Giovanardi e i suoi buchi nel cervello

Incontro insolito quello avvenuto in comunità, non dobbiamo nascondercelo.
Quando abbiamo ricevuto la telefonata della segreteria di Giovanardi che chiedeva di poter venire a San Benedetto ci siamo detti… bhè la nostra é una porta aperta sulla città accogliamo e diamo ascolto a tutti, poveri, tossicomani, disperati chiunque passi insomma, figuriamoci se non ascoltiamo Giovanardi!
E così e’ stato, ci siamo trovati nella sede genovese della comunità per ascoltare la scoperta scientifica più importante del nuovo millennio: «La droga buca il cervello», abbiamo le prove scientifiche!
Sarà il Dr. House-Serpellonni capo del nuovo dipartimento sulle droghe a supportare «scientificamente» il nuovo slogan delle destre, la tesi e’ semplice: attraverso lo scannig della scatola cranica sono visionabili “macchie” di diverso colore, «queste macchie rosse rivelano che qui si e’ perso il 5 per cento della sostanza celebrale».
Incredulità degli astanti, stampa compresa. Non serve un neurologo per dire che lo scannig è uno strumento di recente concezione che mostra le diverse coloriture delle corteccia celebrale in funzione… peccato che quelle «macchie» nessuno sa ancora con certezza cosa siano e ognuno le interpreta come vuole per dirla con le parole di Don Gallo, «Belin! Che lo spinello faccia venire il buco al cervello non ci credo, non diciamo belinate!»
La disputa si conclude con la consegna da parte nostra di un documento tratto dalla Beckley Foundation, un recente dossier sulla cannabis compiuto da un osservatorio mondiale e presentato il tre ottobre scorso all’House of Lords di Westminster in collaborazione con l’Università di Oxford che riequilibra scientificamente e politicamente le loro amenità, per sintetizzare banalmente ciò che e’ proibito non può essere regolato e su ciò che non può essere regolato non possono esistere dati scientifici certi.
Inoltre dei loro allarmismi neurologici neanche l’ombra.

Appare chiara sin dalle prime battute di ieri (due giorni fa, ndr) la campagna di semplificazione e paura «La droga buca il cervello!» amplificare la mistificazione,creare allarme per spostare la realtà delle cose: Quali sono i benefici di 50 anni di proibizionismo, nel mondo e in Italia? Nell’ultimo anno e mezzo di attuazione della sua legge quali sono stati i miglioramenti? Che dati, anche falsi, avete?
Non crede che siamo di fronte a un emergenza educativa tale per cui gli under 20 non conoscono minimamente le sostanze che assumono? E lo stato del servizio pubblico (SERT) che e’ in ginocchio tra le privatizzazioni dei servizi e i tagli alla spesa pubblica?
Le risposte alle domande non arrivano, Giovanardi le elude, nega l’evidenza e l’esistente.
Arriva solo la sfida da parte sua e da noi rifiutata: tre nostri esperti contro tre vostri esperti a Roma per discutere della droga che buca il cervello!
Arrivano poi in risposta le nostre due promesse di lavoro: a Trieste, in marzo, sede della prossima conferenza governativa sulle droghe ci impegneremo per costruire una mobilitazione insieme a tutte quelle voci scientifiche, persone, studenti, genitori, consumatori, operatori, comunità di accoglienza e spazi sociali che non si arrendono di fronte alle dinamiche di controllo e propaganda del proibizionismo.
Dando vita ad un luogo di contestazione e messa in discussione di chi mente sapendo di mentire.

A Genova, ci impegneremo nella nostra battaglia per sperimentare luoghi igienici del consumo, sul modello della sala Baluard di Barcellona.
Il tentativo di spot «Lo spinello buca il cervello» di Giovanardi nella nostra comunità non è andato a buon fine, ma appare evidente ormai come le argomentazioni e le campagne su toni sensazionalistici volte a generare paura e controllo sociale necessitano da parte nostra un salto di qualità nel creare opposizione da un punto di vista culturale, scientifico e sociale.

La semplice libertà di consumo, intesa come esaltazione del consumo di massa, che abbiamo sperimentato in passato nel mobilitarci piuttosto che l’abuso di sostanze rischia di inserirsi perfettamente all’interno dei meccanismi di controllo biopolitico.

Servono quindi nuove sinergie fra i soggetti che prima citavamo e che intendiamo mobilitare in vista di Trieste, serve una maggior consapevolezza e la capacità di generare un dibattito politco che rompa gli argini della sola discussione sui consumi.
Servono la rabbia e la lucidità di chi vorrà mettere nell’angolo in quei giorni di marzo chi vuole vederci sotto controllo ai margini delle città e delle metropoli.
Tutto questo dipenderà certamente da noi.

* della Comunita’ di San Benedetto al Porto (Genova)