Gb. I problemi di cuore di una paziente affetta da sclerosi multipla
Fra qualche mese comincera’ a fare i primi preparativi per la sua morte. Acquistera’ il biglietto aereo per la Svizzera, dove i medici dell’associazione Dignitas le forniranno farmaci per togliersi la vita prima di rimanere completamente paralizzata dalla sclerosi multipla. Morira’ troppo presto, e dovra’ viaggiare verso la morte in solitudine per evitare a suo marito una incriminazione per assistenza al suicidio.
Anche se Debbie ha solo 44 anni, potrebbe vivere ancora per molti anni, ma dovra’ morire prima a causa della legge britannica. Anche se vuole vivere disperatamente fino all’ultimo, questo significherebbe aspettare fino a quando le sue condizioni saranno tali da non permetterle di viaggiare senza l’aiuto del marito, Omar Puente. Cosa che potrebbe farlo finire in carcere per 14 anni.
“Sono in una situazione impossibile”, ha detto Debbie. “Non voglio morire il prossimo anno, voglio vivere fino all’ultimo. Ma la mia condizione significa che arrivera’ un momento in cui non potro’ piu’ viaggiare da sola ed Omar potrebbe finire in carcere se viene con me”.
Il marito e’ pronto alla prigione e vuole esserle vicino quando sara’ il momento, e non crede che per questo sara’ perseguito dalla legge.
Omar, 45 anni, dice: “La legge e’ completamente ingiusta e rende la vita piu’ stressante per Debbie proprio in un momento di estrema difficolta’. Se puo’ allungarle la vita, sono pronto ad affrontare l’accusa di assistenza al suicidio.” Debbie spera che la sua storia possa convincere il Governo a cambiare la legge. Per come e’ ora, chiunque sia trovato colpevole per aver aiutato qualcuno a recarsi in Svizzera presso la Dignitas e’ condannato al carcere secondo una legge sul suicidio del 1961.
Debbie afferma che, qualora il procuratore generale non le garantisse la non perseguibilita’ del marito, anticipera’ la sua dipartita.
“Non vorrei passare il tempo che mi rimane ad organizzare la mia morte, ma e’ quello che devo fare. Non voglio continuare a vivere quando le mie condizioni diventano intollerabili, e voglio accanto mio marito quando moriro’, ma la legge non lo permette”. Il suo legale, Saimo Chaha, ha dichiarato: “Dobbiamo convincere il Procuratore generale ad emettere linee guida in cui si esplicita la non perseguibilita’ secondo la legge sul suicidio per coloro che accompagnano i propri cari a Zurigo per ottenere assistenza medica al sucidio. Anche se non si e’ mai arrivati a processo contro questi familiari nonostante qualche caso eclatante, le persone che aiutano i propri cari non dovrebbero affrontare anche l’ansia e lo stress di una potenziale incriminazione”.
Il legale ha anche presentato dichiarazioni da parte di piu’ di 30 persone in cui confessano di aver aiutato parenti o amici a raggiungere la Dignitas.
Debbie e’ affetta da una rara forma di sclerosi multipla che colpisce solo un malato su dieci, e che inesorabilmente e senza pausa attacca il sistema nervoso centrale. Giornalista freelance, Debbie ha incontrato suo marito a Singapore poco prima della diagnosi. Sono sposati da 10 anni. Dal 2001, Debbie e’ costretta ad usare una sedia a rotelle. “Nel 1995 facevo rafting e saltavo dagli aeroplani. Potevo andare in giro per il mondo, trovare un lavoro e vivere senza l’aiuto di nessuno. Ora ho bisogno d’aiuto per andare al bagno o per farmi una doccia”.
Omar dice: “E’ chiaro che la legge non e’ sensibile e non e’ applicabile. La gente ha il diritto di fare cio’ che e’ bene per se stessa senza doversi preoccupare di cio’ che avverra’ alle loro famiglie o amici. Rende un momento difficile ancora peggiore”.
“Sto lottando per cambiare la legge da diversi anni, ma preferirei godermi la vita senza dovermene preoccupare. Ma le cose non possono migliorare per me. Uso una sedia a rotelle e ho difficolta’ a muovermi con le mani. Ho problemi a muovere le gambe, i piedi sono sempre gonfi e la circolazione sotto le ginocchia e’ scarca. Ora le mie braccia stanno perdendo forza, il che significa che avro’ problemi a cucinare perche’ non potro’ piu’ tagliare il cibo. Quando usciamo di casa, non posso ordinare la bistecca perche’ qualcuno la deve tagliare per me, cosa che mi fa sentire come un bambino. Amo profondamente Omar e lo voglio vicino a me alla fine, ma non voglio che torni in Inghilterra da solo, dopo aver appena perso sua moglie, con la minaccia della galera sopra la testa. Sara’ cosi’ difficile perdere sua moglie, ma perderla e poi essere interrogato dalla polizia sarebbe troppo difficile per chiunque. Non mi preoccupo per me stessa, io non ho scelta”.
(Tratto dal quotidiano Mirror del 12 novembre 2007)