Come liberarci dalle code e vivere felici

 Se chiedessero di rappresentare la pandemia mediante una figura geometrica, molti penserebbero alla curva del contagio o alla sfera in cui è stato confinato il nostro limitato raggio d’azione. Ma se pensiamo alla figura più vicina nella vita quotidiana durante la pandemia, la più rappresentativa è senza dubbio la linea (non sempre) retta delle lunghe code all’entrata delle attività commerciali.
Come quella che l’8 giugno si è radunata fuori dal ristorante Harper’s nel Michigan, a cui le misure restrittive imponevano una capienza ridotta del 50 per cento. Nonostante i gestori avessero marcato l’entrata con dei segnali per far rispettare la fila, le persone si sono assiepate sul marciapiede pubblico adiacente il locale. Nei giorni successivi sono stati registrati circa 200 casi di Covid collegati alle persone presenti, e il locale ha deciso di chiudere temporaneamente i battenti.

Code analoghe fuori dai supermercati, tra gli studenti che ritiravano l’attrezzatura necessaria per l’apprendimento a distanza e in prossimità dei seggi elettorali. «Le elezioni presidenziali erano già destinate a produrre colli di bottiglia», scrive Elissaveta M. Brandon in un articolo apparso sulla rivista The Atlantic, «ma in stati come la Georgia anche il voto anticipato ha portato lunghe ore di fila mentre gli elettori aspettavano di votare sperando di non prendere il virus lungo la strada».
«Con le misure di distanziamento sociale in atto per il prossimo futuro», scrive The Atlantic, «la gestione delle code – una tempo una subarea esoterica della logistica – viene ripensata alla stregua di un eroe della salute e del benessere. Le pratiche di progettazione e gli strumenti software su cui gli esperti di linea hanno lavorato per anni potrebbero diventare comuni quanto le code che gestiscono. Se ciò accadrà gli americani potrebbero finalmente sbarazzarsi della fatica dell’attesa».

La tradizionale fila in linea retta non è però l’unico tipo di coda possibile. La cosiddetta fila a serpentina, ovvero quella che si snoda avanti e indietro attraverso una o più curve, si ritiene sia stata pensata per la prima volta dalla Disney in occasione dell’esposizione universale del 1964-1965 a New York. In seguito la casa di Topolino aggiungerà pannelli, murales e oggetti di scena lungo il percorso per intrattenere il pubblico in coda all’interno del parco divertimento.
Più tardi sarebbero arrivati strumenti ancora più sofisticati come il tornante segreto, «una coda a tema che sembra lineare ma in realtà è un labirinto a spirale pieno di atmosfera e mistero», scrive l’Atlantic. È il caso della celebre Tower of Terror (Torre del terrore), dove la coda si snoda attraverso ambienti suggestivi e d’atmosfera come i sinistri giardini di un hotel, una hall coperta di ragnatele, una biblioteca spettrale e un locale caldaia senza luce prima di raggiungere gli ascensori per la caduta libera, il cuore dell’attrazione.
 Nel ’99 la Disney ha introdotto il FastPass, un pass a pagamento che consente ai visitatori di saltare la fila per alcune tipologie di attrazione garantendo loro un accesso riservato. Questo, se da un lato abbatte i tempi d’attesa, garantisce un maggiore roaming del pubblico che circola all’interno del parco.
«Abbiamo avuto code rapide da prima che nascessi», ha dichiarato all’Atlantic Richard Larson, ricercatore operativo del Massachusetts Institute of Technology dov’è conosciuto col soprannome di Dr. Queue (Dottor Coda) per essere uno dei più grandi esperti al mondo di teoria delle code e psicologia dell’attesa in fila. «Se entri in una discoteca e dai al maître un conto di 20 dollari», ha dichiarato, «allora sei in coda veloce».
Dopo quasi quattro mesi a porte chiuse, i resort Disney sono stati parzialmente riaperti a luglio (ma quello di Parigi è stato chiuso di nuovo il 30 ottobre a seguito delle ultime linee guida del governo francese). Se il servizio FastPass è stato temporaneamente sospeso per consentire allo staff di concentrarsi sull’organizzazione delle file standard, è stato invece incoraggiato l’utilizzo dell’app My Disney Experience, con la quale è possibile ordinare il cibo mentre si aspetta in fila. Un modo di fare economia del tempo che Larson definisce «una coda nella coda».
Disney non è la sola ad aver pianificato strategie di questo tipo. A inizio settembre un minimarket GetGo, di proprietà della catena Giant Eagle, ha eliminato la cassa grazie a un sistema di visione artificiale e machine learning che traccia i prodotti messi nel carrello. Finita la spesa il cliente paga tramite app ed esce dal negozio. «Come un parco Disney, l’intero supermercato diventa una coda travestita», scrive Elissaveta M. Brandon.
 I prossimi ad attrezzarsi in questo senso potrebbero essere gli aeroporti. «Una combinazione di check-in automatico, slot temporizzati ai controlli di sicurezza e screening biometrico più rapido», dichiara l’Atlantic, «potrebbe consentire ai passeggeri di sfrecciare attraverso l’aeroporto con meno ritardi e meno contatti con gli altri viaggiatori».
La compagnia statunitense Delta Airlines ha già implementato il suo primo terminal biometrico nell’aeroporto Hartsfield-Jackson di Atlanta, dove dall’entrata fino al gate i passeggeri si servono del riconoscimento facciale. Il produttore Lavi Industries ha costruito degli scudi anti-germi integrati nei candelieri di coda, mentre lo studio Fentress Architects propone di abbandonare lo schema a serpentina a favore di un sistema a più file frontali separate da schermi allo scopo di ridurre il contatto. Nell’aeroporto di Salt Lake City inaugurato a settembre, lo studio HOK ha innestato dei magneti nel pavimento della biglietteria che permettono di configurare la griglia sovrastante in base al flusso dei passeggeri.
Ma anche la conformazione degli ambienti è stata ripensata. Suddivisa su due corridoi con uno spazio di collegamento all’ingresso, la disposizione dei bagni ha la forma di un quadrilatero in modo che una metà può essere utilizzata mentre l’altra viene pulita, e permette il transito unidirezionale imposto dal distanziamento sociale. Il numero delle cabine, inoltre, corrisponde al numero di posti su ciascun velivolo servito dall’atrio, e tiene conto dei diversi tempi di permanenza degli uomini rispetto alle donne in virtù della cosiddetta “potty parity”, ovvero la parità di genere in fatto di toilette (“potty” è l’equivalente di “vasino”).

Questi accorgimenti tuttavia non eliminano le code, aiutano semplicemente a renderle più sostenibili per chi le affronta. Non tutti reagiscono in modo analogo al tempo passato in fila. «Un insieme di forze fisiche, sociali e psicologiche influenza il modo in cui gli individui si muovono attraverso lo spazio fisico», scrive l’Atlantic. «A volte in maniera caotica, altre in modo prevedibile. E poiché il nostro spazio personale viene ridefinito dalla pandemia, allo stesso modo cambia il modo in cui ci relazioniamo con le persone che ci circondano».
MassMotion è un software di simulazione grazie al quale è possibile prevedere il comportamento delle persone quando occupano spazi fisici come uffici, aeroporti e stazioni ferroviarie. Viene utilizzato, ad esempio, per valutare la capacità degli ascensori soggetti alle limitazioni dettate dalla pandemia oppure per progettare schemi di coda più sicuri. Per rendere la simulazione più realistica, il team di MassMotion ha inserito anche dei “troublemakers”, ovvero persone che non indossano le mascherina o non rispettano le linee guida del distanziamento.

Gli studi sulle code indicano che, in media, le persone sovrastimino il tempo di attesa nella fila di circa il 36 per cento. Il problema, quindi, non è il tempo di attesa in sé quanto la sua percezione soggettiva da parte degli individui. Per colmare questo divario tra tempo reale e tempo percepito, molte aziende scelgono di tenere informati i clienti sul tempo di attesa stimato.
Si tratta appunto di stime, ma esistono software di intelligenza collettiva, come WaitTime, che grazie a telecamere di sorveglianza a soffitto, visione artificiale e A.I. sono in grado di interpretare in tempo reale le condizioni della folla e comunicare tempi di attesa sempre aggiornati. «Sono finiti i giorni in cui il pubblico perdeva i touchdown della partita mentre era in fila per un hot dog», commenta Elissaveta M. Brandon.

Ora la WaitTime ha lanciato un progetto pilota con una scuola di nuoto nel Massachusetts per coordinare il movimento in sicurezza di 1.800 studenti settimanali e dei genitori che li accompagnano. «Grazie al Covid le persone hanno compreso il rischio di andare dietro al branco e seguire la folla», ha dichiarato all’Atlantic Elizabeth Grabowski, designer di grafica architetturale di WaitTime.
Ma il Covid ha anche fatto capire alle persone quanto tempo sprecano. Un’evidenza che ora, con la pandemia in corso, si è trasformata in urgenza. «Questo è il momento giusto per lanciare i nuovi sistemi operativi», ha dichiarato Trent Lethco, responsabile amministrativo della società di ingegneria che ha sviluppato il progetto MassMotion, «perché tutti ritengono di aver bisogno di imparare qualcosa di nuovo».
Il coronavirus potrebbe essere l’opportunità per ripensare la nostra quotidianità, riprende possesso dei nostri spazi vitali e ricostruire il tempo in modo meno prevedibile e più fantasioso. Come a Disneyland.

(articolo de L’Inkiesta del 06/11/2020)
 
 

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