Eutanasia in Francia. Dibattito rilanciato da una giovane youtuber
L’annuncio pubblico di una giovane youtuber della sua volontà di ricorrere al suicidio assistito in Belgio rilancia il dibattito sulla questione, e più in particolare sull’eutanasia dei pazienti con disturbi psichiatrici.
Come molte ragazzine della sua età, “Olympe” (è uno pseudonimo) pubblica sui social le immagini di una vita apparentemente idilliaca, fatta di viaggi dall’altra parte del mondo e shopping, che le ha permesso di creare in pochi anni una comunità di oltre 250.000 fan. Ma l’11 gennaio la giovane 23enne ha postato su Instagram un video molto diverso dalle sue solite pubblicazioni, dal momento che esprimeva il desiderio di ricorrere al suicidio assistito in Belgio. “Ricorrerò al suicidio assistito, anche se sono una persona molto resiliente, ho i miei limiti e sono stati spinti all’estremo, so benissimo che potrei fare terapie ma sono esausta” spiega la youtuber, in lacrime .
Da diversi anni, Olympe spiega attraverso i suoi video di soffrire di disturbo dissociativo dell’identità (DID), una malattia psichiatrica così rara che la sua stessa esistenza è contestata da alcuni psichiatri, ma che troviamo invece molto spesso messa in scena nei thriller americani (“Psychosis” e “Fight Club” per esempio). Nel programma di testimonial di France 2 “Inizia oggi”, la giovane aveva spiegato nel 2021 di convivere con quindici personalità diverse, chiamate “alter”, nella sua mente.
Il video di Olympe è stato ampiamente discusso nei giorni scorsi da diversi psichiatri, su entrambi i lati del confine belga. Diversi specialisti belgi dell’eutanasia hanno voluto invalidare le parole della giovane, che afferma di aver già programmato la sua eutanasia per la fine dell’anno. “Non pianifichiamo la fine della vita a così lunga distanza”, spiega il professor François Damas, che risponde alle richieste di eutanasia all’ospedale di Liegi.
Questo grande difensore della legge belga sull’assistenza attiva al morire ricorda anche che l’autorizzazione all’eutanasia viene concessa solo dopo un lungo iter durante il quale viene esaminato lo stato psichiatrico del paziente, procedura che l’Olympe ovviamente non ha ancora avviato. «Nessuno ha sentito parlare di Olympe tra i medici belgi che lavorano nelle consultazioni di fine vita, ci vuole il follow-up e il parere di due psichiatri che certifichino che le sue condizioni non possano migliorare per ottenere un accordo per l’eutanasia», spiega lo specialista. .
Il dottor Yves de Locht, un medico generico di Bruxelles che pratica l’eutanasia, afferma di essere stato contattato da Olympe ma non l’ha ancora incontrata né consultato la sua cartella clinica. “Gli psichiatri vorranno senza dubbio mettere una cura, vedere come si evolve, per lei sarà un percorso lungo e difficile”.
Il Belgio è un modello da seguire?
Mentre un’assemblea dei cittadini composta da cittadini estratti a sorte lavora dal 9 dicembre all’evoluzione della legislazione francese in materia di fine vita, alcuni, tra cui lo stesso Presidente della Repubblica, chiedono di ispirarsi alla legge belga. Il Belgio, che ha legiferato in materia nel 2002, è uno dei Paesi che consente in maniera più diffusa l’assistenza attiva alla morte, essendo legale l’eutanasia per i bambini e per le persone che soffrono solo di disturbi psichiatrici. Tuttavia, quest’ultima indicazione continua a generare dibattito. Lo scorso ottobre, la copertura mediatica del caso di Shandi de Corte, una donna di 23 anni depressa che ha fatto ricorso al suicidio assistito, ha suscitato importanti discussioni.
In Francia, il Comitato consultivo nazionale di etica (CCNE) raccomanda di autorizzare il suicidio assistito solo per le persone che soffrono di disturbi somatici. In un recente sondaggio condotto sul nostro sito, il 58% dei nostri lettori si è detto favorevole alla legalizzazione dell’assistenza attiva al morire, ma non è stato intervistato su questo delicato tema dei disturbi psichiatrici. La complessità di questi casi è illustrata dalla richiesta di Olympe, sulla quale il Dr. Christian Falvigny, psichiatra infantile, ritiene che non debba essere “presa alla lettera”. “L’intenzione del suicidio non è mai nei giovani un desiderio di morire, pretendendo di assisterlo provocandone la morte, non è afferrare la mano disperata che ci tende (…) avallare l’opzione della morte non tradurrebbe la nostra empatia nei confronti della sua sofferenza ma il fatto di esserne disinteressato” considera questo accanito oppositore della legalizzazione dell’eutanasia.
(Quentin Haroch su Jim – Journal International de Médecin del 23/01/2023)
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