Cuba. La ricerca e la democrazia, un binomio inscindibile
A chi paventa i rischi dell’eugenetica o degli uomini creati in laboratori da scienziati folli e cerca risposte nei divieti, ci sentiamo in dovere di offrire una strada alternativa: la democrazia. Il controllo democratico, unico rimedio in grado di frenare le derive che tutti temiamo.
Del resto l’eugenetica nazista e’ cresciuta nei laboratori degli scienziati al servizio di una politica che propugnava la purezza della razza, e non certo il contrario.
Tra i molti Paesi che ancora nel mondo non possono godere di un regime democratico c’e’ Cuba. Nell’isola caraibica vive una dottoressa, Hilda Molina, che si e’ vista negare il visto per andare a conoscere i suoi nipoti in Argentina. Nonostante la mobilitazione diplomatica di questo Paese, Fidel Castro ha replicato “magnanimo” che potevano venire il figlio con la moglie e i nipoti a trovare e conoscere la nonna all’Avana. La vicenda, con i suoi aspetti commoventi di una famiglia che vuole rincontrarsi, e’ stata al centro dell’attenzione della stampa e dei commentatori argentini e non solo. La spiegazione del perche’ la dottoressa Molina fosse tenuta “ostaggio” dell’isola senza che su di lei pendesse nessuna accusa, ha iniziato a prendere corpo studiando la sua biografia. Ipotesi, purtroppo, che ovviamente non riescono a trovare ne’ smentite, ne’ conferme autorevoli.
Hilda Molina, che e’ stata anche un membro del parlamento cubano, ha lavorato al Centro Internacional de Restauración Neurológica de Cuba (CIREN), da cui si e’ ritirata per dissenso nei confronti del regime. Il centro, ritenuto un bene strategico, e’ ovviamente statale e utilizza la “sostanza nera fetale”, cellule spinali e tessuto neuronale di embrioni umani. Questa sostanza viene trapiantata nel tessuto nervoso adulto per ottenere effetti rigenerativi.
Altri due dottori che avevano lavorato al Ciren sono scappati da Cuba e dall’esilio hanno denunciato come a quei malati di Parkinson, per lo piu’ stranieri, che pagavano in dollari, venivano praticati questi innesti di materiale fetale. Il dottor Antonio Guedes racconta che quando il centro ne aveva necessita’ urgente, in qualche centro ginecologico venivano ingannate delle donne in gravidanza, veniva loro detto che il figlio che aspettavano aveva gravi malformazioni, e veniva offerta la strada dell’aborto. Il tessuto era cosi’ procurato facilmente.
Il dottor Julian Alvarez, vi ha scritto un libro, “Artigiani della vita”. Spiega come a Cuba “attualmente si realizzano 100 mila aborti ogni anno. Il Ciren si trova di conseguenza ad ottenere, con relativa facilita’, il tessuto embrionale per il suo impiego in questi trattamenti”. Alvarez specifica che le donne danno il loro consenso sia per l’aborto che per la cessione del materiale biologico alla medicina, ma poi aggiunge un dettaglio non rassicurante: “tutti quelli che conoscono da dentro la vita di Cuba, sanno che le “pazienti” non possono decidere nulla in merito. Molti degli aborti o “interruzioni” si fanno in accordo con le necessita’ del Ciren”.
Il fatto che siano circolate voci su come la dottoressa Molina non venga fatta uscire da Cuba perche’ e’ “cervello dello Stato”, preoccupano e avvalorano la tesi che i “segreti di Stato” e’ bene restino in Patria, e se il figlio e i nipotini la vorranno incontrare che vengano pure a Cuba!
Propaganda anticastrista? Puo’ darsi. Ma siccome Cuba non e’ una democrazia, e’ difficile provare anche il contrario. E queste non sono notizie che fanno bene alla scienza. Quei malati che in dollari si sottopongono alle cure sperimentali del Ciren speriamo che traggano comunque giovamento, ma preferiremmo che quelle cure seguissero dei protocolli riconosciuti a livello internazionale, venissero seguiti degli studi clinici, ci fossero delle pubblicazioni e fossero accessibili a tutti. Malati, ricercatori e medici.
E allora quel tessuto fetale derivato da aborti naturali, o da interruzioni volontarie di gravidanza, sarebbe una risorsa per la medicina, e non una leggenda nera capace solo di incutere paura.