Disabili e sessualità. Amore impossibile e diritto negato
Che fine ha fatto il disegno di Legge 1442 del 2014 in materia di sessualità assistita per persone con disabilità? Perché non è stato dibattuto in Senato, ove giace da quasi dieci anni?
Forse la risposta la si trova rileggendo l’aberrante reazione dell’agenzia di informazione cattolica romana che già nei giorni seguenti alla proposta di
legge sentenziava: “Il perverso disegno di legge “Disposizioni in materia di sessualità assistita per persone con disabilità” è figlio della rivoluzione
sessuale che negli ultimi decenni ha minato le fondamenta morali ed etiche della nostra società. Una rivoluzione che a partire dal celebre motto “make
love not war” [fai l’amore e non la guerra, NDR] ha ridotto la sessualità a mero piacere, disgiungendola dalla procreazione, e ha reso l’uomo, al pari
dell’animale, schiavo dei propri impulsi e istinti sessuali.”
Il DDL non offriva dubbi:
“Ogni persona dovrebbe quindi avere la possibilità, indipendentemente dalla propria condizione di disabilità, di compiere scelte informate e responsabili riguardo alla propria salute sessuale e di disporre di opportunità e di mezzi adeguati a compiere tali scelte”. “Molte persone in condizione di disabilità non possono autonomamente intrattenere relazioni interpersonali complete sotto il profilo psicoaffettivo, emotivo e sessuale poiché impedite da una condizione di ridotta autosufficienza a livello di mobilità e motilità o a causa di un aspetto fisico lontano dai modelli estetici dominanti e ritenuti attraenti. In certi casi si aggiunge l’impossibilità di pervenire autonomamente a soddisfacenti pratiche di autoerotismo.
Nel disabile psichico la difficoltà a vivere la sfera dell’intimità e della sessualità alimenta la perdita di autonomia. Queste situazioni possono produrre
uno stato di emarginazione affettiva e relazionale. Si aggiunga a queste difficoltà la persistenza nella nostra cultura del pregiudizio per cui le persone
disabili sono percepite come asessuate, prive di una dimensione erotica e senza un desiderio di intimità”.
“A questo scopo il presente disegno di legge istituisce la figura dell’assistente per la sana sessualità e il benessere psico-fisico delle persone disabili
o assistente sessuale. Tale operatore, a seguito di un percorso di formazione di tipo psicologico, sessuologico e medico, dovrà essere in grado di aiutare le persone con disabilità fisico-motoria e/o psichico/cognitiva a vivere un’esperienza erotica, sensuale o sessuale e a indirizzare al meglio le proprie energie interne spesso scaricate in modo disfunzionale in sentimenti di rabbia e aggressivitàà..”
Chi, ad ogni richiesta di persone con disabilità direbbe di no? Presumo nessuno, per ogni loro bisogno siamo a loro completa disposizione. Proponiamo ogni soluzione tecnologica, dalla carrozzina elettrica alla casa domotica, una assistenza a 360 gradi che inizia con le richieste più elementari, vestirsi spogliarsi, lavarsi, mangiare, viaggi della speranza in luoghi di preghiera il più delle volte all’estero, il tutto per agevolare la vita di chi ha un bisogno.
Di tutti questi diritti, che nessuno metterebbe in dubbio la legittimità, uno viene rimosso e guai a parlarne: è il sesso. Eppure è un desiderio primario,
il bisogno di coccole la voglia di dare un bacio, il desiderio di fare l’amore appartengono a ogni essere umano. Quando diventa impossibile realizzare
un desiderio assoluto, che inevitabilmente in questo caso diventa un diritto, è ovvio sentirsi sconfitti. La nostra stessa società mette al centro di tutto
il sesso, sulle riviste, in televisione, negli stessi spot pubblicitari, si ricorre spesso alla sessualità e quindi la pressione psicologica del disabile
diventa ancora più insostenibile.
Quando le varie testate nazionali pubbliche trasmettono gli spot ministeriali della “pubblicità & progresso” si articola ogni sensibilità tranne “quello”, che poi per assurdo, lo stesso spot sensibilizza anche i problemi legati all’impotenza dei cosiddetti normodotati. Le stesse associazioni cattoliche
sono più sensibili ai pellegrinaggi della speranza che alle esigenze dei disabili, per questo basilare diritto non si rendono disponibili, anzi, quasi
si infastidiscono solo al sentore della richiesta, come se fosse un capriccio.
Dopotutto la lussuria rimane pur sempre un peccato e la stessa chiesa cattolica persiste nel tessuto sociale e culturale Italiano come un modello di valori e civiltà. Ma il disabile non è una sorta di angelo asessuato. All’estero l’assistenza sessuale per i disabili è una figura riconosciuta, Danimarca, Austria, Francia, Germania, Svizzera, per diventare assistenti, vengono istituiti corsi di formazione, diplomi di comportamento etico e prezzi concordati ed è bene ricordare che quando si parla di assistenza la stessa è estesa anche alle donne con disabilità.
Francamente la situazione Italiana, comparata agli stati culturalmente similari e geograficamente confinanti con noi, è agli antipodi, bisogna pur ricordare con umiltà che il sesso, per quante rivoluzioni siano state fatte, rimane sempre se non un tabù, sicuramente un aspetto ancora inquietante, e che questo atteggiamento spesso non confessato è già un ostacolo alla piena realizzazione della sessualità nelle persone normali, figuriamoci nelle persone disabili.
Se però all’estero esiste un certo numero di uomini formati e regolamentati per offrire servizi sessuali pure alle donne disabili, parità di genere attuata,
nella nostra nazione c’è una palese difficoltà nell’affrontare l’educazione sessuale pure nelle scuole, anche li scompare, o per meglio dire non deve apparire.
Deve insomma rimanere un fatto privato, nascosto, qualcosa di cui è meglio non parlare, il lenzuolo religioso in Italia copre ogni grado istituzionale
e francamente il sesso dei disabili non può e non deve essere o diventare un problema. Il tema del sesso per i disabili è un argomento delicato che non si affronta volentieri, diventa difficile anche svolgere una piccola inchiesta, navigando però nel web si trovano alcune testimonianze, una particolarmente toccante: la madre stanca di vedere il figlio triste del fatto che a 34 anni non aveva fatto ancora l’amore, il quale non poteva avere rapporti in maniera autonoma, chiese all’altro figlio di verificare se fosse disponibile una professionista, perché la prima volta è la prima volta e se anche non sarà come tutte quelle cose che si leggono nei biglietti dei cioccolatini è pur sempre un atto d’amore nei confronti del figlio.
Andò come doveva andare, la madre non chiese mai al figlio della esperienza vissuta. Questo aneddoto dimostra quanto sia fondamentale l’aiuto dei genitori, la stessa madre racconta che dissertare dell’attività sessuale con le altre mamme di disabili l’argomento genera imbarazzo.
Occorre quindi che le istituzioni, il Ministero della salute applichino tutte quelle iniziative per favorire il pieno sviluppo della persona disabile anche
sotto il profilo dell’espressione della sessualità, iniziando proprio dal disegno di legge citato in precedenza. Perché ad oggi le persone con disabilità
sono percepite come asessuate, prive di una dimensione erotica e senza un desiderio di intimità, figuriamoci poi rivendicare lo stesso diritto all’orgasmo anche alle donne. Tutto questo non è forse un limite della nostra società e una mera disabilità sociale?
Alessandro Giacomini, “Diritti Civili” (Massimeno – Tn)
estratto da L’Opinione del 02/02/2023
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