Cambiamento climatico. Libro/manifesto di Nicolas Hulot: Osate!
Alla vigilia della conferenza mondale sul clima (COP21) di Parigi, Nicolas Hulot, inviato speciale per la protezione del Pianeta di Francois Hollande, pubblica un libro-manifesto, “Osons, plaidoyer d’un homme libre” (Osiamo, l’impegno di un uomo libero”). Hulot fa appello ai responsabili politici dei vari Paesi piu’ ricchi e che sono tra i massimi responsabili delle emissioni di gas ad effetto serra, perche’ “ammettano che gli impegni oggi sul tavolo dei negoziati, non sono sufficienti a limitare i cambiamenti climatici a 2 gradi”.
“I summit sul clima si succedono, le conferenze sullo stato del Pianeta si moltiplicano, siamo sommersi dalla valanga di rapporti uno piu’ allarmante dell’altro. E ci si rassicura con tantissime dichiarazioni di intenti e di buone risoluzioni. Ma occorre constatare che se la consapevolezza e’ in crescita, la sua trasformazione concreta e’ ridicola a fronte della crescita di quei fenomeni che vengono considerati come un blocco. Le parole sono molto spesso come una mielosa camomilla per darci conforto a fronte dei nostri eccessi di civilizzazione. Noi siamo tecnologicamente sbalorditivi, ma culturalmente desolanti. Stiamo assistendo come spettatori informati alla marcia verso la catastrofe globale. Siamo obbligati a cambiare per non sparire. L’umanita’ deve recuperare. Uscire dalla propria indifferenza e far nascere un mondo che si prenda alla fine cura di se’. “Non siate troppo allarmisti, non cessate mai di darmi lezioni, mi spaventate”. Ma se la diagnosi e’ sbagliata, il trattamento sara’ altrettanto. Se per il futuro si e’ promesso un lago piuttosto che un mare agitato, voi armerete la nave in modo diverso.
Osiamo, infine, e guardiamo la realta’ in faccia!
Solo le menzogne mi spaventano. Il peggio delle sofferenze, e’ di lasciare che a decidere sia il tempo invece di noi stessi. La verita’ e’ che noi siamo trasportati come se fossimo su un fiume in piena verso la nostra tragedia. Accidenti agli occhi chiusi. Io voglio testimoniare qui l’agonia della natura. Ho visto cio’ che vive sparire come la sabbia nella mano. Noi avveleniamo la Terra cosi’ come facciamo con le nostre vene. Quello che credevo immutabile, e’ scomparso nel momento in cui sono stato assente. Nessun territorio, anche quello che messo molto male e’ peggiorato, non riesce a non essere coinvolto dalle ferite che vengono provocate dell’essere umano. Nel piu’ profondo degli abissi, la nostra impronta e’ visibile. Durante quaranta anni di incontri e di scoperte instancabili, ho avuto questa sensazione, di tristezza e di meraviglia, di arrivare giusto in tempo per vedere un mondo come una reliquia.
Ma, simultaneamente, ho preso brutalmente coscienza della nostra vulnerabilita’. Noi viviamo su un filo di seta di tolleranza. La nostra sopravvivenza dipende da un piccolo cumulo di humus sotto i nostri piedi e da una infima e delicata pellicola, l’atmosfera, al di sopra delle nostre teste. Uno come l’altro, noi li saccheggiamo.
Osiamo riconoscendo che distruggendo la biodiversita’, di cui noi siamo parte consapevole, condanniamo la nostra sorte.
Noi siamo ad un punto di rottura fisica e psichica. Voglio proclamare che, per la prima volta, l’umanita’ puo’ autodistruggersi, come comunita’ ma anche come valore supremo. Piu’ l’essere umano pensa di liberarsi della natura, piu’ esso diventa fragile. Dobbiamo osare per affermare che il Pianeta puo’ andare oltre noi stessi, ma che noi non possiamo andare oltre lui.
Voglio credere che il riscaldamento climatico non sia una semplice crisi che il tempo cancellera’. E’ la sfida che condiziona tutte le sfide di solidarieta’ alle quali noi siamo attaccati. Riguarda e condiziona tutto cio’ che e’ importante per i nostri occhi.
Osiamo affermare che la crisi climatica e’ l’ultima ingiustizia.
Essa colpisce subito i piu’ vulnerabili: le popolazioni che non solo non hanno approfittato del nostro modello di sviluppo, ma che ne subiscono i maggiori effetti negativi. Sviluppo che e’ diventato talvolta tale sulle loro spalle, utilizzando le loro risorse naturali e le loro popolazioni.
Osiamo dire che questa nuova umiliazione in un mondo diviso e teso puo’ esse cause di rotture nell’umanita’. Facendola scivolare in un baratro di odio e incomprensione.
Osiamo dire che il Nord deve dare di piu’ al Sud, e non viceversa.
Osiamo gridare che la solidarieta’ non e’ piu’ un’opzione, in un mondo relazionato, iperattivo: essa e’ la condizione indispensabile per la pace. La pace, come la liberta’, e’ indivisibile. Non e’ una semplice questione di morale o di etica. Non si puo’ esigere che l’essere umano subisca e osservi di essere escluso, avendo come unica prospettiva la rassegnazione. Su un Pianeta connesso, dove tutto si vede, tutto si sa, l’ingiustizia e la miseria, o qualunque altra cosa, costituiscono un pericolo per la prosperita’ di tutti. L’integralismo e’ talvolta il risultato di quando la miseria trova le porte chiuse.
Osiamo dire che il fatalismo degli uni provoca il fanatismo degli altri.
Non dimentichiamo mai che la causa ecologista e’ la pietra angolare della dignita’ umana e della giustizia sociale. E’ il Graal del XXI secolo: questo secolo sara’ ecologico o non sara’. Sara’ solidale o non irradiera’. Il genio umano, la ricerca, l’economia, piuttosto che disperdersi in diversi fronti, deve concentrarsi su questo solo obiettivo.
Osiamo dire che un altro mondo e’ giusto ed gia’ in marcia,
che l’immaginazione abbonda e che l’innovazione prolifera. L’ho visto ovunque nel mondo, nel Benin, in Cina, in Colorado, in Francia e nel Vicino Oriente… Prolifera, tra gli individui, nelle associazioni, i collettivi, le piccole e grandi imprese, ma questo cambiamento si scontra con il conservatorismo, lo scetticismo o, peggio, con la cupidigia di un piccolo numero di persone.
Osiamo liberare lo spazio per coloro che creano, che innovano, che pensano e costruiscono il mondo di domani con uno spirito di solidarieta’.
Osiamo sanzionare coloro che rubano, saccheggiano, scaricano i gas nocivi, accaparrano le ricchezze del mondo.
Osiamo cambiare il paradigma, le regole del gioco, i punti di riferimento.
Osiamo dire che la violenza capitalista ha colonizzato tutti i circoli di potere.
Osiamo uscire da questa mistificazione che fa credere che la solidatieta’ e il cambiamento sono possibili lasciando una parte intera dell’economia senza scampo. Senza la fine dei paradisi fiscali, dell’ottimizzazione fiscale, dell’evasione fiscale legale o fraudolenta, senza la fine di una finanza occulta che non partecipa alla solidarieta’ degli Stati, tutte le nostre intenzioni, sincere o meno, finiranno nell’impossibilita’ di mantenere le nostre promesse ed alimenteranno il ciclo infernale dell’umiliazione, della frustrazione e della repressione.
Osiamo riprendere il controllo sulle imprese finanziarie che ignorano l’interesse generale.
Osiamo denunciare questi mercati che usufruiscono della scarsita’ che creano. In sintesi, rompiamo questo ordine cannibale.
Facciamo appelli ovunque alle regole, alla regolamentazione, per passare infine da un’economia che dispensa ad un’economia che protegge, in modo che nessun bene comune sia mai piu’ indirizzato al profitto di un piccolo numero.
Ridiamo poteri allo Stato perche’ la finanza sia di nuovo al servizio dell’economia, e l’economia al servizio delle donne e degli uomini.
Ma piuttosto che constatarlo, osiamo le soluzioni.
Osiamo di gioire perche’ apriamo una nuova pagina dell’avventura umana. Noi possiamo ancora agire, anche se la finestra e’ molto stretta.
Osiamo pensare in grande, osiamo l’utopia, osiamo cassare i codici e uscire dagli standard. Rompiamo lo scetticismo e la rassegnazione. “Crearci dei limiti non da’ risultati per servire il mondo”, cosi’ ci metteva in guardia Nelson Mandela.
Osiamo le azioni piuttosto che le dichiarazioni, l’ambizione piuttosto che la rassegnazione.
Osiamo l’unita’ piuttosto che la dispersione. Mettiamo tra parentesi tutte queste divisioni sterili che noi coltiviamo con delizia per meglio individuarci, etichettarci e anche affrontarci.
Osiamo dire che l’ecologia non deve essere un parlarsi tra adepti, essa e’ un metodo politico nel senso piu’ nobile. Non e’ una questione di sinistra, ne’ di destra, ne’ di centro; e’ un argomento superiore. Questo e’ semplicemente l’avvenire e la salvaguardia della famiglia umana e del suo ecosistema, il Pianeta. Pensare ecologico e’ pensare integrale. L’ecologia e’ accettare i limiti del nostro Pianeta traendone lezione.
Osiamo dire che fintanto che ogni Stato ragionera’ per proprio conto, per i propri interessi nazionali, cosi’ come ogni individuo si proiettera’ attraverso il prisma del suo benessere egoista, allora, non ci sara’ un risultato felice.
Osiamo credere nella nobilta’ dell’anima umana e rinnoviamola con la speranza.
Osiamo dire che c’e’ anche una bella umanita’ che vuole che ci si batta senza compromessi per se stessi: una umanita’ sovente invisibile e silenziosa, ma che incarna la solidarieta’ ordinaria e genera nell’ombra la primavera del cambiamento.
Osiamo dire che l’umanità che deruba, che nega, che disprezza e che saccheggia non e’ rappresentativa dell’umanita’ che si muove. Essa ne e’ la parte piu’ visibile, senza scrupoli, il campo dei saccheggiatori e dei cinici. Disprezziamola e mettiamola sull’altra faccia della medaglia umana.
Osiamo dire che c’e’ bellezza e generosita’ presso i poveri come presso i ricchi, presso gli atei come presso i credenti, qualunque sia la loro origine, la loro educazione e la loro cultura, e, piu’ spesso, senza chiedere un riconoscimento.
In nome di tutti questi, oggi, agiamo, come essi lo hanno fatto ieri e lo faranno domani, per il benessere di tutti, non dobbiamo mai sottrarci alla speranza ne’ cedere alla tentazione della misantropia.
Ci sono dei Mandela e dei Pasteur in quantita’ tali che la maggior parte ignora. A questa foresta che pulsa senza che possa essere vista, diamo spazio, diamo luce.
Osiamo l’umilta’ e la moderazione
Osiamo dire che tutte le nostre crisi non sono che una sola: una crisi dell’eccesso. Fissiamoci dei limiti, perche’ il limite non e’ un ostacolo alla liberta’, ma la sua condizione. La liberta’ e’ la legge che si regolamenta da se stessa. Senza limiti, l’essere umano si inebria, divaga e si perde.
Osiamo la misura in tutte le cose, odiamo la mancanza di misura.
Osiamo emanciparci dal dio denaro, dalla tecnologia sovrana, dal consumo che crea dipendenza.
Osiamo l’innovazione, creiamo nuovi standard.
Osiamo liberarci dal petrolio, dal carbone, dal gas.
Osiamo il sole, il vento, l’acqua, il mare come uniche energie.
Osiamo il giusto scambio piuttosto che il libero scambio. Passiamo da una fase giovanile della competizione ad una fase piu’ matura della cooperazione.
Osiamo sottrarre i beni comuni alla speculazione.
Osiamo un’economia che economizzi e non che distrugga. Avvantaggiamo cio’ che ci protegge e penalizziamo cio’ che ci butta nel baratro.
Osiamo la protezione piuttosto che la predazione
Osiamo ammettere che la natura non e’ solo per soddisfare i nostri bisogni o assecondare il nostro destino.
Osiamo onorare l’oceano, l’humus, l’acqua e l’aria.
La protezione e la riabilitazione degli oceani, delle foreste, delle zone umide, delle terre coltivabili, di tutti gli ecosistemi, non e’ facoltativa, ma sono un obbligo per lottare contro il riscaldamento climatico, preservare la vita di tutte le forme e sradicare la poverta’. Salvare i babbuini e’ come salvare noi stessi.
Osiamo superare un antropocentrismo parassita. Noi abbiamo sviluppato un’attitudine alla mediocrita’, anche volgarita’, contrapposta alla natura, La nostra avidita’ ci fa divagare.
Osiamo dire che l’uniformita’ e’ indecorosa per l’uomo come per la natura e che la diversita’ e’ ricchezza. Piu’ la riduciamo piu’ diveniamo vulnerabili.
Osiamo dire che la sola tecnologia non ci portera’ fuori da questi cattivi percorsi e che la riflessione etica deve andare oltre la sola esperienza.
Alla scienza, addossiamo la coscienza per rimpiazzare la persona e i suoi diritti nel cuore del dibattito.
(…)
Capi di Stato, osate!
Noi, cittadine e cittadini del mondo, facciamo appello ai responsabili politici dei Pesi piu’ ricchi e maggiormente responsabili delle emissioni di gas ad effetto serra a farsi carico di questo deficit climatico.
Osate riconoscere che la lotta per il clima condiziona l’avvenire del nostro mondo: la sanita’, l’economia, il lavoro, la solidarieta’ e l’uguaglianza, l’agricoltura e l’alimentazione, la pace.
Osate ammettere che gli attuali impegni sul tavolo dei negoziati non sono sufficienti per limitare il cambiamento climatico a 2 gradi, ma che voi potete cambiare la situazione con un aumento delle vostre ambizioni: il G20 conta per tre quarti di emissioni mondiali!
Osate di smettere con i bei discorsi e le dichiarazioni di intenzioni, con la tentazione di rimandare a dopo le decisioni: agite!
Osate attenervi a dei mezzi finanziari, degli indicatori di controllo, delle regolamentazioni e a delle tabelle di marcia precise che vi impegneranno a partire da oggi.
In tutti i territori del mondo, gli attori si mobilitino, ognuno un po’ di piu’. Coscienti della responsabilita’ di ognuno, noi ci dobbiamo impegnare anche personalmente, ognuno con le proprie capacita’. Ma questo non sara’ sufficiente.
Voi, responsabili politici, avete una responsabilita’ storica.
La forza dell’accordo di Parigi avra’ valore nella misura in cui voi vi metterete all’opera.
Nuove regolamentazioni, prezzo del carbone, tassa sulle transazioni finanziarie, cambiamento dei modelli agricoli… Cio’ che occorre fare non dipende che dal vostro coraggio politico.
Capi di Stato, siate all’altezza. Entrate nella Storia. Osate!
Tratto e tradotto dal libro: Osons, plaidoyer d’un homme libre, Nicolas Hulot, Les liens qui libèrent, octobre 2015, 96 pages, 4,90 €.