Eredità del lontano passato. Un antico virus torna utile
Non abbiamo un buon rapporto con i virus. L’esperienza recente con il Coronavirus (SARS-CoV-2), che nel nostro Paese ha infettato quasi 27 milioni di persone e ha provocato la morte di 196mila pazienti, ha lasciato un brutto ricordo. I virus che aggrediscono sono molteplici – dal semplice raffreddore, all’influenza, dalle epatiti al vaiolo e alla poliomielite – e l’elenco delle malattie virali è lungo.
Stupisce la notizia che un virus abbia favorito l’evoluzione del nostro cervello.
I resti di un’antica infezione virale sono stati essenziali per la produzione di mielina, una sostanza che isola le fibre nervose nella maggior parte dei vertebrati. Alcuni virus inseriscono il Dna nel materiale genetico delle cellule che invadono. A volte questi inserimenti diventano permanenti e favoriscono i processi evolutivi. La mielina aiuta i nervi a inviare segnali elettrici più velocemente, ad allungarsi e ad assottigliarsi in modo che possano essere concentrati in modo più efficiente. Come risultato della mielina, il cervello è diventato più complesso e i vertebrati sono diventati maggiormente diversificati.
Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica “Cell”, ripreso da “Nature”, spiega i meccanismi attraverso i quali un virus antico rilascia parte del proprio Dna nella cellula ospite, influenzando le successive attività metaboliche.
La mielina è una guaina isolante che circonda gli assoni neuronali, cioè il prolungamento della cellula nervosa che conduce gli impulsi dal corpo cellulare alla periferia. Questa innovazione che appare per la prima volta nei vertebrati con mascella, ha consentito una rapida evoluzione degli impulsi nervosi, cervelli più complessi e una maggiore diversità morfologica. Nel corso dell’evoluzione, i vertebrati sono stati esposti a molteplici ondate di infezione da retrovirus, cioè di microorganismi in grado di convertire il proprio genoma da Rna a Dna, integrandosi nella cellula ospite che viene sfruttata per la sintesi delle componenti virali. Esiste una categoria di retrovirus, chiamati endogeni umani, che si sono integrati anche con il nostro patrimonio genetico e sono in grado di infettare le cellule germinali (l’uovo femminile e lo sperma maschile) per essere trasmessi in eredità alle generazioni successive. Li abbiamo ancora nel nostro organismo fino a costituire l’8% del genoma umano. Sebbene la maggior parte delle antiche sequenze virali siano state interrotte, alcuni geni retrovirali endogeni umani si sono conservati e codificano ancora proteine a noi funzionali, contribuendo allo sviluppo della mielina. La conservazione di questi geni attraverso l’evoluzione è altamente indicativa di una pressione selettiva esercitata dall’ospite a causa degli effetti benefici forniti da tali geni. Insomma, nel tempo, abbiamo “addomesticato” geni che generano le sostanze necessarie a formare la guaina delle fibre nervose.
Tutto sommato, è una buona eredità.
(Articolo pubblicato sul quotidiano LaRagione del 26 Marzo 2024)
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