I cipressi di Bolgheri, l’utero artificiale e la Biobabele Globale
Confesso che pochi giorni fa, ascoltando il Tg regionale della Toscana, ho sghignazzato tra me e me, mentre passava un servizio sui cipressi di Bolgheri. I famosi alberi sono stati falcidiati da un feroce parassita che nel giro di pochi mesi ne ha corroso la linfa vitale. Il parassita, raccontava il giornalista, e’ giunto dall’America (e te pareva) nascosto nelle casse di munizioni lasciate dagli alleati durante la seconda guerra mondiale. Ma non e’ stato tanto lo stupore per il lungo periodo di quiescenza dell’animaletto che mi ha fatto sorridere, quanto invece il sentir dire che gli alberi morti sono stati sostituiti con giovani e forti piante selezionate in modo naturale da non so piu’ quale istituto del CNR, che ne avrebbe coltivati tanti fino a trovare quello inattaccabile dal parassita. Siccome pensar male viene facile, ho subito sospettato che quella “selezione naturale” fosse un sinonimo dell’ormai impronunziabile parola: clonazione. Quasi mi avesse letto nel pensiero, il giorno dopo il quotidiano la Repubblica scriveva di “cipressi clonati”.
Ma cosa ha a che fare questo con le cellule staminali? Niente e tutto, perche’ se la mancanza di correttezza nell’informazione e’ un problema di cui si lamentano tutti, ben pochi davvero sembrano accorgersi, che questo sta diventando il vero cancro che mina la democrazia e quindi la liberta’ di tutti. E ancor meno sono quelli che se ne (pre)occupano. Forse l’allarme e’ ancora precoce per molti, ma certamente non per i piu’ deboli, perche’ poveri o malati o impreparati, che ai molti servono solo a far da icona sulle bandiere.
Ma veniamo a noi, alle cellule staminali dunque, ed alle attese di nuove terapie. Anche qui non c’e’ che da ripetersi. Dopo il processo di Vespa al ginecologo che ha fatto da “lenone” per una coppia che e’ ricorsa alla maternita’ surrogata, e’ arrivato l’utero artificiale, commentato su Panorama nientepopodimenoche dal guru dei noglobal Jeremy Rifkin. L’articolo, invero, riportava onestamente che gli esperimenti della dottoressa sino-americana e dello scienziato giapponese sono mirati a trovare terapie di supporto adeguate rispettivamente per le donne vittime di frequenti aborti spontanei e per i piccoli nati eccessivamente prematuri. Questo c’era scritto si’, ma in piccoli caratteri sepolti sotto un megatitolone “NATI SOTTOVETRO“. Per di piu’ a corredo del testo vi erano due suggestive foto: una di un bimbo di circa 12 mesi che, con gli occhioni azzurri spalancati, si ciuccia una mano mentre sta chiuso in un uovo tecnologico alimentato da fasci di fibre (protoni? laser? gas nervino?); un’altra foto ritraeva una capretta chiusa in un incubatore con a fianco scritto: SUA MADRE E’ UNA SCATOLA. E non e’ che il settimanale sia stato una mosca bianca(?), piu’ o meno allo stesso modo la notizia e’ stata riportata da tutti i mezzi d’informazione.
Ma di chi e’ la colpa di tanta, sistematica disinformatia? Dei giornalisti, certo, ma non solo. Purtroppo anche loro, come tutti, devono mangiare, ed in questo mondo che non sfugge mai alla legge darwiniana della selezione naturale, non fanno altro che adattarsi, assecondandole, alle pressioni cui sono sottoposti. Sono uomini, ne’ buoni ne’ cattivi, semplicemente devono sopravvivere, e magari anche affermarsi nella loro professione.
Gia’ ma chi e’ che preme? I politici? Si’, certamente, come sempre verrebbe da dare tutta la colpa a loro che si sono appropriati del suffisso bio- per creare nuove ideologie. Quello che doveva semplicemente significare “vita”, ora, a seconda dei contesti e’:
– prefisso alla parola “logico” per indurre il consumatore a comprare la mela brozzoluta, che magari ha meno pesticidi e sei felice se ti trovi il vecchio verme tra i denti (sempre che sia digiuno se no, nutrendosi di terra, sara’ pieno di fertilizzanti);
– prefisso alla parola “etica”, cosi’ non si capisce piu’ da che parte sta il pontificatore di turno su cio’ che devi o non devi fare (che comunque ti mette in soggezione perche’ non ti parla di morale, ma delle “leggi di Madre Natura”);
– prefisso alla parola “terrorismo” in modo da farci sospettare che se c’e’ ancora gente che si ammala e’ perche’ c’e’ qualche Osama Bin Laden che trama di nascosto;
– e da ultimo prefisso a “tecnologie” che va da se’ evocano soldi, business e quelle sporche multinazionali che sono sempre in agguato a mangiare i bambini dei comunisti (perche’ quelli degli altri pare che li abbian gia’ mangiati loro).
E allora come non avere il sospetto che ad un giornalista di provincia, magari entusiasta di vederli di nuovo sani, sia mancata la voglia di dire che i cipressi di Bolgheri sono….argh, gulp,….clonati o ancor peggio geneticamente modificati. Se lo siano effettivamente non lo so, non sono riuscita a saperlo, ma so che ogni volta che pronuncio la parola “clonazione” fuori dal laboratorio in cui lavoro, ne devo spendere mille altre per spiegare che non sto parlando dell’Anticristo o della bomba atomica, ma di una normale tecnica usata ormai da tanto tempo, che solo ora e’ diventata sinonimo di un pericolo tremendo per l’umanita: la speranza di guarire da alcune malattie.
Ma sarebbe ingiusto limitarsi a chiamare sul banco degli imputati solo i politici. La nuova torre di Babele in cui la confusione linguistica ben nasconde (per ora) le rinascenti ideologie, vede tra i suoi costruttori anche gli scienziati, non tutti no, ma molti, troppi. Perche? Perche’ come i giornalisti di cui sopra, si adattano alle pressioni selettive, che gli arrivano sotto forma di finanziamenti concessi o negati, concorsi vinti o persi, nomine nelle commissioni ministeriali di questa o quella maggioranza, ed ora anche sotto forma di interviste e riflettori televisivi. Facendo poi un mestiere che della competizione ha fatto arte, ognuno tira un po’ la coperta sulle sue cose, esagerandone magari l’importanza, prospettando imminenti svolte terapeutiche, svilendo i filoni di ricerca che altri si ostinano umilmente a seguire fuori dal clamore. A questo punto sento gia’ arrivare una e-mail di protesta: e la questione dei brevetti dove l’hai lasciata? Gia’ i brevetti, tra le pressioni selettive anche loro hanno un peso, e’ indubbio. Ma come si risolve il conflitto tra chi spende per produrre e chi non ha i soldi per consumare? Non certo alzando le bandiere contro l’esercito nemico. Negli Usa, patria del “tutto e’ brevettabile” dove meno regole si mettono al mercato e meglio e’, sono gli stessi operatori delle aziende di biotecnologie che stanno cominciando ad interrogarsi se non sia necessario darsi qualche regola e rivedere da capo la lista di cio’ che si puo’ o non si puo’ brevettare. E si sta facendo strada, ma forse i no-global non ci crederanno, il sospetto che un’adeguata, e regolata, cooperazione tra pubblico e privato nel settore delle nuove terapie promesse dalle cellule staminali e dalla bioingegneria, potrebbe essere la chiave per garantirne l’accessibilita’ a tutti, in barba a brevetti e licenze commerciali.
L’Unione Europea che, seppure piu’ prudente, ancora ha qualche inquietudine da risolvere sui brevetti, deve ora affrontare il non facile compito di rilanciare lo sviluppo delle biotecnologie (per cui ha stanziato una discreta quantita’ di Euro prelevati direttamente dal nostro portafoglio), e nello stesso riportare alla realta’ tutta una serie di ministri e capi di Governo di Paesi come Spagna, Francia, Germania e la stessa Italia, che, persi nel limbo dei conflitti etici, preferiscono buttare nella spazzatura insieme agli embrioni scaduti anche qualche milione di malati.
Ma chi fa pressione sui politici? Le manifestazioni di piazza? E dove vai se sei in carrozzella con ‘ste barriere architettoniche? A chi lo lasci il familiare malato che ha bisogno di assistenza? Ed e’ qui che casca l’asino della democrazia in pericolo. Nella poca possibilita’ di farsi “pressione selettiva” di qualche milione di cittadini dimenticati. Ma chi e’ che se ne dovrebbe ricordare?