Giornata mondiale contro la droga
Quando si pensa alla giornata mondiale contro la droga come non si può tener conto che oggi di droga è assurdo parlarne. Ci sarà poi una giornata del malessere, della noia, della tristezza, del non amore?
Fossilizzati come siamo su quella che è solo una conseguenza estrema, rischiamo di non accorgerci di tutto il resto o meglio di arrivare sempre dopo a rincorrere quel disagio sommerso che spesso finisce per travolgerci.
La nostra società si sta letteralmente spegnendo, stiamo guardando solamente la punta di quel maledetto iceberg ma mentre cerchiamo di evitarla non ci rendiamo conto di ciò che sotto continua a crescere e rischia di distruggerci… che assurdità.
Paola 16 anni vive una vita che non sente più sua , capelli finti per farla sembrare una persona che non è, mentre mi parla piange in continuazione La sua colpa è quella di non essere accettata ed amata o meglio capita. L’unica sua forma di espressione è quella maledetta sostanza che si inietta con rabbia nella solitudine della sua stanza: “La droga uccide lentamente il mio mondo ma io non ho fretta”. E intanto l’eroina continua imperterrita il suo disastroso viaggio dentro quella tenera vita che gradualmente distrugge…
Quanti giovani incontriamo che spinti dalla disperazione cercano di avvicinarsi e scoprire questo mondo delle sostanze che per qualche strano sortilegio li attira affascinati, e allora sniffano, fumano, bevono, si impasticcano e quant’altro… ragazzi sempre più giovani in piena fase di crescita che alterano il loro mondo ancor prima di scoprirlo e farlo proprio.
Devastati e assuefatti dalla vita: soldi che non mancano, sostanze reperibili ovunque a basso costo, poco controllo… ma di che cosa ci meravigliamo?
“Dove andremo a finire” dico a Michel che insieme ai suoi 14 anni ogni giorno a scuola si porta nello zaino la bottiglietta di acqua minerale riempita di vodka. “Dove vuoi che finisca? Tanto chi si interessa di come sto…ai miei importa solo la carriera, la loro posizione, il loro lavoro…a loro va bene sempre tutto, tanto se ne fregano, non sono quello che si aspettavano e così provano a non accorgersene…”
Solo questa mattina con don Franco, responsabile della Casa del Giovane di Pavia, abbiamo ascoltato quattro minorenni imbottiti di tristezza e noia che spesso li porta a scaricare la rabbia assumendo sostanze.
Provate a spiegarlo voi a questi giovani che continuamente si imbottiscono di farmaci, alcol e droga che la vita vale la pena di essere vissuta… quando non si sentono capiti ed ascoltati.
Faticano a raccontarsi ad esprimere ciò che provano, a dare un nome alle loro emozioni ed è chiaro che ciò che al momento viene loro proposto in modo occasionale come ipotetica fonte della loro libertà, è ciò che invece li attanaglia e li schiavizza.
E allora che fare? Oggi i giovani non riescono più a comunicare, perchè faticano a trovare qualcuno sintonizzato sulla loro stessa frequenza e che si metta in condizione realmente di capire, di ascoltare e di prevenire…
Si sente spesso che dobbiamo intervenire nel bloccare i consumi, ma è questa la strada giusta?
Proviamo a pensare invece che esempi ci sono loro attorno, che figure di riferimento siamo noi per loro.
Forse ci spaventano le loro modalità di comportamento: il “basare” in continuazione cocaina, fumare spinelli mischiando alcool e viagra, prendere dagli armadietti della mamma benzodiazepine, fumare su quelle stagnole eroina a dosi massicce, sniffare colle e benzina…
Attaccati ai nostri script mentali cerchiamo in continuazione di dare spiegazioni assurde a questi comportamenti, cercando di fermarli, di impedirli, ma senza andare realmente a fondo dell’evidente malessere che si veste di droga o quant’altro.
Il fascino del proibito, del trasgredire a qualsiasi costo, del dimostrarsi qualcuno davanti all’amico è solo la concretizzazione di quell’angosciante e spaventoso anelito che li spinge a dire: “io ci sono… esisto” e ricercare le modalità più efficaci ed evidenti di dimostrarlo.
Pensiamo ai recenti fenomeni di bullismo messi in rete, questi giovani che si inventano le bravate più spettacolari pur di poter far parlare di loro, ricorrendo a forme di violenza e prepotenza inaudita che non interrogano le loro coscienze perché è più forte la necessità di sconfiggere questa noia e questo malessere che li pervade.
E il mondo adulto cosa fa? Gli scoop sui giornali, la ricerca dell’esclusiva, la raccolta delle parole degli amici e delle amiche che vivono assieme a chi in quel momento dimostra di essere più fragile… ma cosa spinge ad addentrarsi e a sbandierare questo disagio tramite i mass-media?
Non è forse vero che per molti è solo la ricerca del sensazionale che porta ad interessarsi ai loro casini e alle loro bravate che spesso purtroppo finiscono in tragedie? Chi, una volta scoperchiato il pentolone si prende realmente in carico di ciò che vi trova dentro e sceglie di immergersi realmente fino in fondo guardando oltre certi comportamenti e atteggiamenti devianti?
I loro sentimenti, le loro emozioni, i loro pianti nascosti spesso messi in rete chi mai li incontra? Eppure sono tutti segnali e richieste di aiuto che inviano attraverso bottiglie gettate in un oceano in balìa delle onde e della corrente, sperando che qualcuno le raccolga e insieme ad esse raccolga anche tutta la loro disperazione che ancora non riescono ad esternare direttamente.
I genitori faticano ad ascoltarli, ad accorgersi di loro, eppure rimangono stupiti ed esterefatti davanti a quell’iceberg che oggi intravedono a prua.
Il sommerso che sta sotto quell’iceberg urta con violenza e nel suo crescere rischia di spaccare qualsiasi congettura e strategia; non è fermando, ma è solo mettendo dentro una nuova qualità di vita, dei nuovi interessi, delle nuove attenzioni, delle giuste ‘trasgressioni’ che le cose possono cambiare. Solamente insegnando nuove rotte di navigazione e rendendo le loro imbarcazioni più solide i nostri giovani sconfiggeranno quei maledetti mercanti di morte e potranno costruire una nuova cultura vincente e dominante, alla ricerca di un’alterità non da annientare ma che diventa credibile ricchezza per sè e per gli altri.
Solo così allora potremo vivere il 26 giugno come momento importante e significativo.
* Simone Feder e’ coordinatore Area Adulti Dipendenze, Comunità Casa del Giovane, Pavia