I dottori di Molière?

Metti due dottori in una stanza – o su una piattaforma – ci sono tre teorie. Questa è la conclusione che un’opinione stanca potrebbe trarre dalla parata continua di esperti, professori, scienziati a loro volta intervistati da giornali, radio e televisione durante la crisi di Covid-19. È vero che la successione di parole contraddittorie ti fa girare la testa. “Una influenzina” all’inizio, un grave pericolo tre settimane dopo, le maschere inutili diventano improvvisamente essenziali, i test superficiali si trasformano in una panacea a un mese di distanza, clorochina, pozione magica per alcuni, polvere di perlimpinpin per altri, l’inevitabile “seconda ondata” che è diventata una sorta di effetto crespo, il fenomeno stagionale Covid che è scomparso in estate o uno spettro sempre presente: tutto e il suo contrario, cacofonia, note false e vera ebbrezza, fino a quando questo folle pugilato tra le due fazioni pro e anti-Raoult. Per un po’, siamo tornati ai tempi dei dottori di Molière. A meno che non si applichi agli epidemiologi o ai virologi ciò che gli economisti a volte dicono: “Sempre sbagliato, mai in dubbio”. Hanno sempre torto e non dubitano mai.

Temiamo che la scienza medica non ne tragga vantaggi. Queste controversie confuse, questi nomi di uccelli scambiati da un ospedale all’altro, questi laboratori filippini, danno l’idea di una disciplina frammentata e divisa, nella guerra civile, attraversata da cappelle, clan e rivalità, indebolito da conflitti di interesse e guerre dell’ego.

A meno che, paradossalmente, non promuova l’immagine della scienza ma la sua pedagogia. Senza dubbio scienza e certezza, ipotesi e conclusioni, teoria provvisoria e risultato finale erano erroneamente confusi. Tuttavia, se la medicina si basa ora, nel complesso, su conoscenze riconosciute e verificate, comprovate dall’esperienza, dagli studi e dalla clinica, tutto cambia di fronte a un nuovo fenomeno come il Covid. Gli scienziati fanno del loro meglio, armati delle loro conoscenze. Ma come tutti di fronte all’ignoto, tentano, avanzano ipotesi che la realtà smentisce poco dopo, seguono false strade e talvolta si perdono nel labirinto degli studi. Divergono logicamente e affrontano le loro idee, sapendo che le controversie possono acuire le discussioni. Quindi, piuttosto che voltargli le spalle, devi rafforzare la scienza, quella vera, che implica un elemento di incertezza che cerchiamo di ridurre, non per retorica, ma per esperienza. Non è la scienza che inganna l’opinione. È la sua politicizzazione o la sua deificazione.

(Articolo di Laurent Joffrin, pubblicato sul quotidiano Libération del 29/05/2020)
 

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