Camminare sviluppa e fa bene al cervello. Ipotesi educativa
L’esercizio fisico che sembra avere il maggiore impatto sulle nostre capacita’ cognitive e’ anche il piu’ semplice, poiche’ si tratta del camminare. Barbara Oakley, coglie l’occasione per sottolinearlo: “Un chimico particolarmente creativo della meta’ del XIX secolo, Alexander Williamson, ha fatto notare che una una camminata solitaria vale come una settimana in un laboratorio per aiutare a far progredire il proprio lavoro. Camminare stimola la creativita’ in molti ambiti: come molti scrittori famosi -tipo Jane Austen, Carl Sandburg e Charles Dickens– hanno trovato le loro ispirazioni nel corso delle loro frequenti e lunghe camminate”.
Alcuni recenti studi danno ragione a Williamson e a Dickens. Camminare accresce le capacita’ cognitive. Per esempio, una ricerca di una équipe interunivesitaria spagnola tende a mostrare che gli adolescenti che vanno a scuola a piedi hanno migliori capacita’ cognitive (misurate con l’aiuto di un test standard) rispetto a quelli che raggiungono i loro edifici scolastici in bus o in automobile. E le giovani donne che camminano per piu’ di 15 minuti hanno migliori risultati di quelle che percorrono distanze inferiori. Perche’ delle ragazze e non dei ragazzi? Prima di tutto, il comunicato da cui abbiamo appreso la notizia ci fa sapere che la stessa e’ stata effettuata su 808 ragazzi e 892 ragazze. Lo studio originale, purtroppo, non e’ disponibile, ma ci sono senza dubbio delle risposte in un passaggio in cui di scrive che, durante l’adolescenza, “la plasticita’ del cervello e’ superiore rispetto a qualunque altro momento della vita, cosa che rende questo periodo propizio allo stimolo della funzione cognitiva”. Nel contempo, continua l’articolo, l’adolescenza e’ il periodo che registra il livello piu’ basso di attivita’ fisica, e questo accade maggiormente tra le ragazze. Di conseguenza, si puo’ dedurre che lo studio riguarda soprattutto queste ultime perche’ sono quelle che si muovono meno dei ragazzi in questa fase della loro vita.
Camminare, e’ creativo
Perche’ camminare possiede questo effetto? La prima ipotesi sarebbe quella che favorisce quel modo diffuso di cui parla Barbara Oakley, e permetterebbe anche all’inconscio di generare situazioni creative. Pertanto, sembra che i benefici del camminare non siano semplicemente dovuti al fatto di “cambiare aria” o di far prendere aria allo spirito, ma che l’atto di camminare agisca direttamente sul cervello, cosi’ come dimostrato da un esperimento fatto a Stanford e riportato dal blog Machines Like Us. Lo studio riguarda la creativita’. Per misurarla, si ricorre ad un esercizio attualmente considerato classico: si tratta di trovare un numero massimo di utilizzatori per un oggetto abituale…
Come sempre nelle esperienze psicologiche, si dividono i soggetti in due gruppi. In questa circostanza uno resta immobile mentre l’altro cammina. Il numero di risposte inventive scaturite dal gruppo di camminatori si e’ dimostrato superiore tra l’80 e il 100% rispetto alle risposte che si ottenevano dalle persone che non si muovevano. Ma non ci si ferma qui. I ricercatori hanno rifatto l’esperimento, ma questa volta i camminatori restavano all’interno, su un tapis-roulant, mentre i “non camminatori” potevano muoversi all’esterno, ma su delle sedie mobili. Risultato, coloro che camminavano sono risultati ancora una volta i piu’ creativi.
Anche arrampicare aiuta
Un altro tipo di attivita’ sembra attirare l’interesse degli scienziati: sono gli esercizi “propriocettivi”, destinati ad aumentare la capacita’ di percepire il proprio corpo, per esempio salendo su un albero.. Secondo alcuni ricercatori della Florida. le attivita’ di questo genere aumentano la memoria di lavoro di circa il 50% in un periodo molto breve (due ore). In virtu’ degli esercizi fatti in base alla loro esperienza, oltre che l’arrampicata, c’e’ anche lo spostarsi su una trave, camminare facendo attenzione alla propria postura, correre a piedi nudi, arrampicarsi e muoversi tra gli oggetti, etc. Da evidenziare che questo studio e’ stato effettuato su degli adulti di 18/59 anni, e non su dei bambini.
I ricercatori hanno comparato i risultati di questa sorta di esercizi con quelli registrati su delle persone che praticano yoga, una disciplina dove le complesse posture accrescono questa capacita’ di “propriocezione” e che dovrebbe quindi, in teoria, essa stessa aumentare la nostra memoria di lavoro. Ma non hanno scoperto niente del genere. La conclusione e’ che e’ la combinazione della “propriocezione” con un esercizio dinamico, cioe’ che consente di ottenere questo tipo di effetto. Le posture dello yoga, troppo statiche, non forniscono quindi i criteri necessari (sarei curioso, tuttavia, di conoscere le posture di yoga che sono state prese in considerazione, e soprattutto se essi hanno analizzato quelle che si chiamano posture d’equilibrio, certamente statiche, ma che comportano un costante riaggiustamento della posizione corporale e comportano di conseguenza un aspetto dinamico, anche se in modo discreto).
Per Ross Alloway, autore dello studio, e’ piuttosto la combinazione di esercizio e riflessione che sarebbe la causa di questo risultato “cognitivo”: “Questa ricerca suggerisce che mettendo in atto delle attivita’ che ci fanno riflettere, noi possiamo esercitare il nostro cervello contemporaneamente al nostro corpo… Essa presenta delle implicazioni importanti per tutti, bambini e adulti. Facendo una pausa per effettuare delle attivita’ imprevedibili e che ci obbligano a coscientemente adattare i nostri movimenti, noi possiamo rinforzare la nostra memoria di lavoro per meglio lavorare in una aula scolastica o in un altro luogo”.
Verso nuove pratiche educative?
Ma a quale genere di scoperte si applica? Nel suo recente libro Brain Rulestraduit, sotto il titolo “Le Dodici leggi del cervello”, il biologista John Medina, osserva che un buon numero di ricerche effettuate in materia riguarda le persone adulte, mentre “il numero di studi che hanno fatto conoscere i risultati sugli effetti dell’esercizio fisico sui bambini e’ assolutamente microscopico”.
Bene, le cose cambiano, piu’ o meno dolcemente, Per esempio, questo studio riportato dal quotidiano The New York Times, effettuato su 220 bambini di 9 anni e piu’. Un’eta’ dove, ci spiega il giornale, si sviluppano particolarmente le funzioni esecutive del cervello, quelle che aiutano a concentrarsi e a destreggiarsi tra i vari compiti, in breve a pianificare le nostre attivita’. Il gruppo e’ stato diviso in due, 110 bambini con la funzione di “gruppo testimone”, mentre l’altra meta’ si impegnava a scuola in un programma di esercizi fisici diversi, sempre molto ludici. L’esperimento e’ durato tutto l’anno scolastico. Alla fine, i piu’ piccoli hanno passato diversi test cognitivi e quelli del gruppo che hanno vinto l’allenamento fisico, si sono mostrati migliori nelle situazioni legate a queste funzioni esecutive ed essenzialmente in quella della “inibizione attenzionale”, che permette di rifiutare le informazioni senza valore e di concentrarsi sui compiti in corso (i bambini del gruppo di testimonianza sono anch’essi progrediti, ma in minori proporzioni).
Esistono anche dei lavori piu’ sperimentali, come quello fatto da Carmen Perick Smith, dell’Universita’ del Vermont, sull’uso della Kinect nella comprensione della geometria.
La ricercatrice ha sottoposto dei bambini della scuola primaria a dei test in cui dovevano, con le braccia, creare degli angoli specifici (acuto, ottuso, retto) proiettando il tutto su uno schermo attraverso la Kinect. E come ci si poteva aspettare, il livello di comprensione dei bambini che avevano utilizzato questo sistema era superiore a quello dei loro compagni educati con rappresentazioni piu’ statiche -e tradizionali- delle figure geometriche.
Malgrado le sue riserve menzionate prima, Medina, non esista ad introdurre quelle idee sul futuro degli insegnanti in classe: “E se durante le lezioni i bambini non rimangono seduti sui loro banchi, ma camminano sui tapis-roulant? Gli alunni potrebbero ascoltare un compito di matematica percorrendo da 1 a 3 Km all’ora, o studiare l’inglese su dei tapis-roulant modificati per poter incorporare un computer fisso”.
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Medina riconosce che non s tratta di una suggestione: “un metodo del genere, spalmato in un anno scolastico, potrebbe migliorare le performance scolastiche? Sia per i neuroscienziati e per i ricercatori in materia educativa che ci possono dimostrare i vantaggi nel mondo reale, la risposta e’: nessuno lo sa”.
Purtroppo, Per cio’ che riguarda l’ambito del cervello, e soprattutto quello delle applicazioni pratiche delle scienze cognitive, la frase “nessuno lo sa” si ripete spesso”.
(articolo di Rémi Sussan, pubblicato sul quotidiano le Monde del 30/01/2016)