madre Provetta”. “Non credo che con le linee guida del ministero della Salute saranno apportate modifiche significative alla legge. Per questo lavoreremo sugli strumenti che abbiamo a disposizione, e cioe’ i ricorsi e il referendum per cui auspichiamo, come comitato impegnato nella raccolta di firme, il sostegno trasversale da parte di partiti, movimenti e associazioni. Per ottenere cio’ lavoreremo molto sulla comunicazione, per spiegare alla gente questa legge. A tale scopo, insieme alle associazioni e alla stampa specializzata, abbiamo creato alcuni strumenti di divulgazione, come videoclip, spazi nelle piazze, un cd con canzoni, in cui uno dei testi e’ scritto dall’on. Titti De Simone, o libri, come ‘Volando con le cicogne’, realizzato dall’associazione Mammeonline”.
“E’ la conseguenza barbara di una legge che va assolutamente cancellata dall’ordinamento giuridico”. La deputata Verde Luana Zanella si dice “sconcertata” per la sentenza del Tribunale di Catania. “L’eccesso di crudelta’ contenuto nella legge sulla procreazione recentemente approvata e’ ora emerso con tutta la sua forza”. Secondo la deputata dei Verdi, e’ “indispensabile che si costituisca un ampio fronte laico che promuova una battaglia a tutto campo, a cominciare dal referendum, per costringere il Parlamento a riaprire un confronto meno impregnato di ideologia e piu’ attento alle esigenze delle persone”.
Per Valdo Spini, del direttivo Ds, “occorre un’immediata iniziativa legislativa per sopprimere veri e propri obbrobri giuridici come il divieto dell’analisi pre-impianto degli embrioni da trasferire nell’utero. Se non si vorra’ cambiare nulla si dovra’ andare al referendum e i partiti della sinistra dovranno allora impegnarsi a farlo riuscire”.
Fortemente critica verso la sentenza e la legge Chiara Moroni, capogruppo del Nuovo Psi alla Camera. “E’ ipocrita scagliarsi oggi contro la tremenda sentenza pronunciata da un giudice a Catania. Questa sentenza non fa altro che applicare la legge. E’ questa legge che e’ tremenda”. La legge, ha aggiunto, “di fatto introduce l’accanimento terapeutico e quello sanitario obbligatorio, che ora era consentito solo per gravissime malattie psichiche” e nega il diritto alla salute della donna e del nascituro. “Ora ci aspettiamo che venga dichiarata incostituzionale e ci auguriamo che la Corte Costituzionale sia rapida nel suo pronunciamento”. Tuttavia nel frattempo e’ opportuno impegnarsi per il referendum abrogativo.
”Chiedo al Governo e a tutti quei parlamentari che hanno approvato le nuove norme in materia di fecondazione assistita, molti dei quali chiedono in questi giorni il voto per le elezioni europee, quante altre vittime dovra’ mietere questa legge prima di essere modificata?”. E’ quanto chiede polemicamente Alessandra Mussolini, leader dell’alleanza elettorale per le europee ”Alternativa sociale”. ”Era stato detto in tutti i modi, in tutte le forme, in tutte le sedi che questa legge era sbagliata e pericolosa per le donne e per il feto, ma non e’ servito a nulla. Si e’ voluto giocare con la salute dei cittadini in nome dell’integralismo e dell’oscurantismo”. ”Ci troviamo in una palese quanto odiosa violazione dell’art.32 della Costituzione nel totale e colpevole silenzio di Sirchia, incapace di tutelare la salute dei cittadini, e della Prestigiacomo, completamente inadeguata a rappresentare le esigenze dei soggetti deboli”.
Il presidente del Comitato parlamentare di controllo sui Servizi segreti, Enzo Bianco, commenta “negativamente” l’ordinanza del giudice Lima ritenendola “francamente discutibile”. “La nuova legge sulla procreazione assistita e’ una stortura che offende la coscienza degli italiani. Questa vicenda che ha coinvolto una coppia pugliese, ci dimostra che siamo di fronte ad una procedura che consente l’aborto, ma che non consente la scelta dell’ovulo”.
“Una legge ingiusta e ideologica, la legge 40. Una gabbia alla liberta’ di ricerca e uno schiaffo alla dignita’ delle donne”. Lo ha dichiarato l’europarlamentare dei Ds Claudio Fava in seguito alla sentenza del giudice di Catania sulla procreazione assistita. “La sentenza emessa dal giudice monocratico Felice Lima, su ricorso presentato da due pazienti dell’associazione Hera di Catania ne ha mostrato le contraddizioni e le ipocrisie. Questa sentenza, deve essere pero’ da sprone per le associazioni dei cittadini e le forze laiche di questo Paese per definire un’azione comune contro la legge 40”. “Ho gia’ sottoscritto il referendum perche’ condivido il merito dei quesiti (fecondazione eterologa, revoca del consenso della donna, liberta’ di ricerca). E’ necessario vincerlo perche’ rappresenta una partita politico-culturale fondamentale: una di quelle che fanno fare un passo avanti o indietro al Paese”.
Alcuni commenti. di quelli contrari alla sentenza, ma non alla legge.
“La legge sulla fecondazione assistita ha alcune situazioni che vanno sicuramente modificate. D’altronde e’ un punto di partenza e non di arrivo”: questo il commento del senatore Flavio Tredese (Fi), relatore di maggioranza del disegno di legge, all’indomani della sentenza del giudice di Catania che ha vietato la diagnosi pre-impianto per una coppia affetta da talassemia. “Di queste modifiche stiamo gia’ parlando con le comunita’ scientifiche che stanno preparando tutta una serie di osservazioni per migliorare la legge”. Si pone sulla stessa linea l’onorevole Giuseppe Palumbo (Fi), sottolineando che “la legge e’ positiva in quanto ha fissato dei paletti” anche se emergono alcuni punti deboli la revisione dei quali spetta al “Comitato di esperti istituito presso il Ministero della Sanita’ per evitare l’intervento della Magistratura”. “Ci auguriamo che la sentenza, che ha creato un precedente, abbia delle finalita’ positive e che soprattutto non sia stata ‘ispirata’ da qualcuno”.
La responsabile delle Politiche Sociali della Margherita, Rosy Bindi, auspica che “il governo faccia presto le linee guida sulla fecondazione artificiale, rispettando le indicazioni dell’Ordine del giorno che avevamo presentato e che era stato accolto”. Le indicazioni, ha aggiunto, “prevedevano la possibilita’, per la donna, di revocare il consenso all’impianto, per motivi di tutela della propria salute e di quella del nascituro”. Tuttavia, ha rilevato, “solo la forzatura ideologica della maggioranza e del governo aveva impedito di migliorare gia’ in Aula la legge. Se allora fossero stati accettati i nostri emendamenti, non ci sarebbe stata la sentenza di Catania e si sarebbero evitate inutili sofferenze e umiliazioni”.
Alcuni commenti. di quelli favorevoli alla sentenza, e alla legge.
“Una sentenza incontestabile sia dal punto di vista legislativo che etico. La legge sulla fecondazione oltre a limitare un pericoloso ‘far west’ come piu’ volte detto e affermato, tutela in modo inequivocabile il diritto del concepito, del nascituro, del piu’ debole. Tutela la salute dell’embrione, oggetto dell’intervento, per evitare che venga selezionato, scartato, ucciso”. E’ quanto dichiara, in una nota, Paolo Lucchese, deputato dell’Udc e vicepresidente della commissione Affari Sociali alla Camera. “Abbiamo pensato e voluto questa legge per evitare il rischio verso cui stavamo correndo la selezione genetica in grado di sfuggire ad ogni forma di controllo. Tuttavia, questo, non ci impedisce, da legislatori attenti, di aprire una riflessione sull’opportunita’ di migliorare la legge sulla procreazione assistita”.
“Il giudice di Catania nella sua sentenza ha rispettato quello che era il corretto dettato della legge”: questo il commento della responsabile Udc per la Famiglia, Olimpia Tarzia, all’indomani della sentenza che ha vietato la diagnosi pre-impianto per una coppia affetta da talassemia. “Pur comprendendo l’intensita’ della sofferenza dei genitori dinanzi alla possibilita’ di un figlio gravemente ammalato, resta un dato ineluttabile: il diritto alla vita di ciascun essere umano, sano o malato che sia, e’ un diritto inalienabile”. Non “possiamo, secondo una logica di eugenetica , di selezione di razza, ammettere che si possa discriminare essere umani di serie A perche’ sani ed esseri umani di serie B poiche’ malati e, dunque, sopprimibili”. “La prevenzione nel campo della tutela della salute non puo’ tradursi in una soppressione arbitraria di una vita umana”.
“Si tratta di una sentenza ineccepibile, con la quale il giudice ha fatto il proprio mestiere, applicando fedelmente la lettera e lo spirito della legge sulla procreazione medicalmente assistita”, ha rilevato il responsabile nazionale di An per le politiche della famiglia, Riccardo Pedrizzi, che definisce “importante e significativo” il fatto che un giudice di Catania abbia “respinto la richiesta di una coppia di portatori sani di talassemia di poter eseguire la selezione embrionaria preimpianto” per la procreazione assistita. La decisione riafferma “che non esiste il diritto ‘al’ figlio, ma il diritto ‘del’ figlio, innanzitutto alla vita”. Pedrizzi sottolinea che la legge ammette la fecondazione artificiale “in caso di infertilita’ e sterilita’ e non come mezzo per evitare la potenziale trasmissione di malattie genetiche”. Mentre “la selezione embrionaria comporterebbe l’uccisione dell’embrione o degli embrioni eventualmente malformati” correndo il “rischio di uccidere anche l’embrione o gli embrioni sani o, comunque, di danneggiarli gravemente”. “L’ombra dell’eugenetica si allungherebbe su di noi”, afferma Pedrizzi, per il quale se si ammettesse la selezione si affermerebbe che “per avere un figlio sano si possono uccidere i suoi fratelli malati”, mettendoci sulla strada della “selezione della razza di Hitler e del dott. Mengele”. Pedrizzi precisa poi che la legge non obbliga la donna a “ricevere l’impianto in utero di un embrione malato”, ma la pone nella stessa condizione di chi procrea naturalmente, che “puo’ ricorrere all’aborto cosiddetto terapeutico una volta che, ad esempio con esami come l’amniocentesi, venisse a sapere che il figlio che porta in grembo e’ malformato”.
Secondo Pedrizzi “le linee guida e il decreto del ministro della Salute che le definira’ dovranno fare la medesima cosa” e “non e’ nemmeno pensabile che con un provvedimento governativo si possa aggirare la chiarissima volonta’ espressa dal Parlamento”.
Alcuni commenti dei “tecnici”
E’ stata “strettamente applicata l’attuale legge sulla fecondazione assistita”, e’ questo il commento del genetista Bruno Dallapiccola. La legge “consente la diagnosi pre impianto ed eventualmente la terapia, ma non permette di selezionare l’embrione”. La diagnosi delle malattie genetiche, ha aggiunto, “e’ quindi demandata piu’ in avanti nel tempo ma non e’ possibile con la legge di cui disponiamo e questa non sara’ modificata dagli allegati attesi per il 10 giugno”. Dallapiccola rileva comunque che la diagnosi pre-impianto “resta una diagnosi sperimentale” e che, di conseguenza, “ha effettivamente limitato una tecnica sperimentale”. Amniocentesi e analisi dei villi coriali restano quindi le tecniche di diagnosi pre-natale piu’ sicure e attendibili allo stato attuale delle conoscenze. Diverso e’ il discorso per le coppie sterili nelle quali entrambi i partner sono portatori di malattie. “E’ legittimo il loro desiderio di voler avere subito la verifica dello stato di salute dell’embrione. Ma ad oggi la legge non lo permette”. Sotto questo aspetto, ha rilevato, “dovrebbe essere modificata, in futuro, se ci sara’ la volonta’ di farlo”.
Per Carlo Flamigni, membro del Comitato nazionale di Bioetica, “il giudice ha interpretato troppo rigidamente la legge che prevede il diritto della donna a conoscere le condizioni di salute del feto”. “Oggi e’ possibile eseguire indagini genetiche in una fase precedente lo stato embrionale. L’analisi dei globuli polari, i due corpiccioli che vengono espulsi dall’uovo prima e subito dopo la fecondazione, quindi in una fase pre-embrionale, non comporta, alcuna manipolazione. Con un atteggiamento protervo si e’ voluto reprimere le possibilita’ della scienza”. Sentito da Il Mattino sull’opportunita’ di abrogare la legge per via referendaria risponde: “Non credo che il referendum abrogativo possa avere successo perche’ i sondaggi dicono che la maggior parte dei cittadini e’ favorevole a questa legge. Si e’ fatta tanta cattiva informazione per far passare l’idea che senza queste norme sarebbe sopravvissuto il cosiddetto Far west della provetta, e l’opinione pubblica alla fine se ne e’ convinta. Personalmente, quindi, nutro maggiori speranze nella giurisprudenza”.
La legge sulla fecondazione assistita “va corretta” anche perche’ “si stanno confermando le paure che erano state espresse a suo tempo sull’effetto che questa legge avrebbe avuto”, a sostenerlo e’ il prof. Marco Filicori (del Centro di Endocrinologia della Riproduzione dell’Universita’ di Bologna e direttore scientifico di GynePro Medical). “Credo che un po’ tutti quelli che lavorano nella fecondazione assistita siano d’accordo nel dire che ci sono molte cose che non funzionano bene. E’ chiaro che ci sono stati degli eccessi in passato, con un mancato autocontrollo da parte di gruppi come ordini dei medici e societa’ scientifiche. Pero’ questa legge e’ chiaramente in contrasto con tutto cio’ che avviene nel resto del mondo”. La legge ha “dato un colpo molto grave a tutti gli studi che permettono di valutare meglio quale sia la qualita’ degli embrioni e se ci sia il rischio di trasmettere malattie genetiche e di vario genere. Ha proibito cose come donazioni di ovocito e donazioni di spermatozoi. Ognuno ha diritto di vederla a sua modo ma non si capisce perche’ sia possibile donare un organo e non sia possibile donare uno spermatozoo”.
Una mozione al Senato e un appello su Repubblica per cambiare la legge, mentre al referendum mancano ancora non poche firme.
Cambiare la legge sulla fecondazione assistita, o predisporre altri strumenti che evitino nuovi drammatici casi. E’ quanto chiedono, con una mozione depositata lo scorso 26 maggio in Senato, oltre venti senatori del centrosinistra e sottoscritto anche da un rappresentante della Lega, Rossana Boldi, che aveva gia’ detto il suo no alla legge durante l’esame a palazzo Madama. “La vicenda di Catania dimostra che questa pessima legge, appena approvata, sta gia’ producendo i suoi terribili effetti”, dichiara la senatrice diessina Vittoria Franco, prima firmataria. “Le vittime sono le donne, costrette, se possono permetterselo, ad andare all’estero, o, come in questo caso, ad acconsentire all’impianto di un embrione malato. Abbiamo fatto di tutto per cambiare questa legge inumana, ma non ci e’ stato possibile. Ora i fatti ci stanno dando ragione, ed e’ necessario correre ai ripari, con qualunque strumento, anche con modifiche normative”.
“La legge sulla procreazione medicalmente assistita -si legge nel testo della mozione- entrata in vigore lo scorso marzo, sta gia’ producendo effetti negativi per le coppie infertili, sterili o portatrici di malattie ereditarie. I primi dati rivelano un aumento del fenomeno del cosiddetto ‘turismo procreativo’ che favorisce le coppie piu’ facoltose e discrimina le donne e gli uomini che non vogliono o non possono recarsi all’estero. Solo ieri il Tribunale di Catania ha emesso una sentenza sfavorevole alla richiesta di una coppia di portatori di talassemia di procedere a diagnosi pre-impianto allo scopo di selezionare gli embrioni sani. Tale divieto, previsto dalla nuova normativa, contrasta con il diritto alla salute riconosciuto dalla nostra Costituzione, producendo sofferenza, soprattutto alla donna costretta ad abortire dopo l’impianto, nel caso che l’amniocentesi dia un risultato positivo e che la donna non voglia portare avanti la gravidanza”.
“Centinaia di ricercatori chiedono di poter utilizzare embrioni soprannumerari al fine di far progredire la ricerca sulle cellule staminali. Impegna il Governo ad assumere ogni iniziativa, anche di tipo legislativo, per addivenire a soluzioni che evitino il ripetersi di situazioni drammatiche e angosciose ai danni delle coppie che ricorrono o intendono ricorrere alla procreazione medicalmente assistita”.
Il 27 maggio sulle pagine del quotidiano Repubblica, viene pubblicato l’appello “Questa legge e’ sbagliata”: “Le nuove norme sulla Fecondazione Assistita negano il diritto alla scelta delle coppie che hanno difficolta’ ad avere figli. Facciamo appello al Parlamento e alle forze politiche perche’ mettano al piu’ presto in atto ogni tipo di iniziativa per correggere o cancellare la legge 40, pericolosa per la salute delle donne, repressiva delle liberta’ personali e scientificamente sbagliata”. Tra i primi firmatari: Edoardo Boncinelli, Massimo Cacciari, Carlo Flamigni, Margherita Hack, Marina Mengarelli, Rita Levi Montalcini, Alberto Oliverio, Chiara Saraceno. L’appello e’ online a questo indirizzo, nel giro di poche ore erano gia’ migliaia le firme: clicca qui
Al direttore di Repubblica.it, Vittorio Zucconi, e ai promotori dell’appello scrivono direttamente Emma Bonino e Luca Coscioni per il comitato promotore del referendum abrogativo della legge sulla Pma. “Come certamente sapete abbiamo lanciato dal 13 aprile un referendum abrogativo della legge sulla fecondazione assistita. Riteniamo che il referendum sia l’unico strumento possibile per “correggere o cancellare la legge 40”. Infatti, questo Parlamento si e’ gia’ dimostrato insensibile agli appelli sottoscritti da piu’ di 2.500 scienziati e da centinaia di medici ginecologi, alle proteste organizzate dentro e fuori dell’Aula, alle voci di buonsenso che hanno espresso il loro dissenso all’interno degli stessi partiti che hanno voluto approvare questa legge senza accogliere neanche una delle proposte piu’ ragionevoli di riforma.
Non c’e’ alcun motivo per cui l’ampia maggioranza trasversale che ha voluto fino in fondo questa legge decida di tornare sui suoi passi e modificarla. E comunque, il modo migliore per assicurare che questo avvenga e’ proprio attraverso il referendum.
Abbiamo poco tempo! Se entro il 30 settembre non riusciremo a raccogliere le 500 mila firme necessarie, (e siamo pronti a raccogliere le firme anche sui quesiti di abrogazione parziale, che abbiamo gia’ depositato in Corte di Cassazione), non si potra’ tenere alcun referendum fino al 2007, dato che la legge impedisce consultazioni referendarie nei sei mesi precedente le elezioni politiche, che com’e’ noto si terranno nel 2006. Se quindi vogliamo portare gli italiani ad esprimersi su questa legge nel 2005, dobbiamo assicurare le firme oggi, da subito.
Caro direttore, cari firmatari, come vedete avevamo gia’ messo “al piu’ presto in atto ogni tipo di iniziativa per correggere o cancellare la legge 40”. Sta a voi ora trasformare il vostro appello invitando a firmare e a raccogliere le firme necessarie. Sul sito clicca qui abbiamo reso disponibili per tutti gli strumenti e le informazioni necessarie”.