Contrastare gli effetti della chemioterapia. La nebbia dentro il cervello
“Hai la nebbia nel cervello”. Si dice di una persona che non riesce a organizzarsi, perde concentrazione e memoria, non trova le parole giuste e ha difficoltà ad effettuare lavori. Insomma, si perde di fronte a problemi che in situazioni normali affronterebbe senza difficoltà.
Questo stato confusionale si trova anche nelle persone soggette a chemioterapia cerebrale.
Prove crescenti indicano che i trattamenti antitumorali causano numerosi effetti deleteri, tra cui la tossicità al Sistema nervoso centrale (SNC). Gli effetti collaterali causati dalla chemioterapia comprendono cambiamenti nella funzione cognitiva, nella memoria e nell’attenzione. Gli agenti chemioterapici citotossici inducono danni ossidativi al DNA, influenzano i processi molecolari nel cervello e possono essere associati a processi di invecchiamento cerebrale.
I pazienti affetti da cancro, sottoposti a chemioterapia, oltre al deterioramento cognitivo, subiscono anche una condizione neurologica ad esso correlata definita “nebbia cerebrale”.
Questo stato si chiama “chemio-cervello”.
Non tutte le persone trattate con chemioterapia reagiscono allo stesso modo. L’incidenza, oltre all’età, è dovuta anche a fattori ambientali quali la dieta, l’attività fisica, l’uso di droghe o a uno stato precedente di alterazione dell’attività cerebrale. E’ del tutto evidente, comunque, che un trattamento chemioterapico agisce negativamente anche sulle cellule neuronali sane, inducendo una serie di effetti collaterali tra i quali troviamo, appunto, il “chemio cervello”.
Scoperte recenti suggeriscono che il “chemio-cervello” condivide diverse caratteristiche con le malattie degenerative, tra cui la neuroinfiammazione cronica, il danno al Dna e la perdita sinaptica, cioè dei siti di contatto funzionale tra due cellule nervose.
Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Science Translational Medicine, riporta che il trattamento con luce lampeggiante o suono pulsante ha effetti positivi sulla funzione cognitiva di modelli murini e ha favorito la sopravvivenza delle cellule cerebrali che proteggono quelle nervose con apposite guaine. Questo trattamento è basato sulla convinzione che i neuroni con funzione di attenzione e memoria operano a una frequenza di 40 Hertz e quindi rispondono alla luce e al suono con la stessa frequenza. E’ dimostrato che stimoli sensoriali risultano efficaci nell’alleviare patologie immunitarie e sinaptiche e sono utili nel trattamento del “chemio-cervello” indotto da diversi agenti chemioterapici. L’induzione è risultata più efficace se fornita nel corso della chemioterapia i cui effetti permangono oltre 100 giorni, suggerendo la possibilità di benefici a lungo termine.
Insomma, una terapia audiovisiva non invasiva aiuta a…schiarire le idee.
(Articolo pubblicato sul quotidiano LaRagione del 19 Marzo 2024)
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