C’era una volta il Paese dell’agopuntura…

Una volta, tanti anni fa, gli imperatori cinesi della dinastia Han si misero alla ricerca dell’elisir di lunga vita. Una ricerca vana, che non fece maturare i frutti sperati, ma che dette vita a bellissime leggende. Oggi, a distanza di qualche migliaio di anni, la Cina di Jiang Zemin ha ripreso in mano quell’antica eredita’ culturale e si sta impegnando con profitto nel campo della medicina rigenerativa. Molti dei ricercatori cinesi che solo qualche anno fa emigravano verso i laboratori occidentali stanno addirittura rientrando nella madre patria, attratti sia dai finanziamenti che da una legislazione decisamente permissiva nel campo della ricerca sulle staminali embrionali. “Dobbiamo creare un ambiente stimolante, in cui la creativita’ scientifica prosperi insieme a una valorizzazione commerciale innovativa” ha suggerito di recente lo stesso Jiang Zemin, presidente della Cina popolare. Ed ecco che al laboratorio di Lingsong Li sono arrivati ben 4 milioni di Usd di finanziamenti e di copertura delle spese strutturali per tre anni. Questa erogazione di fondi dell’universita’ di Pechino, del Governo centrale e di alcune societa’ a capitale misto, al “Peking University Stem Cell Research Center” della professoressa Li non e’ una novita’. In Cina lo studio e la ricerca sulle cellule staminali sta andando avanti a ritmi che in occidente sono inimmaginabili. Attraverso una continua contaminazione tra commercio e ricerca, Li Lingsong e il suo staff di 50 collaboratori, sta approdando, per esempio, a protocolli di cura per le malattie cardiovascolari, disordini neurologici e diabete, attraverso l’utilizzo di cellule staminali embrionali.

Qualche giorno fa il The Wall Street Journal riportava come il team del professor Guangxiu Lu del “Xianga Medical College” a Changsha, sia nella fase della creazione di cloni di embrioni umani con l’obiettivo di estrarre cellule staminali e che alla “Shangai Second Medical University” la professoressa Huizhen Sheng abbia gia’ estratto cellule staminali da embrioni creati dalla fusione di cellule di pelle umana con ovociti di coniglio. L’unico problema sottolineato dai rari, ma prestigiosi, analisti scientifici che hanno avuto il privilegio di studiare sul campo la realta’ cinese, sembrerebbe risiedere ancora nel divario esistente tra gli standard dei laboratori di ricerca e la situazione ospedaliera cinese, ancora molto primitiva. Solo i dirigenti e i “nuovi ricchi”, accenna per esempio Carina Dennis di Nature, potrebbero utilizzare i protocolli di cura in cliniche private altamente attrezzate e poco si sa sui limiti di natura etica che il Governo potra’ imporre in futuro ai ricercatori della diaspora cinese rientrata in patria. Per ora sappiamo che i ricercatori di Shangai adottano linee guida, pubblicate nell’unico documento di “bioetica” esistente (o conosciuto) in Cina, quello del Comitato di Bioetica del Centro Genoma di Shangai (Zhongguo Yixue Lunlixue, 2001), che si ispirano alla legislazione inglese. Con una sola differenza: il permesso di utilizzare i cosiddetti embrioni ibridi, creati dalla fusione di cellule umane con ovociti di altri mammiferi ai quali e’ stato rimosso precedentemente il loro nucleo.

Uno degli aspetti inquietanti di questa avventura cinese, che senza dubbio stimola importanti riflessioni a causa dell’opportunita’ quasi unica nel mondo di far avanzare rapidamente la ricerca sulle staminali embrionali attraverso standard di notevole sicurezza, con personale di esperienza nel settore, e’ quello politico. Sappiamo che per il confucianesimo, religione tra le piu’ seguite in Cina, l’uomo ha valore come essere sociale e che le antiche tradizioni etiche cinesi prevedono la capacita’ di comunicare quale unico requisito di valore per l’essere vivente, e sappiamo anche che su queste antiche tradizioni, con un certo opportunismo, si e’ andata configurando la nuova filosofia del Governo cinese. Si chiama “renkou suzhi” e con questo slogan Pechino ha inteso esprimere il concetto, un po’ ambiguo, di “qualita’ della popolazione”. Un concetto, a meta’ strada tra l’ideologico e il salutista, che ha dato vita ad una vera e propria politica di particolare attenzione alla ricerca scientifica sulle staminali embrionali e al conseguimento dell’obiettivo di “produrre” cinesi sani fin dal concepimento, evitando cosi’ gli aborti (all’ordine del giorno nella Cina popolare a causa della severa politica di controllo demografico) e i numerosi controlli statali sulla stato di salute del cittadino.

Una volta la Cina era il Paese dell’agopuntura, tecnica medica “alternativa” che oggi ha trovato ospitalità perfino nello scettico occidente, una “scienza” antica di millenni, associata all’equilibrio cosmico e spirituale fra yin e yang. Con estremo gusto del paradosso Pechino lascia però l’agopuntura alle mode alternative occidentali, e dall’occidente acquisisce le ultime tecnologie della ricerca scientifica. Oggi la Cina guarda al futuro, ma vi guarda ancora con gli occhi antichi degli imperatori Han, pieni di crudeli sogni e mitiche leggende, forse, ma con un marketing decisamente innovativo che potrebbe, e dovrebbe, far riflettere, anche provocatoriamente, i vari Comitati di bioetica europei in generale, e quello italiano in particolare.