Eutanasia. Anna Bert, un caso francese
Anne Bert ha 59 anni, e’ scrittrice, vive a Saintes (Charente-Maritime), ed e’ malata di SLA (sclerosi laterale amiotrofica). E’ una malattia neurodegenerativa, progressiva, che colpisce i muscoli: la persona e’ cosciente, ma poco a poco non puo’ piu’ muoversi, respirare, poi muore. Il processo e’ irreversibile, con tappe ben precise.
In primavera, Anne Bert ha scritto una lettera aperta ai candidati all’elezione presidenziale francese perche’approvassero il diritto all’eutanasia. Con determinazione, diceva: “Decidere di accorciare la fine della mia vita piuttosto che vegetare murata prima di morire e’ un evidente scelta basata sulla mia visione dell’esistenza. Lo faccio in uno stato di lucidita’, che mi procura un po’ di pace. Questa decisione non e’ egoistica, ma riguarda le persone che mi circondano a mi aiutano meravigliosamente bene, ma che rispetteranno questa mia cosi’ difficile decisione perche’ mi amano”. Diversi candidati avevano sostenuto il suo appello. Questa estate, ha avuto una lunga conversazione telefonica con il nuovo ministro della Solidarieta’ e della Salute, Agnés Buzyn.
La tua misura
Queste ultime settimane, tutto sembra andare piu’ veloce. Puo’ darsi perche’ la possibilita’ si avvicina, Anne Bert parla. Parla molto, con la sua voce sorprendentemente tranquilla. Si concede senza limiti, su tutti i media. Su France Inter, sui canali di informazione. Scrive anche degli editoriali sulla stampa. Un documentario e’ in preparazione sulla fine della sua vita, e un libro che sta per pubblicare ad ottobre, con un titolo esplicito: “le Tout Dernier Eté” (ndr: tutta l’ultima estate) (ed.Fayard). Anne Bert ha deciso: non vuole zittirsi prima di morire. Considera che e’ arrivata alla fine di quello che lei puo’ vivere. Ha deciso di morire, e tra qualche giorno si rechera’ in un ospedale in Belgio dove le sara’ prescritta una pratica eutanasica, cosi’ come lo prevede la legge belga.
In Francia, quando dei malati sono colpiti dalla Sla sono alla fine della loro vita, e si ritrovano in una zona grigia. La legge Claeys-Leonetti di febbraio del 2016, che permette una “sedazione terminale”, sembra che non sia soddisfacente per rispondere a queste situazioni. La persona e’ lasciata spesso sola, e infatti dipende dall’équipe medica e dalle circostanze. Alcuni medici aiutano i loro pazienti di Sla, altri no. Molti malati, in ogni caso, sono di fronte ad una scelta libera, di fronte a medici che spesso ripetono loro: “Si’, io la capisco, ma non posso aiutarla”.
Quando si ascolta, o quando si discute con Anne Bert, si e’ colpiti dal tono misurato che lei conserva. Partigiana sicuramente, ma senza paraocchi. Non si blocca, non cerca di provocare le emozioni di chi l’ascolta. A volte si riscalda nel rapporto, come quando scrive l’ultima frase del suo libro: “Non si e’ seri quando si va a morire”. E sicuro, questo? Lei parla con sincerita’ e degli ultimi giorni che avanzano: “Non ci sono particolari emozioni, e’ come sempre. Non ci sono emozioni perche’ e’ cosi’ che, anche se si sa che e’ l’ultima volta, c’e’ qualcosa in te che non puo’ concepirlo”. Lei si crede, si ascolta.
“Testimonianze spaventose”
Dopo un recente confronto con lei, ci si domanda semplicemente: “Cosa si potrebbe fare per farle piacere?”. Gliel’abbiamo chiesto. Due giorni dopo, ci ha risposto con un lungo SMS: “Ho rifelttuto su cio’ che mi ha chiesto e penso che quello che mi piacerebbe, e’ di chiarire cio’ che non voglio che si dica sul fine vita, e cio’ che implica la libera scelta”. Quello che lei vuole, quindi, e’ la liberta’ di scelta: “Quando non c’e’ piu’ nessuna speranza, chiedere di beneficiare delle cure palliative o di avere un aiuto reale per morire, devono coesistere e coabitare. E questo sara’ possibile solo con una legge per il diritto di scelta. Non voglio piu’ che non si dica che in Francia, ormai, nessuno soffre piu’ in ospedale nel fine vita, fino a pubblicare delle testimonianze spaventose di cio’ che ancora succede in questi mesi, ed io le ho ricevute. Voglio ricordare che non ci sono che 4.000 letti per le cure palliative per circa, ogni anno, 200.000 persone che muoiono per malattia”.
Anne Bert ha ragione: la legge Claeys-Leonetti non ha risolto di colpo la questione del fine vita medico. Poi, lei ci racconta questa storia: “Ho parlato dal mese di marzo con un giovane uomo colpito dalla stessa mia malattia, e che e’ gia’ costretto a letto. Lui e’ molto credente, ha una figlia piccola, ha fatto una scelta contraria rispetto alla mia, noi abbiamo un confronto intelligente e tollerante. Mi dice che crede che io non sia pericolosamente contagiosa nel decidere di rendere pubblica la mia scelta e a chiedere una legge. A forza di spiegazioni, lui capisce e continuiamo ad avere uno scambio, anche stamane, cio’ che mi fa dire in modo fraterno e’ che possiamo accettare gli uni e gli altri di decidere in modo differente della propria vita, nella legalita’, ed e’ solo facendo ascoltare il tutto che queste mentalita’ cambieranno, e che i poteri occulti dei potenti saranno vinti. Ecco cio’ che posso ancora dire. Aprire il dibattito pubblicamente mi porta piu’ messaggi insistenti che mi dicono che Dio o altre divinita’ mi aiuteranno e mi salveranno”. Anne Bert e’ cosi’: sostiene che ognuno abbia la scelta, semplicemente.
(Articolo di Eric Faverau, pubblicato sul quotidiano Libération del 13/09/2017)