Cassa integrazione: si può chiedere l’anticipo alla banca. Brevi note pratiche per i beneficiari

Per far fronte alle difficoltà economiche causate dal Coronavirus, i lavoratori dipendenti messi in cassa integrazione (Cig), in attesa del pagamento da parte dell’Inps, possono chiedere un anticipo sulle somme ad essi spettanti e hanno la possibilità di ottenerlo dalle banche grazie all’accordo che l’Associazione bancaria italiana (Abi) e le organizzazioni sindacali hanno siglato. L’importo forfettario di 1.400 euro, è calcolato su 9 settimane di sospensione del lavoro a zero euro. Se la durata è inferiore, anche l’importo sarà ovviamente ricalcolato. L’anticipo da parte dell’Inps non potrà superare i sette mesi.

Quali lavoratori ne hanno diritto:
I lavoratori dipendenti (anche soci lavoratori, lavoratori agricoli e della pesca).
L’anticipazione vale anche per i lavoratori che devono ricevere l’assegno tramite il Fondo di integrazione salariale gestito dall’Inps o altri fondi di solidarietà di categoria.

Il primo passo: la richiesta
La richiesta della cassa integrazione per l’emergenza Covid-19 è fatta dal datore di lavoro, specificando che la sospensione è a zero ore e che richiede all’Inps il pagamento diretto della Cig.

Il secondo passo: il lavoratore chiede alla banca
I lavoratori che decidono di usufruire dell’anticipo devono presentare la domanda ad una delle banche che ha aderito all’accordo. L’elenco completo lo si trova sul sito dell’Abi, l’associazione bancaria italiana.
Si possono chiedere informazioni anche alle organizzazioni sindacali e consultare i siti delle Regioni che hanno siglato accordi in tal senso. Infatti occorre che le banche abbiano sottoscritto la nuova Convenzione per poter offrire il prodotto. Ad esempio, il Piemonte ha un accordo con Intesa san Paolo e Banca Sella, e l’Emilia-Romagna con BPER, Banca di Piacenza, UniCredit, Cassa di Risparmio di Ravenna, Cassa di Risparmio di Cento, Intesa San Paolo, San Felice 1893 Banca Popolare, Crédit Agricole Italia, Banca Cambiano 1884 S.p.A., Monte dei Paschi di Siena. Nei prossimi giorni ne potrebbero arrivare altre.
I documenti per presentare la domanda vanno chiesti direttamente alla banca oppure possono essere utilizzati i file in pdf allegati in calce: (Allegato A, CIGO ex Covid-19 30 marzo e Allegato C, altre causali).

Il terzo passo: intervento della banca
La banca, per prima cosa, verifica che ci siano tutti i presupposti e le carte in regola per un’apertura di credito (in pratica un prestito a brevissimo termine). Se tutto va bene, vi farà aprire un conto corrente dedicato. Alla banca è richiesto di fare questa verifica in tempi molto brevi e di comunicare la risposta al lavoratore in cassa integrazione.
L’apertura di credito in conto corrente per 1.400 euro termina quando l’Inps versa il trattamento di integrazione salariale e comunque non può superare i sette mesi.
Se l’Inps non dovesse accettare la domanda (e questo lo sapranno sia il lavoratore attraverso la sua azienda, sia la banca) allo scadere dei sette mesi il lavoratore dovrà restituire i soldi alla banca entro 30 giorni.
Va però precisato che il tasto dolente della convenzione allo stato attuale, è che l’apertura del conto corrente e l’uso dell’apertura di credito, in alcuni casi, hanno un costo per il lavoratore. Non è detto infatti che l’anticipo sia a costo zero e questo è reso possibile dal fatto che nell’accordo, si trova scritto che le banche adotteranno “condizioni di massimo favore al fine di evitare costi, in coerenza alla finalità ed alla valenza sociale dell’iniziativa”.
Banca Carige, Banca di Piacenza e Banca Etica offrono l’anticipo a costo zero. In altri casi invece, come per Intesa San Paolo e Banca Sella, sono previsti interessi sul fido accordato (più bassi di quelli normalmente richiesti su un’apertura di credito), e dei costi per il conto corrente. Mentre invece non si paga mai la commissione sull’accordato che di solito è lo 0,5% del fido a trimestre.
Resta purtoppo un dato di fatto: in molti casi ci sono oneri e costi che sarebbe bene fossero a carico dello Stato, visto che si tratta di un anticipo che il lavoratore è costretto a chiedere a causa della lentezza della erogazione della Cassa integrazione da parte dell’Inps.
 

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