Germania. In merito alla diagnosi preimpianto: a quale embrione pensate?
Alla vigilia della pronuncia parlamentare sulla diagnosi preimpianto, che il 7 luglio ha ottenuto il via libera, Romano Minwegen, medico e avvocato, autore di saggi di teoria giuridica sulla tutela dell’embrione, poneva questo quesito: Che cosa intendete quando parlate di embrione? La sua tesi è che la legge che lo tutela sia irrimediabilmente obsoleta, essendo inevitabile che l’apparato normativo arranchi dietro ai progressi della biologia cellulare.
Qui il suo articolo
Nella sentenza del 6 luglio 2010, la Corte di giustizia federale (BGH) ha sostenuto che l’uso di cellule pluripotenti nella diagnosi preimpianto è eticamente ammissibile. L’argomento, secondo cui in questo caso non si tratti dello stesso embrione contemplato dalla legge, si poggia sul paragrafo 8 della stessa, quando stabilisce che l’embrione è: “l’ovocita umano fecondato, capace di svilupparsi in individuo a partire dalla fusione del nucleo, e anche qualsiasi cellula totipotente prelevata dall’embrione che, in condizioni adatte, riesca a dividersi e a svilupparsi in individuo”.
Invece, le cellule pluripotenti sono cellule umane che hanno sì la capacità, in ambiente adeguato, di moltiplicarsi attraverso la divisione cellulare, e in grado, se le condizioni lo consentono, di svilupparsi, loro o le loro figlie, in diverse cellule specializzate, non però in un individuo. La Corte ha dunque ribadito che da qui nasce il presupposto per usare, nella diagnosi preimpianto, delle cellule embrionali che dopo lo stadio a otto cellule non siano più totipotenti.
Questa pronuncia s’innesta nella demarcazione tra cellule totipotenti e pluripotenti. Quando fu varata la legge di tutela dell’embrione (1990) ancora non era stata elaborata la possibilità della “complementazione tetraploide”. Con l’aiuto di questa tecnica, introdotta negli anni ’90 per provare la capacità di sviluppo di singole cellule, è stato possibile creare nuovi topolini da linee staminali embrionali pluripotenti.
Embrioni ricavati da cellule pluripotenti
La complementazione tetraploide si svolge più o meno così: Con degli espedienti tecnici si fa in modo che gli embrioni ai primi stadi si fondano in cellule con un quadruplo corredo cromosomico -il doppio del normale. Le cellule con il quadruplo corredo cromosomico, capaci di svilupparsi solo limitatamente, vengono messe insieme alle cellule pluripotenti, che praticamente vi si aggiungono come un panino imbottito. Questa struttura viene poi impiantata nell’utero. Nel topo si sviluppano, in una certa percentuale, dei nuovi individui. Così, il nuovo topo deriva esclusivamente dalle cellule di linee cellulari pluripotenti. Le cellule con il quadruplo corredo cromosomico formano solo tessuti extraembrionali, per esempio la placenta.
Da questo risultato emerge con evidenza che la legge di tutela dell’embrione non è più attuale. Mediante la tecnica descritta si possono creare in provetta degli individui a partire esclusivamente da cellule staminali embrionali. Con ciò la definizione legale di legge di tutela dell’embrione si fa ambigua. La cellula staminale embrionale è in grado “in presenza di altre condizioni necessarie (in questo caso l’aggiunta di cellule con il quadruplo corredo cromosomico) di dividersi e di svilupparsi in un individuo”. Dunque, queste cellule sarebbero da considerare totipotenti in base alla legge. Dunque, la legge di tutela dell’embrione viene scardinata dalla complementazione tetraploide. La distinzione tra cellule embrionali totipotenti e pluripotenti non è più sostenibile nel momento in cui viene generato un nuovo individuo.
Lo stesso dicasi per lo stadio adulto. La nuova comparabile tecnica per creare “cellule staminali pluripotenti indotte” (iPS) da cellule somatiche -della pelle o da tessuto adiposo- ha ulteriormente accentuato questa situazione. Poiché dalle cellule iPS del topo è già stato possibile, con la complementazione tetraploide, allevare nuovi individui, definire queste cellule come (anche qui solo) pluripotenti è discutibile.
Decisivo è l’annidamento nell’utero
Con la formazione di individui a partire da cellule pluripotenti, tutto l’impianto legislativo dev’essere rivisto. Non è pensabile che le cellule totipotenti derivate da embrioni o da cellule pluripotenti, da cui si possono altresì ottenere individui, possano essere penalmente tutelate da manipolazioni. Proprio perché manca un ragionevole criterio per decidere quali cellule possano essere ancora manipolate. Giacché, per ottenere un fondamento solido, dove per esempio tutte le cellule siano classificate come totipotenti, si dovrebbero criminalizzare numerosi e importanti campi della medicina attuale.
Per coerenza, bisognerebbe, per esempio, inasprire anche la legge sull’aborto. Se un feto può essere abortito, se gli embrioni possono essere uccisi con “la pillola del giorno dopo”, allora non si capisce perché non si possa fare ricerche con cellule ottenute in provetta. E d’altro canto, l’inasprimento della legge sull’aborto non pare facilmente praticabile in Germania. Ma se già le normali cellule somatiche adulte sono potenzialmente totipotenti, ancorché non un embrione nel significato contenuto nella legge che lo tutela, allora non si possono vietare la clonazione riproduttiva, la formazione di chimere o di cellule ibride -per lo meno fintanto che la punibilità attiene alla qualità dell’embrione.
D’altro canto, si potrebbe pensare di liberalizzare la ricerca su cellule embrionali e di proibire solo, come atto sanzionabile, l’impianto nell’utero di cellule così manipolate. Infatti, dall’annidamento dell’ovocita fecondato segue quello che nell’interpretazione della Corte federale è l’inizio di un essere con sufficienti potenzialità per renderlo titolare di dignità umana. Tuttavia, di fronte alle variegate possibilità di trasformazione insito nel “piano” per divenire uomo delle cellule totipotenti, la coerenza è difficile da mantenere. Oltre alla formazione di un individuo, la cellula totipotente può diventare, a seconda delle condizioni in cui si trova, un clone, un tumore, una parte dell’organismo materno (nel cuore di alcune mamme sono state trovate cellule funzionanti del bambino), linee cellulari potenzialmente immortali, chimere in grado di vivere, e così via.
Se si parte dal fatto che un nuovo, ragionevole approccio scardina la differenza tra cellule staminali totipotenti e pluripotenti, allora ha senso dire che si può fare ricerche sulle cellule embrionali -ed eseguire la diagnosi preimpianto- fino al momento di impiantarle nell’utero. Solo quando è avvenuto l’inserimento nell’utero interverrebbe la tutela della vita umana. Ne consegue che la diagnosi preimpianto, eseguita sulle cellule prima dell’impianto, dovrebbe essere autorizzata anche in base alla legge vigente.
(articolo di Romano Minwegen per la Frankfurter Allgemeine Zeitung, 06-07-2011. Traduzione di Rosa a Marca)