App e coronavirus. Il fallimento europeo sul tracciamento
La lotta al Covid-19 passa (anche) dal tracciamento dei casi positivi e dei loro possibili contatti. Un aspetto fondamentale, spesso sottovalutato decisivo quando è basso il numero d’infezioni circolanti, perché rintracciare casi e contatti, quando i dati crescono, si è rivelata un’impresa impossibile. I governi europei hanno lanciato, nel corso del 2020, una serie di applicazioni per smartphone in grado di facilitare il tracciamento da parte dei singoli cittadini, ma l’esperimento si è rivelato un fallimento. Gli Stati membri non hanno trovato l’intesa per il lancio di un unico modello interoperabile e ognuno è andato per la sua strada.
Le applicazioni sono state scaricate da un basso numero di utenti potenziali, il 21% in Germania, il 15% in Francia e il 14% in Italia e ciò le ha rese sostanzialmente inutili. Uno studio realizzato dall’Università di Oxford nell’aprile del 2020 ha stimato che la diffusione del virus può essere messa sotto controllo solamente se l’80% dei possessori di smartphone, ovvero se il 56% della popolazione totale sceglie di utilizzare una app di tracciamento.
Non tutti, infatti, possiedono un telefono cellulare tecnologicamente avanzato e le persone più povere e gli anziani rischiano di essere lasciate indietro. Secondo Alessandro Blasimme ed Effy Vayena, due bioetici del Politecnico di Zurigo e autori di un saggio segnalato dall’agenzia Agi, il fallimento delle app di contact tracing è da imputare all’incapacità mostrata dagli esecutivi di comportarsi in modo collaborativo e di mettere in atto un lavoro trasparente. Questo modo di fare avrebbe alimentato un clima di scetticismo intorno alle app.
In Francia la app StopCovid è stato un flop. Alla fine di settembre era stata scaricata appena due milioni e mezzo di volte e settecentomila persone l’hann poi cancellata. E solo 250 persone hanno ricevuto una notifica di allerta per essersi avvicinati a una persona potenzialmente infetta. Il governo francese ha scelto di evitare l’interfaccia di Apple o Google per la sua app e d’immagazzinare i dati degli utenti su un server centralizzato. Un approccio, quest’ultimo, rigettato dalla maggior parte delle nazioni europee perché ostile nei confronti della privacy degli utilizzatori. Il primo ministro Jean Castex è stato costretto ad ammettere che l’iniziativa si è trasformata in un fallimento decretandone, in senso lato, la morte.
Il governo francese ha scelto, il 22 ottobre del 2020, di aggiornare la app StopCovid e di lanciarne una nuova versione rinominandola TousAntiCovid. La versione era in grado di fornire aggiornamenti in merito alle misure restrittive locali e poteva integrarsi con i certificati di viaggio utilizzati nelle aree affette da coprifuoco. Sin da subito, però, ci sono stati alcuni problemi dato che ben 500mila utenti hanno scelto di scaricarla nel giro di poche ore provocando un blocco del sistema.
Alla fine di dicembre i download di TousAntiCovid erano poco meno di dieci milioni, un risultato deludente legato alla scarsa fiducia riposta nel governo da parte della popolazione e alle critiche relative al sistema. Molte persone hanno avuto timore di condividere i propri dati relativi alla localizzazione con le autorità governative, hanno percepito la presenza di un rischio che non volevano correre e si sono lasciati sopraffare dalla mancanza di fiducia.
In Italia la app Immuni, lanciata poco meno di un anno fa, ha avuto un destino poco felice. Gli utenti che la hanno installata sono quasi dieci milioni e mezzo ma il suo peso nel limitare la circolazione del virus è stato risibile. Gli utenti positivi segnalati sono stati circa 18mila su 4 milioni di contagi e meno di 100mila persone hanno ricevuto un messaggio di esposizione sospetta con persona già contagiata.
La caduta di Immuni, che continua a essere scaricata appena 2mila volte al giorno, è spiegabile in diversi modi ma è sicuramente legata ad alcune pecche tecnologiche. Il funzionamento sui cellulari meno recenti non è stato soddisfacente e quelli sprovvisti di servizio Google ne sono rimasti esclusi per non parlare dei modelli Huawei che hanno potuto impiegarla solamente dallo scorso febbraio.
Il governo Conte II non ha fatto molto per invertire il trend ed ha aspettato ben sei mesi per istituire un call center per aumentare l’integrazione tra il servizio e le aziende sanitarie territoriali. Le campagne informative per sostenerla sono state segnate dal risparmio e non è ancora chiaro se la app potrà godere di una seconda vita oppure se resterà adagiata nel binario morto in cui si trova.
Corona-Warn, l’app di contact tracing della Germania, è stata presentata dal governo di Berlino alla metà di giugno del 2020 ed ha ricevuto l’approvazione da parte di Ulrich Kelber, il commissario federale tedesco per la protezione dei dati personali che ha supervisionato lo sviluppo della tecnologia. Una versione precedente, basata su un modello centralizzato era stata abbandonata dopo la contrarietà espressa da un gruppo di attivisti per la privacy ma, nonostante ciò, alcuni dubbi sull’anonimato degli utenti hanno continuato a perseguitare Corona-Warn.
Un sondaggio realizzato nel giugno del 2020 aveva evidenziato come il 42% delle persone l’avrebbe scaricata, il 46% no e l’8% non avrebbe potuto perché dotato di un cellulare troppo vecchio. Un aggiornamento dell’app, disponibile dal 16 aprile, consente agli utilizzatori di scannerizzare un codice QR con il proprio cellulare quando si recano al ristorante o a un evento e di essere informati dell’eventuale presenza, qualora venga rivelata in seguito, di un ospite positivo al Covid-19.
Questa funzione è particolarmente innovativa perché l’avvertenza viene inviata automaticamente tramite l’app e lascia le autorità sanitarie all’oscuro di tutto. Si spera che il cambiamento possa spingere più persone a utilizzare la app che, al momento, è stata scaricata quasi 25 milioni di volte. Si tratta di un buon risultato e il lavoro è in costante evoluzione dato che i progettisti tengono conto di tutti i suggerimenti che gli vengono forniti e dialogano con la comunità Open Source per implementare possibili evoluzioni.
Il governo inglese aveva annunciato, nel marzo del 2020, la nascita di una contact tracing app autoctona ma quest’ultima, proprio come altre politiche messe in atto nel corso della pandemia, non ha avuto gli effetti sperati. Il National Health Service (NHS) è stato costretto a ritirarla poco dopo averla lanciata e l’ha poi rielaborata per adottare la tecnologia fornita da Google e Apple. Il secondo lancio è avvenuto a settembre ma ha ben presto impattato contro i 5 mesi di lockdown sperimentati dal Regno Unito e la app è completamente sparita dalla circolazione. Nessuno, dopo un periodo di restrizioni così prolungato, vuole ancora sentirne parlare ma il dato più inquietante è che anche alcuni esperti del settore sembrano non aver alcuna idea sul destino toccatole. I problemi tecnici della prima fase, che ne rendevano molto difficile il funzionamento, non hanno di certo aiutato.
(Andrea Walton su Europea/Linkiesta del 11/05/2021)
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