Educazione sessuale. Puah, che schifo! …
Sull’educazione sessuale c’è un grande dibattito in Svizzera. Ma come si svolge concretamente una lezione di sessualità? Visita in classe.
Sono appena passate le nove e la domanda ha qualche pertinenza. “L’alzabandiera mattutino non ha molto a che fare con il sesso”, risponde Pius Widmer. L’uomo (63 anni) s’occupa della materia da una ventina d’anni. E’ pedagogo sessuale e spiega ai maschietti come si può portare la vescica piena all’erezione del membro. “Mettersi nella posizione di fare la pipì, premere il pene un po’ in basso”.
Segue molta anatomia, ma i ragazzi di sesta (ultima classe elementare, ndr) sanno già tutto. Con calma indicano sul tabellone la prostata, il corpo cavernoso, il condotto spermatico, i testicoli. “Il loro maestro ha fatto un buon lavoro preparatorio, non capita spesso”. Invece dovrebbe essere la norma, in modo che quando arriva lui, gli scolari possano affrontare i temi che vanno al di là della biologia, e porre domande che di solito non osano fare. “Gli alunni hanno meno inibizioni di quando c’è l’insegnante di classe, io sono qui solo un giorno”.
Le resistenze degli adulti
L’educazione sessuale a scuola è un campo minato. Da quando l’anno scorso si è saputo che i direttori didattici della Svizzera tedesca dovevano inserire come obbligatoria la materia sessuale nel nuovo programma scolastico, molti genitori e politici sono in subbuglio. In appena tre mesi, 92.000 persone hanno firmato la petizione “Contro la sessualizzazione della scuola dell’obbligo”, promossa da partiti conservatori, associazioni di famiglie e insegnanti.
Nell’emotività della discussione i fatti talvolta hanno la peggio. Che l’insegnamento sessuale sia estraneo alla “sessualizzazione” lo mostra questa visita in classe. Intanto, i ragazzi non vengono introdotti a nessuna pratica sessuale. E poi, i due pedagoghi, così come le alunne e gli alunni, lavorano con una calma e una serietà che piacerebbe ai tanti adulti impegnati sul tema.
Tutti i quesiti possibili
Mentre Widmer insegna ai maschi, la sua collega Simone Schneider è in un’altra stanza con le ragazze. “Usate il tempo, sfruttatemi, ponete tutte le domande che vi vengono in mente!”. Alla fine le scolare le diranno: “Cool che Lei sia stata tanto rilassata, non è stato per nulla imbarazzante”. Simone Schneider è una donna risoluta e cordiale, a volte arrossisce. “Arrossire si può, a me capita spesso”. Ha 36 anni e da diverso tempo va nelle classi, in media otto volte al mese.
Parte con un quiz, scaturito dalle domande che le ragazze le hanno posto prima. “Se lo si bacia il pene può diventare duro”. “Sì.” “Perché?” “Perché è stimolato?”. “Giusto. E cosa può accadere alla donna?” “La vagina diventa curiosamente umida”. “Esattamente”. “Ma perché?” “Se è umida, la donna accoglie meglio il pene”.
La marea di domande non cessa. Le alunne sanno molto, usano espressioni del tipo “rapporto sessuale” o “posizione del missionario”; sanno che l’imene è un tessuto che cambia aspetto da una donna all’altra. Ma ora hanno l’occasione di riempire di vita delle nozioni un po’ astratte, e non vogliono farsela scappare.
Sono molto concentrate, si dimenticano persino di ridacchiare. Di colpo appare chiaro come il dibattito sull’educazione sessuale sia roba da adulti. Per le ragazze di 12-13 anni che siedono qui in circolo non ci sono dubbi: l’argomento è importante. E chi vorrebbe bandirlo dal programma scolastico ignora questa fame di sapere, quasi insaziabile.
Anche i ragazzi di Pius Widmer hanno molte domande. Le loro mani alzate si spostano in qua e in là quando lui spiega, con l’aiuto di un modello di utero, il percorso dell’ovulo. Adeguo la lezione alla classe, dice. “Questi ragazzi sono poco in contatto con la pornografia, perciò oggi non è un tema centrale”. In effetti questi sembrano più vicini ai Playmobil e al Lego che all’amore, al sesso e alla tenerezza.
Alla domanda su chi avesse già visto del materiale pornografico in Internet, solo due su dieci alzano la mano. “Una volta ho cercato una conferenza del dj Bobo, e si è aperta una finestra con una donna che si massaggiava dappertutto -era una cosa così schifosa che ho chiamato la mamma”, racconta uno. Gli altri annuiscono.
Le ragazze scrivono su un grande foglio tutte le parole che vengono loro in mente sul “fare all’amore”. “Anche se non sapete che cosa significano”, dice Simone Schneider. Perché è proprio di quello che vuole parlare. “Prostituta”, ad esempio. “Sono donne che vendono il sesso e dunque il loro corpo in cambio di soldi”, spiega. “Gli uomini che vanno con le prostitute usano il preservativo?” “Sì, ma ce ne sono di quelli che pagano di più per non usarlo”. “Ma non è un mega rischio?” “Sicuramente, purtroppo ci sono dei motivi che le portano a correre quel rischio”, dice lei.
A un certo punto capita la parola “eiaculazione”. Quando gli spermatozoi schizzano fuori dal pene, dice. La discussione gira anche intorno alla pornografia e alle “poppone”. Schneider non dà giudizi, vuole far capire. Una scolara chiede: “Come descriverebbe l’orgasmo?”. Lei lo prende a pretesto per parlare della sessualità diversa da uomo a donna. E’ l’eccitazione, che nel maschio di solito scatta prima poiché funziona in un altro modo e reagisce ad altri stimoli rispetto alla donna. “Quando la donna è ancora alle tenerezze, l’uomo pensa già a fare l’amore con lei”.
Dopo la pausa, la pedagoga stende sul pavimento preservativi di varia grandezza e colore, una spirale, scatole con la pillola. I condom li fa passare dall’una all’altra. “Sono scivolosi, prendeteli in mano!” “Puah, che schifo!” Toglie sei peni di legno da una valigetta per esercitare. Spiega il ciclo mestruale e la fecondazione mediante un modello ovaio-utero. E poiché si scopre che le ragazze non sanno ancora come si usa l’assorbente interno, tira fuori anche quello e spiega tutto nei minimi dettagli.
In breve tempo s’arriva a parlare del ginecologo. La signora Schneider chiarisce che cosa debbano aspettarsi e mostra la posizione che dovranno assumere. Ha con sé persino lo speculum vaginale.
Nessun condom per esercitarsi a casa
Anche i ragazzi hanno affrontato il tema della contraccezione. Widmer srotola il profilattico sull’indice e il medio. Poi passa tra i banchi. Un alunno tocca il condom e ritira il dito disgustato. Oltre non si va per oggi. Potrebbero esercitarsi con una banana, dice uno. Widmer scuote la testa: “Su questa Terra c’è gente che muore di fame, perciò non farò mai una cosa simile con le banane”.
“In pausa le ragazze hanno detto che loro si esercitano con peni di legno”, insiste uno. Allora Widmer tira fuori dei modelli di pene e li mette sul primo banco. “Per le ragazze è più importante, noi ce la caviamo già un po’ meglio”.
Alcuni vorrebbero avere dei preservativi per esercitarsi da soli. Widmer spiega che non consegna condom ad alunni delle elementari, ma che possono sempre mettere insieme un po’ di soldi della paghetta e comprarne una confezione. “Io so dov’è un distributore automatico!”, sussurra uno.
“Che cosa vi passa per la testa se dico “frocio”? Quasi tutte le mani si alzano. “Sono uomini che amano altri uomini”, dice uno. “Sì, e cosa suscita in voi?” “E’ ok.” “E’ così e basta.” Un ragazzo racconta che lui ne conosce uno. Widmer è stupito. “In altre classi ho persino sentito dire che andrebbero uccisi”. Comunque uno pone la domanda inevitabile: “Allora, i froci non hanno la vagina -è vero che se lo mettono da dietro?”. Widmer non vuole approfondire troppo, intanto perché la mattinata è quasi al termine, e poi perché è materia da trattare nelle medie.
Devo dirlo ai miei genitori?
Nell’ultima mezz’ora la signora Schneider affronta il tema dell’autoerotismo. “Le giovani donne s’occupano spesso del proprio corpo”, dice. “Ma poche sanno che aspetto hanno la vulva, le grandi e le piccole labbra”. Incoraggia le ragazze a guardarsi allo specchio: non solo il viso, anche i genitali. “E’ importante conoscersi. La sessualità è qualcosa che si deve imparare”.
Il tempo è finito, il campanello suona, ma le ragazze non si muovono. “Fa male quando il pene è troppo grande?” “Lo devo dire ai miei genitori prima di andare a letto con un ragazzo?” “Si può fare più volte il test di gravidanza?” Simone Schneider deve frenare. Solo una frazione di domande ha trovato risposta stamattina.
(articolo di Yvonne Staat e Balz Ruchti per Beobachter.ch (nr.4 del 2012). Traduzione di Rosa a Marca)