Un bell’esempio di scrittura … e di pensiero e di azione

In questo tempo buio, come diceva Brecht del suo di tempo, in cui la pietas, che ci rende davvero umani, o anche la semplice mite gentilezza, sembra dimenticata da tante, troppe persone, mi colpisce l’articolo di Valeria Randone su “La Stampa” di oggi, che parla della persona, che ha incontrato alla stazione di Milano. Si intitola “Così il cane Billy salva la vita a una signora senza tetto che dorme alla stazione di Milano”.
 
Ecco il bell’esempio di scrittura:  non si dice “una senzatetto”, una “senza fissa dimora” o peggio “una barbona”, e neppure semplicemente “una donna”. No, nel titolo e in tutto l’articolo, si parla di questa signora, che ha per materasso un cartone, e  che trascorre la notte alla stazione di Milano, come tante altre persone che non hanno un tetto sulla testa.
Non mi stupisce la scelta del termine “signora”, anche se è raro che esso venga applicato a chi vive negli stenti; infatti, come mi riferirei, io stessa, a qualunque donna di mia conoscenza, se non proprio col termine “signora”? (la signora che ho incontrato al supermercato, la signora che abita nella casa accanto alla mia, la signora che viene ad aiutarmi nei lavori domestici … e così via).
Non mi stupisce, ma lo apprezzo molto, perché non è usuale in un contesto del genere. E’ segno di grande rispetto per la persona sconosciuta e che per di più naviga in cattive acque – rispetto che sento nascere da un sentimento di totale uguaglianza fra chi scrive e chi viene descritto.
 
Valeria Randone, psicologa e sessuologa clinica a “Catania, Milano e on line” ci racconta l’incontro con la signora, che resta anonima, e il suo cane Billy, che contiene una storia dura e insieme di una tenerezza infinita.
 
E’ arrivata a  Milano di mattina presto. Sente molto freddo, “un freddo che in Sicilia non abbiamo nemmeno a dicembre”, e si incammina verso l’uscita della stazione, quando il suo sguardo “viene letteralmente catturato da una mano intrecciata a una zampa”. Allora rallenta e guarda meglio, ma sempre in modo da non mettere in imbarazzo la signora, finché si ferma per mettere accanto al “suo cartone-materasso  la colazione che mi ha regalato Trenitalia”. E poi prosegue … Ma all’improvviso una voce ancora assonnata la chiama e la ringrazia, e allora Valeria torna sui suoi passi “con in mente e nel cuore l’immagine della zampa nella mano e la mano nella zampa” e vede sbucare dalla coperta due occhi scuri e penetranti. Che sono quelli del cane che “sembrava aver capito che mi ero fermata per lui”. Il cane comincia a stiracchiarsi “come se volesse danzare verso di me”.
Valeria lo percepisce come “un cane sobrio, abituato agli estranei e alla sofferenza”, un cane che non scodinzola con la coda, ma lo fa con lo sguardo e il tartufo – un cane che riesce a scrutare la donna estranea “fino in fondo al cuore”, la odora a distanza come per capire se può fidarsi di lei e infine si mette seduto “pronto per la sua colazione”.
Nel frattempo, anche la sua amica umana si è tirata su, apre la scatola rossa che Valeria le ha dato, apre le confezioni e le divide col suo amico a quattrozampe – un boccone lei e uno lui, e “inizia a raccontarsi”. Pochi minuti, ma fra le due donne si intreccia un dialogo intenso e profondo.
La signora senza tetto aveva un famiglia molto amata, che la guerra ha spazzato via. Aveva un casa costruita col lavoro e tanti sacrifici, ma anch’essa non c’è più. “Adesso non ha niente. Ha smarrito anche sé stessa”.
Arrivata a Milano aveva deciso di togliersi la vita – sopravvivere alla sua famiglia la sentiva come una punizione tremenda, insopportabile. Presa la decisione, mentre cercava il coraggio per metterla in pratica, “la signora in fuga dalla guerra e dal dolore ha incontrato Billy, un senza tetto come lei. Un randagio, suo malgrado, bistrattato dalla vita”.
Lui era tutto sporco e tanto affamato, avendo addosso “tutta la sua storia di incuria e abbandono”.
E’ stato un istante – “la signora senza tetto non ha sentito più il suo dolore e ha sentito solo quello di Billy. Quel cane aveva bisogno di lei e lei di lui. Lo ha sfamato, pulito e adottato”.
Anzi, si sono adottati a vicenda e da quel momento – così si conclude l’articolo –  “camminano  l’uno a fianco dell’altra, senza separarsi mai più nemmeno per un istante”.
 

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