Cannabis terapeutica. Non bastasse il DPA, ora ci si mette pure l’AIFA…
Ce lo aspettavamo che prima o poi sarebbe accaduto, ma è molto peggio di quel che si poteva razionalmente prevedere. La Determinazione dell’AIFA pubblicata sul supplemento n°33 alla Gazzetta Ufficiale del 30 aprile scorso, in cui viene concessa l’Autorizzazione all’Immissione in Commercio al “Sativex” rappresenta una chiusura totale, devastante ed inaspettata, per l’uso terapeutico dei farmaci derivati dalla cannabis in Italia: in poche ore siamo tornati indietro di moltissimi anni, dopo una brevissima primavera di speranza.
Grazie ad un insieme di disposizioni incredibilmente rigide ed antiscientifiche, dall’evidente sapore di propaganda politica antidroga, è una dichiarazione di guerra ai malati, uno schiaffo alle loro necessità e speranze. Il Sativex sarà prescrivibile solo per quel malato di sclerosi multipla, che sia affetto da spasmi intrattabili con tutti gli altri farmaci antispastici. L’AIFA specifica, in Gazzetta Ufficiale, che i pazienti dovranno inoltre aver dimostrato “un miglioramento clinicamente significativo dei sintomi associati alla spasticità nel corso di un periodo di prova iniziale della terapia”.
Non bastasse, l’AIFA ha anche deciso che il Sativex si prescriverà solo con “ricetta limitativa” (RL), cioè si limita la prescrivibilità ai soli neurologi e centri ospedalieri, e viene ostacolato anche l’utilizzo delle preparazioni magistrali galeniche, che grazie a questa trovata saranno probabilmente vincolate alle stesse limitazioni.
Sono 3 le categorie di farmaci per i quali è richiesta la RL, ed i cannabinoidi a nostro modesto ma ‘informato’ avviso non rientrano in nessuna di queste, comprendenti p.es. interferone e chemioterapie oncologiche. Nemmeno la morfina richiede RL per essere prescritta, e può farlo qualunque medico, anche se è inserita nella più restrittiva tra le Tabelle degli stupefacenti prescrivibili, la II A. Limitare la prescrizione allo specialista neurologo ed a strutture ospedaliere significa comunque che in ambito ospedaliero qualsiasi specialista potrebbe prescrivere questi farmaci e preparazioni magistrali, ma è fin troppo facile prevedere che saranno ancor meno di ora a farlo. Il concetto di massima pericolosità e controllo per queste medicine è per i medici un messaggio eloquente, quelli di base poi sono esclusi a priori, con un tratto di penna.
A completamento del quadro, per quanto riguarda la rimborsabilità, il Sativex è farmaco di Classe H: “di impiego esclusivo in ambiente ospedaliero o negli ambulatori specialistici e non dispensabile al paziente in farmacia”. Il sito dell’AIFA aggiunge: “Infine, si ricorda che è attualmente in corso la raccolta delle informazioni relative ai responsabili autorizzati a questo tipo di operazioni. Pertanto, si invitano le Regioni che non avessero ancora inviato i dati a farlo quanto prima.”
Con queste nuove assurde limitazioni viene anche cancellato il lavoro di anni di diverse associazioni che avevano impegnato molti dei loro sforzi a seguire i percorsi delle leggi regionali. A questo punto le leggi già approvate potrebbero risultare totalmente inutili.
E’ davvero un pericolo per la salute pubblica, l’uso terapeutico di cannabis? In Canada, dove senza che ciò rappresenti un problema il Sativex è presente in farmacia da tempo, nonostante la situazione relativamente aperta ed anni di esperienza e raccolta di dati nello svolgimento del MMAP (Marijuana Medical Access Program), la Corte Suprema ha stabilito che non tutti i pazienti hanno sufficiente accesso alla cannabis medicinale di stato o auto-coltivata, anche da terzi incaricati dal malato, ed ha chiesto la modifica della legge in senso meno limitativo per i malati.
Nella vicina Germania, una Corte amministrativa ha imposto alla BfArm del ministero della salute di non rigettare le richieste di auto-coltivazione da parte dei pazienti che, per motivi economici o di altro tipo, non potessero utilizzare le infiorescenze olandesi “Bedrocan” secondo la procedura amministrativa standard, e tralasciamo di parlare della situazione in California e negli altri 18 Stati Usa che hanno programmi di Medical Marijuana, o di quella in altri Paesi europei e non. Mentre in Colorado e Washington si è deciso tramite referendum popolare di legalizzare la marijuana per tutti gli utilizzi al di là di quello medico, da noi si scrivono regole rigidissime e discriminanti anche per l’accesso dei malati ai farmaci. In Israele per molto meno (nuove restrizioni in vigore da subito per l’uso della cannabis a fini terapeutici, una lista di 7 patologie comprendente Cancro, morbo di Crohn, Colite, Hiv, SM, malati terminali negli ultimi 6 mesi di vita, dolore ma non Parkinson, glaucoma e disturbi psichiatrici), pazienti e medici saranno dal 23 Maggio in sciopero della fame di fronte al Ministero della Salute, mentre diversi ospedali israeliani già avvertono che le nuove procedure provocheranno il ricorso all’acquisto al mercato illegale da parte dei pazienti estromessi dalla lista, e criticano le norme per essere “arbitrarie e discriminanti senza alcuna spiegazione logica”.
E da noi, cosa succederà ora? Non basta certo una delibera dell’AIFA a far svanire le sofferenze, nessuno può seriamente pretendere che cittadini malati si mettano l’anima in pace e rinuncino a migliorare le proprie condizioni di salute, oggi ed in un prossimo futuro. Moltissimi hanno ormai sperimentato personalmente effetti benéfici sostanziali sui propri sintomi per patologie come glaucoma, epilessia, Hiv, tumore e molte altre, sostituendo o diminuendo i dosaggi di farmaci ben più tossici, o riducendo i loro effetti collaterali. Tramite l’accesso legale su prescrizione medica e magari gratuitamente dal 2005 ad oggi, o con viaggi nei molti paesi esteri dove è disponibile la cannabis terapeutica, o con l’acquisto presso il mercato nero, o con pratiche illegali ‘fai da te’.
Dopo questa chiusura sui farmaci, anche per chi era riuscito ad averne già accesso legalmente ed ora dovrebbe interrompere la terapia, non rimane che l’azione diretta a tutela della propria salute: coltivare seriamente le alternative e seguire la strada dell’auto-produzione. In questi giorni moltissimi pazienti, autonomamente in tutta Italia, stanno valutando come unica soluzione quella di iniziare un percorso che diventa ancora più urgente alla luce degli ultimi colpi bassi alla libertà di cura, e già in diverse città piccoli gruppi di cittadini con diverse patologie, si stanno organizzando sul modello dei Cannabis Social Club, una proposta alle istituzioni su scala europea.
Ne va della nostra salute, troppo importante per delegarla all’Aifa, agenzia recentemente contestata anche dagli Oftalmologi (“non è in grado di tutelare la salute visiva degli italiani”) e dai Diabetologi, tantomeno al Dipartimento Politiche Antidroga ed alle organizzazioni mafiose.