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È da tempo che mi propongo di fare un elogio al marketing, anche se nelle attività di massa è sempre piu’ una fabbrica di balle. Quando ben utilizzate, le cosiddette leve del marketing risolvono problemi. Per esempio, ha eliminato uno dei principali stress di fanciulli e adolescenti, tanto che chi oggi frequenta scuole elementari, medie e superiori neppure conosce il termine ‘quattrocchi’.
La pubertà è l’età delle tempeste ormonali, dove ogni problema diventa IL PROBLEMA. L’umore è ballerino con picchi di onnipotenza e depressioni cosmiche. Con il fisico che muta velocemente, si ha difficolta’ a riconoscersi e ci si confronta sistematicamente con gli altri per trovare conferme, conforto e rassicurazioni. E se si scopre una differenza rispetto AGLI ALTRI scatta il dramma. Anche perche’ in questa marea di insicurezze imperversano i meccanismi ‘selvaggi’ di presa in giro del DIVERSO. Come il quattrocchi, appunto: il ragazzetto/a costretto a indossare occhiali, per decenni vittima di scherno (il bullismo non è nato su Internet, Youtube e Facebook, c’è sempre stato). Anche grazie al marketing, i bulletti antiquattrocchi non ci sono più. Facendo diventare gli occhiali un accessorio alla moda, gli ha tolto la puzza di malattia che prima aveva, alla stessa stregua di una stampella. Ora è quasi vietato non indossarli … (un eccesso).
Come è stato risolto il problema dei quattrocchi?
Il marketing è una disciplina che studia in modo approfondito il consumatore e il contesto in cui opera, oltre naturalmente agli aspetti tecnologici degli specifici settori. Utilizzando gli strumenti del mestiere (analisi sociologica, psicologica, tecnologica, ecc.) in modo appropriato, gli esperti risolvono problemi reali ai consumatori, facendo ovviamente gli interessi dell’azienda per cui lavorano.
Quando ciò succede, i ‘geni’ del marketing, idealmente, seguono questo iter: studio di un problema/bisogno, individuazione di un prodotto/servizio idoneo allo scopo, concepimento di una campagna di informazione efficace, per proporlo al pubblico.
Nel caso dei quattrocchi:
1) individuazione del problema/bisogno: evitare il trauma di portare gli occhiali e le conseguenti prese in giro, che dissuadono dall’uso di un accessorio indispensabile alla vista e in definitiva alla buona salute;
2) concepimento di un prodotto idoneo allo scopo: montature colorate e di diverse forme studiate perché almeno una calzi a pennello sul viso e risponda al gusto di ognuno;
3) campagne pubblicitarie e informative ben studiate, sfruttando il nome di grandi stilisti per ‘marchiare’ occhiali e spot.
Le grandi firme, le regine del superfluo, in quest’occasione hanno risolto un problema concreto. Ma il loro marchio è servito solo perché dietro c’era sostanza e un patrimonio di credibilità.
Il marketing efficace e le campagne di pubblica utilità
Ma non sempre il marketing fa un buon servizio ai consumatori. Molti ‘geni’ del marketing prima si inventano uno slogan accattivante, attorno a questo ci concepiscono un prodotto/servizio e poi si ‘inventano’ un bisogno. Così nasce l’acqua che depura o il conto correte ricaricabile o altre amenità inutili.
Nonostante questi rischi, un approccio ‘marketing’ farebbe bene ad alcuni settori. Pensiamo ai servizi pubblici, sia erogati direttamente dagli uffici statali, comunali o regionali, sia da società controllate. Oppure alle campagne di educazione civica.
Non sono mancati tentativi. Sono molte le campagne di comunicazione lanciate per indurre i cittadini a comportamenti più responsabili. In generale si tratta di iniziative quasi del tutto scollegate dal contesto organizzativo di chi le promuove e che mirano a suggerire/imporre comportamenti virtuosi, senza indagare fino in fondo la psicologia del destinatario del messaggio.
L’emblema, in negativo, di questo approccio, è la campagna che ogni anno la Rai rifila agli italiani per stimolarli a pagare il canone/imposta. Fior fiore di testimonial ripetono che la Rai è bella e buona. Ma la disaffezione aumenta. In questo caso, non tanto per la naturale avversione verso le tasse, ma per LA TASSA. Infatti, non è credibile un messaggio se credibile non è l’oggetto pubblicizzato e le regole connesse.
Ancor più negativo è l’approccio delle istituzioni nell’ambito della prevenzione delle tossicodipendenze. L’obiettivo dichiarato dai vari governi è quello bandire le droghe. Obiettivo fallito su tutti i piani e per due motivi: si veicolano dati fasulli (a cominciare dal proclamare pericoloso per la salute e per la vita anche un solo spinello), non tenendo conto della psicologia del destinatario del messaggio, i giovani, che proprio nella fase di tempesta ormonale di cui sopra, vengono ‘sfidati’ con un approccio dogmatico al mondo dei vizi. Metodo deleterio anche per i grandi.
Ps. La logica con cui i ‘geni’ del marketing hanno ‘abrogato’ i quattrocchi è una nostra ricostruzione a posteriori.
A.d.u.c.
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