COP22 di Marrakech. Appello al ‘pragmatismo’ di Trump
L’ombra del presidente Trump neo-eletto e’ planata sulle ultime ore della COP22 a Marrakech. I negoziatori, determinati a lottare contro il riscaldamento, hanno fatto appello al suo “pragmatismo”.
“Il messaggio della COP al nuovo presidente americano e’ molto semplicemente quello di dire ‘noi contiamo sul suo pragmatismo e il suo spirito di impegno’”, ha dichiarato alla stampa Salaheddine Mezouar, presidente della COP22.
“La comunita’ internazionale e’ impegnata in una grande lotta per l’avvenire del nostro pianeta (…) per la dignita’ di milioni e milioni di persone” e “continuiamo a tracciare il nostro percorso”, ha proseguito Mezouat, ministro degli Affari Esteri del Marocco.
“Ci siamo rivolti verso l’America nei giorni scuri della seconda guerra mondiale”, ha ricordato durante l’assembea plenaria il primo ministro delle Fiji, Frank Bainimarama. Prima di lanciare l’invito a Donald Trump: “Voi siete venuti a salvarci, e’ tempo che voi contribuiate a salvarci anche oggi”.
Le Fiji organizzeranno, alla fine del 2017, la COP23, che si terra’ a Bonn, in Germania, per questioni logistiche. Bainimarama ha chiesto ai futuri dirigenti degli Usa di abbandonare “la loro posizione attuale secondo la quale il cambiamento climatico (…) sarebbe una beffa”, espressione usata da Trump durante la sua campagna elettorale.
Un “proclama di Marrakech”
A Parigi, l’anno scorso, dopo anni di negoziati, i Paesi hanno fissato come obiettivo di contenere l’aumento del termometro mondiale “ben al di sotto dei 2 gradi” e di rivedere, aumentandolo, il proprio impegno per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra, attualmente insufficienti per rispettare questo limite.
Il risultato delle elezioni americane, due giorni dopo l’inizio di questa COP, aveva portato i negoziatori e i rappresentanti della societa’ civile in un clima di gelo. Tutti i Paesi, compresa la Cina -primo inquinatore mondiale col 25% delle emissioni mondiali- e l’Arabia Saudita, hanno assicurato che rispetteranno gli accordi di Parigi.
Giovedi 17, una “dichiarazione di Marrakech” e’ stata adottata: “Noi capi di Stato, di governo, e delegazioni riuniti a Marrakech (…) facciamo appello all’impegno politico massimo per lottare contro il cambiamento climatico”.
“La volonta’ della Cina di lavorare con gli altri Paesi e’ reale”, ha assicurato il negoziatore cinese, Xie Zhnhua. Gli Usa -secondo inquinatore di gas ad effetto serra col 15%-, sotto l’impulso del presidente Obama, hanno largamente contribuito a questo accordo raggiunto tra 195 Paesi.
Primo bilancio entro il 2018
Venerdi 18 novembre, 40 Paesi membri del “Climate Vulnerable Forum”, rappresentanti piu’ di un miliardo di persone tra le piu’ esposte al cambiamento climatico, sono andate oltre. Si sono impegnati a raggiungere i loro obiettivi di riduzione dei gas ad effetto serra “prima del 2020”, cio’ che preconizzano gli scienziati per massimizzare le possibilita’ di restare sotto i 2 gradi. Essi hanno anche detto di voler essere utilizzatori al 100% di energie rinnovabili “il piu’ presto possibile”.
A Marrakech, le discussioni sugli aiuti finanziari promessi dai Paesi industrializzati ai piu’ vulnerabili per far fronte al riscaldamento, sono state, al contrario, di nuovo difficili.
I dibattiti si focalizzano sui progetti infrastrutturali (dighe, sopraelevazione delle abitazioni, stazioni meteo di allerta, etc..) che rappresentano solo il 16% dell’aiuto attuale, secondo l’Organizzazione della cooperazione e dello sviluppo economici (OCSE), un livello giudicato molto insufficienti per i Paesi in via di sviluppo.
Il resto delle discussioni ha portato alla messa in opera dell’accordo di Parigi: preparare il primo bilancio nel 2018 delle azioni intraprese dai Paesi e accordarsi sulle informazioni che dovranno, a termine, fornire per dimostrare la piu’ grande trasparenza possibile.
(articolo elaborato da un lancio dell’agenzia France Press – AFP del 17/11/2016)