Francia. L’eutanasia entra nel dibattito elettorale

Nel 2002, l’istanza di un “aiuto attivo” (“aide active”) fu scartata dal candidato socialista alle elezioni presidenziali, Lionel Jospin, malgrado che sua madre, Mireille, fosse una militante storica dell’Associazione per il diritto a morire con dignita’ (ADMD) e si fosse data la morte il 6 dicembre 2002. Ma oggi la proposta compare senz’ambiguita’ nel programma presidenziale del Partito Socialista. “Presenteremo in Parlamento il disegno di legge Vincent Humbert sull’assistenza medicalizzata per morire con dignita’; la legge dovra’ consentire ai medici, nel rigoroso rispetto della volonta’ del loro paziente, di dare un aiuto attivo alle persone in fase terminale di malattia incurabile o che si trovino in uno stato di dipendenza che essi giudicano incompatibile con la loro dignita’”. Se Segolene Royal non si e’ mai espressa pubblicamente in proposito, non ha pero’ mai nemmeno smentito l’idea di una nuova normativa. Al contrario. Il 24 agosto 2006, rispondendo alla missiva di un delegato di ADMD, affermava di “essere in totale accordo con il progetto” del suo partito. “L’accompagnamento delle persone alla fine della vita e’ un tema che mi sta molto a cuore e che e’ importante da inquadrare, rispettando strettamente la volonta’ del malato. Sono particolarmente attenta a che la dignita’ della persona, malata o no, sia assicurata in tutte le circostanze”, scriveva la futura candidata. Tradizionalmente, la questione del fine vita divide abbastanza nettamente il paesaggio partitico: favorevoli alla depenalizzazione dell’eutansia PS, i Verdi, LCR e Corinne Lepage mentre nel PCF e’ un tema ancora discusso; a destra, tranne MPF e FN, ferocemente ostili a ogni proposito di messa in discussione della sacralita’ della vita, UDF e UMP si attengono alla loi Leonetti sul fine vita del 22 aprile 2005, che instaura il diritto a “lasciar morire”. “Questa legge ci sembra sufficiente per morire con dignita’. Se le cure palliative sono adeguate, non c’e’ necessita’ di ricorrere all’eutanasia”, spiega Jean-Luc Prehel, responsabile per la Sanita’ dell’UDF. Una posizione non condivisa da Henriette Martinez, deputata di UMP, membro dell’associazione ADMD ed autrice di una proposta di legge sull’aiuto a morire. La signora Martinez considera la legge Leonetti una prima tappa, ma insufficiente. “Ho misurato il carattere inumano della legge quando ho perso mio padre; dopo la sospensione dei trattamenti ci ha messo piu’ di una settimana a morire”, spiega con emozione. “Perche’ allora non avere il coraggio di fare un gesto attivo, se il risultato e’ atteso? Bisognera’ pure che la legislazione evolva su una questione etica fondamentale”.

I militanti pro-eutanasia interpellano i candidati
La donna non accetta che si possa defraudarla del suo destino. Alta ed elegante, sempre bella a 81 anni, Marguerite M. vive con una convinzione “ancorata nel profondo” di se stessa: rifiuta di subire la decadenza fisica legata alla sua malattia e vuole poter decidere, liberamente, il momento della propria morte. Se desidera conservare l’anonimato e’ per non compomettere l’iter che ha avviato presso l’associazione svizzera Dignitas, che, a ben precise condizioni, offre assistenza al suicidio. “Non posso sopportare l’idea di non essere piu’ padrona della mia vita, dopo essere sempre stata indipendente. Non accetterei mai d’essere sminuita”, dice con un sorriso disarmante. La sua decisione e’ tutto fuorche’ un tic passeggero. Da un mobiletto estrae vecchi cartoncini, le sue prime tessere d’adesione ad ADMD, che risalgono ai primi anni 1980. Allora aveva 57 anni, e iniziava un percorso sanitario che le avrebbe fatto subire, in vent’anni, tre interventi per cancro. “Qualche mese fa ho avuto un guaio cardiovascolare, che mi ha definitivamente confortato nella mia decisione di partire prima che sia troppo tardi”, spiega. Marguerite M. vive “con terrore” una fine analoga a quella di suo marito, morto tre anni fa. Contrariamente a sua moglie, egli non aveva mai desiderato d’anticipare la morte e se n’era andato “dolcemente”, dopo numerose settimane di cure palliative. “Alla fine, non era rimasto piu’ nulla di lui, se non i suoi grandi occhi… Per me era orribile, sono stata profondamente traumatizzata da quest’esperienza”. Rimasta sola, “non comprendo che si neghi il diritto”, in Francia, di morire in liberta’. “Non aspetto che una cosa: che il mio dossier venga accolto in Svizzera. Allora, forse, potrei ritrovare il gusto di vivere ancora un piccolo momento…”.
Benche’ continui a bandire la possibilita’ di un aiuto attivo a morire, la Francia ha fatto comunque dei passi avanti sulla questione del fine vita. Nell’ondata emotiva sollevata dal caso Vincent Humbert, il giovane tetraplegico che sua madre aiuto’ a morire nel 2003, il 22 aprile 2005 il Parlamento ha adottato una nuova legge. Il testo stabilisce il divieto dell’accanimento terapeutico ed autorizza il sollievo dal dolore anche a rischio d’abbreviare la vita. La legge offre pertanto ai medici una protezione giuridica e rafforza il diritto dei malati di rifiutare le cure. In questo modo essa instaura il diritto a “lasciar morire” ma non permette, in nessun caso, di scegliere il momento della propria morte. Per molti malati questa legge non risponde all’angoscia di non potere gestire la propria vita fino alla fine. Anche Dominique Decker pretende “che si rispetti il momento in cui (ella vorra’) andarsene”. A 47 anni, dopo la recidiva di un tumore al seno particolarmente maligno, sta considerando seriamente le condizioni della propria morte. “Sconvolta” dal caso Humbert, si e’ iscritta all’ADMD un anno fa, sia per se’ sia per i suoi familiari. L’intento e’ che il suo compagno e suo figlio familiarizzino con l’idea della sua morte, visto che sono i soli che dovrebbero farsene carico. Da allora, ella milita a favore di una legge che riconosca l’aiuto attivo a morire: “L’idea d’essere soggetta al volere dei medici mi e’ insopportabile. Voglio poter decidere della mia vita. Oggi si hanno quasi tutte le liberta’, e perche’ allora non posso avere quella di decidere della mia morte”, s’indigna. Disporre di se stessi fino alla fine, con tutta lucidita’, e’ la parola d’ordine di una nuova generazione di militanti di ADMD, che oggi conta oltre 40.000 aderenti e scopre quest’esigenza dei “baby-boomers” ora in pensione. A 57 anni, Claude Hury, Segretario generale dell’associazione, ne e’ una tipica rappresentante. “Appartengo alla prima generazopne di donne che hanno militato per l’aborto e per la gestione della fecondita’. Abbiamo rotto il tabu’ del sesso e ora non vogliamo subire il tabu’ della morte”, sostiene. Con l’invecchiamento della popolazione, la questione della morte interpella di frequente i giovani pensionati che si devono confrontare con il fine vita, spesso doloroso, dei loro parenti molto anziani. Per ancorare il tema alla campagna elettorale, ADMD inviera’, nei prossimi giorni, un libro bianco ai candidati e ai parlamentari, intitolato “Fine dell vita, una nuova legge e’ indispensabile”. Il documento, contenente una trentina di casi drammatici di famiglie che descrivono situazioni d’accanimento terapeutico ai danni di loro parenti molto anziani o di persone gravemente disabili che chiedevano il diritto di morire, cerca di dimostrare che la legge Leonetti sul fine vita dev’essere sostituita. ADMD auspica di poter cosi’ riaprire il dibattito sulla depenalizzazione dell’eutanasia, e progetta, per l’inzio di marzo, d’invitare i candidati all’elezione presidenziale a una grande serata di dibattito.

* da Le Monde del 29 gennaio 2006
traduzione di Rosa a Marca