Germania. I ricercatori nel campo minato delle leggi
Non sono stati molti, finora, i ricercatori tedeschi che hanno espresso entusiasmo per le sperimentazioni con le cellule staminali embrionali. All’Istituto Robert Koch di Berlino, cui competono le autorizzazioni, sono pervenuti soltanto cinque progetti, di cui due ancora in fase istruttoria.
Questa reticenza dipende forse dalla convinzione di qualcuno tra loro che le cellule staminali adulte offrano piu’ possibilita’ nel reperimento di tessuti e organi sostitutivi. O forse e’ stato l’aspro dibattito di questi anni a scoraggiarli. E’ comunque probabile che un freno lo ponga l’incertezza giuridica riguardo alla protezione dell’embrione, come dimostra il caso di Oliver Bruestle. Lo studioso di Bonn ha tenuto fermo per due anni il suo progetto di coltivare cellule nervose a partire da staminali embrionali, in attesa delle conclusioni del dibattito nella societa’ e della relativa legge. Quando un anno fa e’ entrata in vigore la legge sulle cellule staminali, Bruestle ha potuto importare linee di cellule staminali da Israele e proseguire la sua attivita’.
Tuttavia, secondo la Societa’ tedesca per la Ricerca (DFG), quella legge contiene aspetti giuridici poco chiari rispetto alla cooperazione internazionale. Percio’ ha chiesto due pareri legali, che sono stati illustrati il 3 luglio durante una “serata parlamentare” a Berlino.
Le due perizie legali dimostrano che il presidente della DFG, Ernst-Ludwig Winnaker, si aspettava il peggio. Il fulcro delle sue preoccupazioni era questo: esiste la possibilita’ per gli esperti tedeschi di collaborare a progetti internazionali o comunque di avallarli anche quando in un Paese estero non si operi con i parametri validi in Germania? La legge tedesca consente infatti soltanto l’importazione e l’utilizzo di cellule staminali embrionali isolate prima del primo gennaio 2002. Nello scenario negativo prospettato dalla DFG c’era il timore che i ricercatori tedeschi fossero costretti ad astenersi dai consessi internazionali piu’ aperti e che dovessero troncare qualsiasi collaborazione con colleghi stranieri che operassero in difformita’ della legge tedesca. E cio’ avrebbe un unico significato: l’isolamento.
I due pareri legali, uno firmato dall’esperto di Diritto Penale Albin Eser e uno dall’avvocato Hans Dahs, non solo rafforzano i peggiori timori, ma segnalano anche i rischi penali insiti in una cooperazione internazionale, soprattutto per dei funzionari pubblici. A questo riguardo e’ stata fatta una distinzione tra l’attivita’ che qualcuno svolge all’estero e quelle portate avanti all’estero su richiesta di persone residenti in Germania. Dahs ritiene che in linea di massima un ricercatore tedesco possa lavorare all’estero su cellule staminali embrionali isolate in difformita’ dalla normativa tedesca, purche’ quella sperimentazione sia stata autorizzata nel Paese ospitante. Altrettanto legittimo sarebbe l’operato di periti e consulenti in loco. Dahs ritiene anche possibile che dalla Germania parta un supporto tecnico, scientifico e di consulenza a programmi di ricerca effettuati all’estero. Tuttavia, da tutto cio’ sarebbero esclusi i ricercatori aventi un ruolo e una funzione pubblica. Se un ricercatore-funzionario dello Stato tedesco volesse lavorare all’estero con cellule staminali embrionali, o comunque in ambiti tuttora problematici, dovrebbe mettersi in aspettativa.
Anche secondo Eser l’utilizzo di cellule staminali embrionali all’estero non e’ soggetto alla legge tedesca fintanto che le conseguenze di quell’attivita’ rimane confinata in quel Paese. Diverso sarebbe se un ricercatore tedesco, dal proprio posto di lavoro in Germania, stimolasse o desse direttive a un suo collega all’estero per un’attivita’ che preveda l’utilizzo di cellule staminali vietate in Germania.
In conclusione: ai ricercatori tedeschi spetta il difficile compito di vagliare bene tra le varie fattispecie. E anche se i due pareri legali hanno chiarito qualche aspetto, e’ certo che la ricerca con le cellule staminali embrionali continua a essere un campo minato.