Eutanasia, il New Hampshire respinge proposta di legge per legalizzarla
La Camera dei deputati del New Hampshire ha respinto mercoledì scorso una proposta di legge per legalizzare il suicidio medicalmente assistito.
Il voto, 242 contrari e 113 favorevoli, è risultato molto meno sbilanciato rispetto a quello della commissione Giustizia che a novembre aveva respinto il testo con un margine molto più ampio (14 voti contrari e solo 3 favorevoli).
La proposta, HB 304, presentata da Charles Weed, avrebbe permesso ad una persona maggiorenne capace di intendere e di volere, affetta da malattia incurabile e con prognosi infausta, di ottenere da un medico la prescrizione di un farmaco letale. La richiesta, secondo il testo, doveva avvenire per iscritto, e l’autorizzazione avrebbe dovuto avere il parere di due medici, ove necessario, anche di uno psichiatra.
“La funzione del Governo non è di incoraggiare il suicidio fra giovani e anziani”, ha commentato la deputata conservatrice Nancy Elliott. “(Questa legge) incoraggia l’abuso sugli anziani”.
Molti dei voti contrari, però, non sono stati determinati da una contrarietà ideologica all’autodeterminazione nel fine vita. Diversi parlamentari hanno infatti espresso dubbi sul linguaggio adottato nel testo, che avrebbe lasciato adito a interpretazioni troppo ampie.
Simili critiche al testo erano già state espresse a novembre in commissione. La deputata Lucy Weber, che aveva introdotto la mozione per bocciarla in sede consultiva, aveva detto di essere favorevole alla legalizzazione del suicidio assistito, ma aveva criticato quella proposta in quanto non teneva conto delle leggi attualmente in vigore. “Non ci sono plotoni di esecuzione in questo testo. Non sono previste iniezioni letali. Questa legge non permette ai medici di decidere quando terminare la vita di un paziente o allo Stato di determinare il fine della vita. Invece sancisce l’autodeterminazione dell’individuo, ma ha bisogno di essere migliorata”, aveva detto Weber.
Un altro punto controverso della legge, largamente ignorato dal testo appena respinto, riguardava l’immunità da procedimenti penali per quei medici e familiari che assistono un paziente a togliersi la vita. La legge statale, infatti, prevede fino a dieci anni di carcere per il reato di assistenza al suicidio.