Corea del Sud. La Chiesa contro l’eroe nazionale

(corrispondenza per la Frankfurter Allgemeine Zeitung di Anne Schneppen)
E’ domenica a Seoul. Del ricercatore Hwang Woo-suk mancano notizie da una decina di giorni, mentre nella cattedrale Myongdong la comunita’ celebra una messa speciale. E’ stata preparata da tempo, ma e’ quanto mai attuale. L’arcivescovo di Seoul, Nicholas Cheong Jin-suk, predica in difesa della vita umana e dichiara la sua contrarieta’ alla ricerca con le cellule staminali embrionali. Forte e determinato e’ l’atteggiamento della Chiesa cattolica coreana contro Hwang, tutt’ora il piu’ famoso scienziato del Paese malgrado che a fine novembre si sia dovuto difendere dall’accusa di aver praticato metodi eticamente discutibili. Nella cattedrale strapiena l’arcivescovo non lo menziona mai, pero’ parla contro quel progresso medico-scientifico apparentemente rivolto al bene della vita umana, che invece puo’ insidiarla. Avverte del pericolo di sperimentazioni con embrioni umani volte a produrre cloni. “Dev’essere chiaro: se si parla di embrioni, si parla di vita umana. Ed e’ importante riconoscere che la vita umana non puo’ essere data dall’uomo. Dio e’ l’unico creatore degli uomini e del mondo”.
Quando e’ stata concepita la drammaturgia di questa funzione religiosa Hwang era ancora l’eroe senza macchia. C’e’ il saluto di Papa Benedetto XVI, c’e’ la presenza del Nunzio e del cardinale coreano Stephen Kim Sou-hwan, davanti alla cattedrale sono parcheggiate le limousine nere delle ambasciate d’Italia e Argentina. Ma non tutte le rappresentanze degli Stati sono presenti in pompa magna e qualcuno ha preferito disertare. Il motivo dell’evento, accompagnato da un tripudio di campane e sostenuto da vescovi e diocesi di altri Paesi, e’ la creazione di un fondo per una ricerca alternativa con le cellule staminali. Con dieci milioni di dollari la diocesi arcivescovile vuole portare avanti la “ricerca con le cellule staminali adulte”, a differenza del professor Hwang che sperimenta sugli embrioni umani. Deve prevalere la dignita’ della vita umana e cio’ dev’essere tradotto in pratica -e’ il messaggio dei vescovi.
La nuova iniziativa domina anche la funzione religiosa per bambini che si svolge nell’edificio attiguo. Tra una preghiera, un canto e un’omelia, il ricercatore Oh Il-hoan della facolta’ di medicina dell’Universita’ cattolica di Seoul tiene una conferenza. Da un computer proietta sulla parete l’immagine di un utero a un metro e mezzo dal Crocifisso. Oh spiega le fasi dall’ovulazione al neonato, definisce la fecondazione “il grandioso inizio della vita”. La sua lezione, molto impegnativa e noiosa per molti dei piccoli uditori e’ comunque piu’ esplicita di quella udita nella cattedrale. E affinche’ non rimangano dubbi, alla fine torna la domanda: “E’ l’embrione una forma di vita?”. “Si'”, rispondono in coro i bambini. “Ben detto!”.
Solo qualche settimana fa, prima che scoppiasse lo scandalo Hwang, le cose sarebbero state un po’ piu’ difficili, come si capisce dall’interpretazione che ne da’ un religioso fuori dalla chiesa. Hwang era diventato un eroe, quindi era impossibile criticarlo: ne andava di mezzo il prestigio nazionale. Il fatto e’ che il veterinario Hwang ha vissuto un’ascesa fantastica. E piu’ inanellava successi, tanto piu’ otteneva l’incoraggiamento dello Stato e il corteggiamento dell’industria, fino a diventare l’icona della clonazione -cosa importante per un Paese affamato di riconoscimenti internazionali. Chi meglio di lui poteva rappresentare quella Corea autodefinitasi “Corea dinamica”? Certamente Hwang, che nel 1999 aveva clonato la prima mucca, che all’inizio del 2004 aveva elaborato una linea di cellule staminali da un embrione clonato, che nella primavera del 2005 ha ricavato embrioni clonati da cellule epiteliali prelevate da pazienti, ottenendo undici nuove linee di cellule staminali compatibili con il patrimonio genetico dei malati, e il cui ultimo successo e’ stato un levriero afgano clonato. Poi, a fine novembre, la caduta. Hwang ha dovuto ammettere che nel suo laboratorio erano stati utilizzati gli ovociti di sue assistenti e che alcune donatrici erano state pagate. Una violazione dell’etica professionale, rafforzata dal suo silenzio, ancorche’ giustificato dalla necessita’ di tutelare le collaboratrici. Per la Corea del Sud ha significato la caduta di una stella. Molti, ancora oggi, non se ne danno pace. Non passa giorno che Hwang o i suoi collaboratori non occupino le prime pagine dei giornali. Korea Times parla di un sentimento di “offesa collettiva nazionale”. Nel frattempo, il ricercatore ha dato le dimissioni dalla presidenza della banca internazionale di cellule staminali appena istituita a Seoul. Ha detto di voler continuare a fare ricerca nel suo Istituto, ma per ora lo diserta. I media coreani ipotizzano che, credente buddista, Hwang sia in un convento a meditare ma che tra pochi giorni torni all’Universita’. Nello scorso fine settimana un consesso buddista ha preso le sue difese, chiarendo il filo conduttore in materia di bioetica. E cioe’: chi segue l’insegnamento del Buddha e fa ricerca al fine di aiutare i malati non ha nulla di cui vergognarsi.
Circa un quarto della popolazione di questo Paese, ancora impregnato di confucianesimo, si riconosce nel buddismo e un quarto nel cristianesimo (nove milioni di protestanti, tre milioni di cattolici). Non si puo’ dire che Hwang abbia evitato il confronto: a giugno si e’ incontrato con l’arcivescovo di Seoul. Solo che il colloquio non ha portato ad un avvicinamento. Certo, in quel momento Hwang era in una posizione di forza. Ex presidenti lo invitavano al loro tavolo, dall’estero piovevano inviti per conferenze, la compagnia aerea Korean Air lo omaggiava con un biglietto di prima classe senza limiti per i prossimi dieci anni. E anche ora, malgrado le irregolarita’ avvenute nel suo laboratorio e da lui confermate, Hwang gode di un ampio credito. Piu’ di 830 donne si sono offerte come donatrici volontarie di ovuli. Davanti all’emittente televisiva MBC, che con un servizio critico sulla donazione degli ovuli aveva contribuito alla caduta di Hwang, ci sono state fiaccolate e manifestazioni silenziose di protesta dei suoi simpatizzanti. Le proteste si sono ancora intensificate dopo che MBC ha ammesso di aver esercitato pressioni su alcuni informatori. Inizialmente aveva cioe’ intervistato con falsi pretesti alcuni ex collaboratori di Hwang che oggi lavorano all’Universita’ di Pittsburgh in Usa. Il responsabile del servizio PD Notebook aveva dato loro d’intendere che MBC volesse girare un documentario, mentre in realta’ era a caccia degli errori di Hwang, anche con le telecamere nascoste. C’erano state promesse di “protezione” per chi avesse cantato contro il capo, si asseriva che c’era materiale piu’ che sufficiente per portare Hwang dietro le sbarre. All’opinione pubblica e’ stato annunciato un servizio in cui si sarebbe dimostrato come i risultati degli esperimenti di Hwang fossero parzialmente truccati. E cosi’ per giorni la Corea del Sud, e soprattutto i media, hanno discusso di un programma che nessuno ha visto fuori dagli studi di MBC. Adesso che MBC ha cominciato a fare marcia indietro e a scusarsi per i metodi del suo gruppo di produzione il suo sito online e’ bombardato da messaggi indignati. Si e’ anche costituito un comitato di cittadini che chiedono la chiusura dell’emittente. Sono 16.000 a volerlo, mentre altri sollecitano il boicottaggio della pubblicita’ e altri ancora l’intervento della procura. Il caso Hwang continua a tenere banco. Fioriscono le supposizioni, ma le piu’ accreditate sono quelle che considerano Hwang vittima di persone invidiose che si sono mosse in anticipo per sottrargli i brevetti. Il 16 dicembre una commissione consultiva del presidente coreano dovrebbe pronunciare un giudizio etico sulla vicenda.

Poi il 7 dicembre si scopre la verita’ su dove fosse finito Hwang: ricoverato in ospedale a Seul per sovraffaticamento, sospetta ulcera allo stomaco e polmonite. In merito alla durata della degenza i suoi collaboratori dicono di non sapere per quanto si protrarra’, “Hwang e’ visibilmente dimagrito, soffre di insonnia e stress”. Insieme al ricovero e’ comparsa anche la riabilitazione del ricercatore da parte della rivista Science attraverso una dichiarazione del suo direttore Donald Kennedy, che lo assolve di fatto dalle accuse e dai dubbi sulla validita’ scientifica dei risultati raggiunti. “Dopo un attento riesame delle accuse non abbiamo alcuna ragione, al momento, di credere che le conclusioni di Hwang e dal suo gruppo siano state ottenute in modo fraudolento o siano inaffidabili”.