La giustizia in soccorso del clima. Dopo l’Olanda anche il Pakistan

Una piccola rivoluzione sul fronte della giustizia climatica sta per avvenire in Pakistan, uno dei Paesi piu’ colpiti dal riscaldamento del Pianeta. L’Alta Corte di giustizia di Lahore ha ordinato, a meta’ settembre, la creazione di un “consiglio climatico” per costringere lo Stato pakistano a considerare questo aspetto nella propria attivita’.
Un agricoltore si e’ rivolto ad un tribunale contro la passivita’ del ministro pakistano sui cambiamenti climatici, perche’ avrebbe leso i “suoi diritti fondamentali”. Il Pakistan e’ stato vittima di inondazioni mortali in questi ultimi tre anni, provocate in parte dai vicini ghiacciai dell’Himalaya. L’aumento delle temperature fa crescere i rischi di siccita’, cosi’ come la minore intensita’ delle piogge durante un monsone, mettendo in pericolo la produzione agricola del Pese da cui dipende meta’ della popolazione per la propria sopravvivenza.
Il giudice ha ritenuto che il Governo non aveva intrapreso nessuna iniziativa in merito per attuare la politica nazionale di azione sul clima stabilita nel 2012. Il giudice dice: “per il Pakistan, il cambiamento climatico non e’ piu’ una minaccia lontana e noi ne stiamo gia’ subendo gli impatti nel Paese e nella regione”. Il “consiglio climatico” raggruppera’ i rappresentanti di diversi ministeri e della societa’ civile, tra cui anche alcune ONG, e sara’ presieduto da un avvocato specializzato in diritto dell’ambiente. Dovra’ supervisionare, rendendone regolarmente conto alla giustizia, diverse iniziative come l’ottimizzazione dell’irrigazione e l’eliminazione progressiva delle pompe motorizzate ad acqua.
La rilevanza giuridica della protezione del climatica
In un Paese roso dal terrorismo e dalla corruzione, i poteri politici del Pakistan sembrano aver abbandonato questa materia. “Malgrado ci sia un politica sul clima, nessuno se ne preoccupa”, scrive l’avvocato pakistano specializzato sulle questioni ambientali, Ahmad Rafay Alam, sul sito thethirdpole.net, che ha richiesto l’intervento di un tribunale per convocare le autorita’ sulla loro mancanza di iniziative e sulle loro magre scuse per giustificare questa mancanza.
Se la decisione dell’Alta Corte di Lahore fara’ giurisprudenza, i cittadini potrebbero considerare lo Stato come responsabile della sua mancanza di iniziativa nella lotta contro il cambiamento climatico. Bisognera’ verificare se questa giustizia climatica portera’ poi a delle azioni concrete. E questo gia’ lo constatava il piano pakistano sul cambiamento climatico, redatto nel 2012: il Paese soffre di “scarsi mezzi tecnici e finanziari” per adattarsi al riscaldamento climatico.
E’ la seconda volta che un tribunale costringe uno Stato ad agire in uno specifico settore. Nello scorso mese di giugno, un tribunale de L’Aja ha ordinato allo Stato olandese di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra nel Paese di almeno il 25% entro il 2020, in rapporto al 1990, e questo in seguito ad una iniziativa di una ONG di difesa dell’ambiente, Urgenda. Dare rilevanza giuridica alla protezione del clima potrebbe estendersi ad altri Paesi, come il Belgio, dove un tribunale e’ stato gia’ chiamato in causa su questa materia. “Di fronte alla delusione che nasce dalla mancanza di efficienza degli impegni pubblici e privati per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra, i ricorsi al giudice si moltiplicano”, dice Laurent Neyret, specialista di diritto ambientale e professore all’Universita’ di Versailles, facendo notare che “solo una ONG che sia riconosciuta come portatrice di pubblici interessi potrebbe lanciare un ricorso simile, e non un semplice cittadino come e’ accaduto in Pakistan”.

(articolo di Julien Bouissou, corrispondente da New Delhi per il quotidiano Le Monde, pubblicato il 05/10/2015)