Gb. Via libera a embrione in vitro per aiutare bimbo malato
La Corte d’Appello di Londra ha stabilito che la fertilizzazione in vitro per sottoporre gli embrioni a screening genetici e’ legale.
Con questa sentenza viene rovesciato il precedente verdetto dell’Alta Corte, dando cosi’ nuove speranze a una famiglia indiana residente in Gran Bretagna di poter guarire il figlio di quattro anni da una malattia incurabile. Il bambino, Zain Hashmi, e’ affetto da una grave forma di talassemia, una malattia ereditaria, conosciuta anche come anemia mediterranea, che colpisce i globuli rossi con conseguenze sul livello di emoglobina.
Di fronte a questo quadro i medici del Park Hospital di Nottingham lo scorso anno avevano ritenuto possibile percorrere una strada per aiutare il bimbo malato, dando vita, tramite tecniche IVF, ad un fratellino sano e geneticamente compatibile con il piccolo paziente. Per fare questo avevano pensato ad una procedura conosciuta come diagnosi genetica di pre-impianto (PGD). In questa tecnica, tre giorni dopo la fecondazione viene prelevata una cellula da ogni embrione, che a quello stadio ne ha in media dalle sei alle dieci. Le cellule estratte vengono inviate ad un laboratorio specializzato di Chicago, studiate e selezionate in modo da venire incontro alle esigenze del piccolo malato. Dai risultati delle analisi viene isolato l’embrione piu’ compatibile, che viene poi impiantato nell’utero della madre. Si tratta di un esame dei tessuti estremamente complesso (Human Leukocyte Antigen Test) nel quale il margine di errore e’ altissimo e potrebbe determinare l’inutilita’ della procedura per le finalita’ di cura. Questa procedura e’ stata autorizzata dalla Corte d’Appello, nonostante che una sentenza dello scorso dicembre, emessa dall’Alta Corte, avesse stabilito il contrario. Secondo questa sentenza infatti, la Human Fertilization Embriology Authority (HFEA) non aveva il potere di rilasciare autorizzazioni a procedere di questo tipo.
“Crediamo che quello che stiamo facendo sia la cosa giusta per Zain”, ha dichiarato la madre del bambino, Shahana Hashmi, “faremo tutto cio’ che e’ in nostro potere per assicurare a nostro figlio il suo diritto alla vita”. E il padre ha proseguito: “Non stiamo programmando un figlio, e non lo stiamo clonando. Ameremo questo bambino a tutti gli effetti. Tutto cio’ che desideriamo e’ salvare nostro figlio da questo terribile destino.”
Ma tra le voci dissenzienti e’ emersa quella di Josephine Quintavalle, leader del gruppo “Comment on Reproductive Ethics”, che ha commentato: “Proviamo compassione per Zain e per tutti gli altri bambini che soffrono per la stessa malattia. Ma fare un bambino per comodita’ terapeutica, come fosse una banca di organi, non e’ sicuramente una cura etica”.