Asili Nido. Come al solito mancano. Eppure, ci vorrebbe poco… anche se i bimbi non votano come invece fanno i disoccupati…
Con la fine delle vacanze e riavvio delle varie attività scolastiche, “tanto per cambiare”, registriamo denunce che arrivano da più parti per la mancanza di asili nido. Nei casi “più fortunati”, alcune famiglie rimediano con quelli privati, ma per l’appunto l’onere può per non pochi non essere sostenibile.
E’ una litania che si ripete puntualmente e, a fronte del generare stanchezza nel sentirselo ripetere, non ci viene la successiva assuefazione che in genere colpisce la reiterazione di stanchezze. Anzi! Litania che ha sempre le medesime caratteristiche: numeri negativi nelle Regioni più povere e un po’ meglio in quelle più ricche che, non a caso, rispecchiano la atavica differenza tra Nord e Sud dell’Italia, con il centro che fa da cuscinetto.
E’ evidente che il passato governo e l’attuale Parlamento non si sono posti il problema o, meglio, se lo sono posto male. Non sappiamo per il governo in formazione. Per le singole regioni e i singoli Comuni, vige la famosa “macchia d’olio”. Ma le denunce che cominciano ad arrivare sono preoccupanti; denuncia, per esempio, la Cgil regionale: “sono quasi 120 mila i bambini e le bambine che, in Sicilia, non trovano posto negli asili nido. Né pubblici, né privati”.
Evitiamo di riportare altri dati perché crediamo che si sia compreso l’andazzo.
Immaginiamo che la risposta degli amministratori (di ogni livello) sia sempre la stessa: non ci sono soldi. Mentre per le strutture private immaginiamo una risposta del tipo: troppo oneroso anche per l’aspetto fiscale.
Uno Stato, ed una società ed una cultura, che non si fanno carico dei bambini in sé e del conseguente tempo a disposizione che ne deriva per i loro genitori… presentano problematicità. Anche perché, questo Stato e questa società italiani, a fronte di una decrescita demografica “spontanea” nel nostro Paese si lamentano e straparlano di politiche di incentivazione della natalità – inconsciamente a nostro avviso: la nostra decrescita ha un contraltare di boom incontrollabile nel resto del mondo, soprattutto più disagiato; e in un mondo di globalizzazione vivente e futura (inarrestabile), la casa da considerare non può essere quella dove c’è il proprio letto e la propria scuola, ma quella di ogni angolo del mondo. Sembra una battuta, ma purtroppo non lo è: “fate più figli, contente alcune ideologie e religioni, e poi sono cazzi vostri!!”.
Nel contempo, ci viene in mente un pensiero di Milton Friedman: “Se tu paghi la gente che non lavora e la tassi quando lavora, non essere sorpreso se produci disoccupazione”… “disoccupazione” a cui possiamo aggiungere, come nella vicenda di cui stiamo ragionando, anche carenze di investimenti sociali, come gli asili nido per l’appunto.
Nel nostro Paese si sono trovati (dicono) i soldi per il reddito di cittadinanza, inclusa la sua gestione con le migliaia di navigator, ma quando abbiamo a che fare coi bimbi, anno dopo anno, ecco che questi soldi mancano. Anche qui viene un battuta scontata: “i bimbi non votano mentre i disoccupati sì”, ma sembra molto reale.
Domanda: sono più importanti i bimbi o i disoccupati? Entrambi, ovviamente. Ma a chi dare priorità? Ai futuri cittadini e alle famiglie che, non avendo asili, acuiscono le proprie difficoltà o agli attuali disoccupati? Quale economia creiamo quando costringiamo le famiglie al monoreddito o a redditi di ogni tipo (essenzialmente illegali) per la gestione dei propri bimbi, dovendoli o custodire in casa o mandarli ad asili privati (dove esistono, perché riescono a far fronte alla vessazione fiscale)?
La differenza tra queste impostazioni è tra realtà fine a se stessa o realtà futuribile. Noi, ovviamente, auspichiamo la seconda.