L’insetto è servito

Il gastronomo giramondo probabilmente avrà già avuto l’occasione di assaggiare le chapulines messicane, i jing leed thailandesi o le Ica brasiliane. Le prime sono delle mini cavallette tostate. I secondi sono dei grilli fritti venduti a Bangkok. Le ultime sono formiche regina di circa 2,5 cm servite fritte o ricoperte di cioccolato.

L’uso di insetti in questi piatti tipici di culture gastronomiche lontane non solo geograficamente dalla nostra desta certamente curiosità. Non si può dire altrettanto delle recenti autorizzazioni alla commercializzazione di insetti a scopo alimentare in Europa da parte della Commissione europea.
Ricapitoliamo la tematica per fare chiarezza su alcuni punti.

Innanzitutto, non si tratta di “imposizioni” o “invenzioni” del legislatore europeo. La Commissione europea non fa che applicare il quadro normativo adottato dagli Stati membri e dal Parlamento europeo. L’Europa, infatti, impone, questo sì, che ogni nuovo cibo (“Novel Food”) passi per una procedura di autorizzazione al fine di proteggere il consumatore europeo.

È nuovo, qualsiasi prodotto non consumato regolarmente in Europa prima del 1997 (data del primo regolamento sui nuovi alimenti). “Nuovi alimenti” possono essere prodotti alimentari innovativi di recente sviluppo, prodotti alimentari nati utilizzando nuove tecnologie e processi di produzione, nonché alimenti che sono tradizionalmente consumati al di fuori dell’Unione europea.

Ad esempio, i semi di chia fino a pochi anni fa erano perfettamente sconosciuti nella nostra dietetica, come pure gli insetti. Nel 2021, l’Europa ha autorizzato le larve di coleottero molitor. Poi, nel 2022, un verme della farina, una locusta migratrice, un grillo, in forma congelata, essiccata e in polvere. Chissà perché solo ora, dopo la fine del Covid, tutto questo polverone per le ultime due autorizzazioni del gennaio 2023 di un altro verme della farina e di un grillo domestico in polvere, in forma parzialmente sgrassata.

Una prima risposta può essere giustamente la fine del Covid. Sopite le polemiche su vaccini e microchips, occorre riconoscere che vi sono tutti gli elementi per gli amanti del complotto: l’Europa che “impone” segretamente (le autorizzazioni sono su domanda, la procedura è pubblica, basta leggere gli atti ma probabilmente è troppo chiedere); aspetti tecnici e innovativi su cui proiettare fantasie e paure nate dall’ignoranza, esattamente come per i vaccini (ci sarebbe già chi millanta la cancerogenicità dei residui di guscio di insetti…).

Piuttosto è legittimo chiedersi se la regolamentazione offra tutte le garanzie di sicurezza per questi nuovi prodotti. A questo proposito, sulla base della legislazione, i nuovi alimenti devono essere, sicuri ed etichettati correttamente, in modo da non indurre in errore i consumatori.

L’etichettatura permetterà non solo di sapere se stiamo mangiando insetti ma di proteggere coloro che sono allergici, i vegetariani o chi segue prescrizioni religiose. Di sicuro non li mangeremo a nostra insaputa come il mezzo kilo annuo medio di insetti che finiscono involontariamente nei cibi o sotto forma di additivi come il rosso di cocciniglia, ricavato da un insetto e usato come colorante alimentare da decenni.

Per ora resteranno ugualmente dei prodotti di nicchia per due ragioni. In primo luogo, sono prodotti costosi e non sostituti economici di altri ingredienti.

Occorrerà vedere se l’uso ne farà dei prodotti di più semplice produzione che altre farine proteiche dato che gli insetti necessitano di regole più semplici (e costi inferiori) in tema di spazi, risorse e benessere animale. Le farine di insetti potrebbero attirare l’appetito di industriali in cerca di un nuovo olio di palma: materia inodore, insapore, incolore e soprattutto buon mercato usata come “riempitivo” di migliaia di prodotti alimentari industriali.

Un altro argomento di “vendita” è quello di dire che saranno benefici per l’ambiente in quanto fonti di proteine con minor impatto ambientale. Secondo il metodo di calcolo “waterfootprint” (impronta idrica), a fronte di circa 15.000 litri d’acqua necessari per produrre una bistecca di un kilo, per l’equivalente in insetti ne basterebbero 800 litri. Un uso come mangimi per animali è molto più probabile, se i costi di produzione potranno essere ridotti.

In secondo luogo, l’autorizzazione non significa che tutti noi mangeremo insetti. La commestibilità di un nuovo cibo deve sempre fare i conti con la dimensione culturale e soggettiva. La maggioranza della popolazione non è pronta ad ingerire insetti (non a caso sono presentati sotto forma di farine o fritti) come del resto prova disgusto a ingerire muffe o cibi fermentati.

Intanto, la buona cucina italiana è salva. Tortellini alla larva o pizze alla cavalletta resteranno a lungo degli esperimenti di cuochi in mancanza di idee e clienti. Quanto all’uso di farine in prodotti di più largo consumo (biscotti, pasta…) non resta che consigliare la normale attenzione del consumatore alla lettura dell’etichetta onde evitare prodotti ultra-trasformati che, come gli insetti, nulla hanno di nocivo ma di certo non servono alla causa della buona cucina fatta di ingredienti semplici e ricchi di sapori naturali.

(Daniele Bianchi su Georgofili.Into del 01/03/2023)

 

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